martedì 5 agosto 2014

The Grandmaster - recensione

Allora. Io non parto mai in modo diretto, ma stavolta devo farlo: The grandmaster, mi duole dirlo (essendo cultore dei Kung-Fu movie), non mi è piaciuto.

Vedete la postura di Tony Leung? Per quanto ne sappia, è sbagliata!

Ma come, direte voi, questo è un film candidato a due premi Oscar, girato da un maestro come Kar-Wai! E allora? Purtroppo rimane un film non funzionale, col massimo rispetto di Kar-Wai (di cui tra l'altro non sono un ammiratore).
Innanzitutto questo NON è un biopic sulla vita di Ip Man (il leggendario maestro di Bruce Lee), lo erano invece, a mio dire, i film con Donnie Yen (eccelso il primo, ripetitivo il secondo). La pellicola in questione, in effetti, non si sofferma su nessuna parte della vita del grande maestro in particolare, e le sue gesta passano presto in secondo piano, lasciando spazio Ziyi Zang, la vera protagonista del film (e credetemi... non so perché, ma detesto questa attrice... persino in italiano sono riusciti a darle una voce stucchevole!). Il maestro non viene nemmeno chiamato Ip Man, anche se probabilmente viene utilizzata la pronuncia cinese del suo nome.
Okay, penseranno in molti, evidentemente voleva essere un film corale. "Giusto!" potrei dire, ma questo non risolve il problema maggiore del lavoro di Kar-Wai: il montaggio. Nonostante sia visivamente affascinante e poetico, dovuto anche alla magnifica fotografia  (basta pensare alla sequenza sulla neve), il montaggio, che non valorizza situazioni e personaggi (talvolta troppi e trascurabili ai fini della narrazione), rende il tutto spento e senz'anima. La pellicola dà l'idea di tanti piccoli sketch, non legati fra loro, montati a forza per raggiungere le due ore (neanche poche). Per me questa non è mai la soluzione: sono dell'idea che una storia, bella o brutta che sia, debba essere raccontata nel giusto modo, non saltando direttamente dal punto A al punto Z, ma facendo un graduale "cammino", in modo da poter gestire a dovere tutti i passaggi della narrazione, così da equilibrare la messa in scena.
Inoltre mi ha fatto storcere il naso l'eccessiva spettacolarizzazione del Wing Chun (una roba che non ho trovato nemmeno nei film di Wilson Yip): Ip Man salta giù dagli edifici senza farsi un graffio (manco fosse un supereroe... abbiamo capito che è Ip-"MAN", però...), frantuma le pareti con i pugni, e sfonda cancelli di metallo con i calci. Un po' esagerato e, sostanzialmente, è una cosa che non ho gradito. Inoltre, quello, per certi versi non mi è sembrato Wing Chun.
Io l'ho studiato un po', tutta la prima forma per essere precisi (la Siu Lim Tao), e non mi pare che alcune delle posture messe in scena da Tony Leung fossero del tutto corrette... poi ovviamente, non avendolo finito, potrei sbagliarmi. Chi ha avuto modo di imparare tutte e sei le forme potrebbe anche darmi delle delucidazioni in merito.

Con questo è tutto. Se avete amato questo film alla follia, chi sono io per dirvi che è brutto (opinione personale, tra l'altro), se invece non vi è piaciuto, forse potreste trovarvi in accordo con ciò che ho scritto. A voi l'ardua sentenza.

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