domenica 28 febbraio 2016

Il giorno che (non) ho incontrato Lee Bermejo

Napoli, 26 febbraio 2016

Apro gli occhi, ma non ho alcuna intenzione di alzarmi, almeno non ancora. Rimango disteso ancora 5-10 minuti. Poi ricordo che ho del lavoro da fare, sono indietro con le consegne e devo muovermi. Piombo giù dal letto, infilo le toffole e mi fiondo al cesso. Ah, il cesso, questa magnifica tazza di ceramica su cui poggiare il proprio fondo-schiena, amica più intima dei momenti più belli e memorabili della mia esistenza: si tratta sempre di un'occasione, non solo per espletare le proprie funzioni corporali, ma anche per leggere fumetti e libri arretrati e, magari, quando mi girano bene, di rimuginare sul significato della vita.
Appena finito, vado al lavoro, a due metri da me, sul tavolo da disegno che mi chiama incessante.
Disegno fino all'ora di pranzo, quindi mi fermo. Il mio stomaco brontola un po' e cucino qualcosa: faccio rosolare in padella un po' di patate con un mezzo dado star e metà di un hamburger, quindi ci butto dentro 100-150 grammi di maccheroni. L'altra metà dell'hamburger la ficco in un panino che ho scongelato poco prima... sì, ho voluto tenermi leggero!
Dopo mangiato, finisco di fumarmi il mezzo toscano che mi porto avanti ormai da un paio di settimane e mi preparo una bella tazza di caffè. Guardo l'orologio: le 15:00. Mi do ancora mezz'ora e poi giù in strada, diretto verso Alastor, la nota fumetteria: oggi, alle 17:00, c'è l'incontro con il grande Lee Bermejo.
Stendo i panni che ho lasciato a mollo in mattinata: a quest'ora il sole del pomeriggio li asciugherà in poco tempo.
Guardo ancora l'orologio, dieci minuti alle 15:30. Mi do giusto una veloce sciacquata, Afferro la mia borsa e c'infilo dentro due cartonati che vorrei farmi firmare dal grande: "Joker" e "Before Watchmen", per la cronaca quasi 15 sacchi uno, e 20 l'altro.
"Nzerro" la porta e scendo.

Si tratta di una bella scarpinata da casa mia alla fumetteria: non ne ho molta voglia, così decido di aspettare un mezzo pubblico, volgarmente detto pullman.
Mi rendo presto conto, come tra l'altro tante altre volte in passato, che i mezzi pubblici a Napoli sono una specie di utopia, come una leggenda metropolitana mal raccontata: attendo per quasi mezz'ora presso la fermata, quindi, sospirante, decido di avviarmi a piedi. Faccio giusto 10 metri dalla fermata e mi vedo sfrecciare accanto quel cazzo di pullman, che mi lascia appiedato: impreco per un paio di minuti, poi realizzo che è meglio risparmiare fiato e camminare.

Il mio è un record: nemmeno 3 quarti d'ora per arrivare da Alastor. C'è la fila fino a fuori... e io che, stupidamente, pensavo di farmi firmare gli albi in dieci minuti e tornare subito a casa per finire le mie tavole. Ne dovrà scorrere di acqua sotto i ponti, invece.
M'informo dal tipo alla cassa su come ci si deve muovere per incontrare Lee. Mi viene detto che per vederlo c'è bisogno di prendere un numero, come dal dottore. Il numero puoi averlo solo se compri la sua ultima fatica "Suiciders". Uh, e come siamo diventati veniali, Lee! Cioè, se non compro l'albo, nemmeno un saluto? Non una stretta di mano? Un abbraccio? Un bacetto? Niente di niente?
Vabbeh, ma dopotutto che problema c'è, l'albo non è nemmeno cartonato: lo afferro e controllo il prezzo: 15 sacchi.... io in tasca ne ho solo 10...

M'informo meglio per capire se è possibile vederlo anche senza acquistare "Suiciders": mi viene detto che "in teoria sì, sarebbe possibile, ma solo dopo che quelli con l'albo sono stati sbrigati... ma in pratica, però, non è possibile, perché Lee ha un orario prestabilito, e di conseguenza possono salire solo quelli che hanno comprato l'albo, che in effetti son parecchi... se hai intenzione di farti firmare altro, al momento non puoi, e forse nemmeno dopo".
Politica aziendale, mi dicono... di 'sto cazzo, aggiungerei io.
Anche i ragazzi di Alastor non si trovano molto d'accordo con questa cosa, ma nemmeno più di tanto, dato che per ogni "Suiciders" venduto, battono comunque cassa.

Un'anima pia decide di porgermi il suo numero, anche se però un po' altino.
Sono le 18:15, Lee dovrebbe andar via tra le 19:00 e le 19:30 e siamo ancora ai primi numeri. E io ho delle tavole da terminare e sono in ritardo. Decido di arrendermi. Saluto chi devo salutare e fuggo via. Stavolta me la prendo comoda, rinuncio pure ad aspettare qualche mezzo pubblico, cammino placidamente e in un'ora e mezza sono a casa: sono le otto. Rimetto al loro posto "Joker" e "Before Watchmen", sospirando. L'autografo lo volevo. Cerco di finire le pagine, in più ho realizzato anche uno sketch che probabilmente verrà pubblicato come extra.
Ah, Lee, ho tolto più di 3 ore al mio lavoro e manco ho avuto il piacere d'incontrarti; per un cazzo di albo poi, che se non compravo oggi, sicuro compravo la prossima volta. Che palle...

Oggi anche il fumetto è un business, non più una passione, non più un punto d'incontro tra l'autore e il lettore. Una volta il fumetto, seppur di nicchia, era per tutti, oggi invece è per pochi... è per quelli che comprano l'albo quando voglio io, come voglio io, quando dico io, sennò niente. Oggi anche il fumetto si presta quasi ad una forma di prepotenza.
Sergio Bonelli, nelle sue mitiche missive, si scusava con il lettore anche solo per l'aumento di un centesimo sull'albo, prostrandosi fin dove le sue stanche membra gli permettevano di farlo. Che fine hanno fatto quei tempi? Sergio ci ha abituati male, o semplicemente era un gran signore?
Rammento ancora con piacere l'incontro con Claudio Castellini, a cui fui portato da bambino. Claudio era allora all'apice della sua notorietà, aveva anche già realizzato il leggendario albo di Silver Surfer, "Il buio oltre le stelle". L'incontro fu organizzato sempre dai tipi di Alastor, che all'epoca però avevano un altro negozio dieci metri più su, e che si chiamava Infinity Shop. Avevo sei o sette anni. L'entrata era sempre come dal medico, col numero... ma era un'entrata libera, albo o non albo. Entravi, ti facevi quattro chiacchiere con Claudio, gli facevi firmare qualcosa se l'avevi. Io gli mostrai allora, tremante, un disegno di Batman che avevo scopiazzato non mi ricordo da dove. Claudio, gentilissimo, sbotto con un "AOH, 'mmazza, quanto sei bravo!", e me lo firmò quel disegno, scrivendomelo anche sopra: BRAVO!
Ero un bimbino, e per me fu un giorno incredibile. Forse sto ancora con la testa a 20 anni fa.
Con Claudio, quella volta, c'era anche uno dei suoi migliori amici. Il suo nome era Fabrizio Fiorentino. Anni dopo, Fabrizio, sarebbe diventato uno dei miei maestri alla scuola dei Comix (quando gli mostrai il disegno, per nostalgia, Fabrizio se ne uscì con una delle sue tipiche freddure: "Cazzo, quanto è peggiorato, Claudio!"... ehhhhh, Fabrizio).
Ma vedete che dopotutto il vecchio detto è vero? Siamo tutti, intimamente legati l'uno all'altro, anche senza rendercene conto, e talvolta le nostre strade non possono fare a meno d'incrociarsi.

Spero che la lettura vi sia piaciuta, compagni, ci sentiamo alla prossima! Love & Peace.      

martedì 23 febbraio 2016

Caged Birds 2 - quasi finito!

Ebbene sì, ormai ho quasi finito il secondo volume di Caged Birds, e nel tempo di stallo che intercorrerà (almeno lo spero) tra questo numero e il successivo, potrò finalmente dedicarmi a lavori personali.
Intanto vi farò visionare alcune preview, anche solo per mostrarvi il metodo di lavoro che sto adottando ultimamente.
Le pagine mi vengono inviate solitamente già "grigliate", ovvero già provviste dei bordi delle vignette e con all'interno dei "pupazzi" (in realtà dei palloni colorati per distinguere i personaggi), e i dialoghi (altre volte, nelle vignette, c'è invece la descrizione di quello che devo disegnare): giusto per farvi capire, è una cosa così...



Per adattarmi, disegno su un foglio a parte quello che mi viene richiesto, che si tratti di personaggi o altro.
Quei numeretti sopra mi servono per ricordare in quale vignetta dovrò poi inserire le illustrazioni


Al che, montate nella pagina definitiva, diventeranno così
Ovviamente, vado ad inserire un mucchio di dettagli in più
Io sono solito inserire sempre un mucchio "easter egg" in quello che disegno... prendiamo ad esempio la sequenza del teatro...


La vedete la maschera del teatro, che fa entrare la vecchia matrona e l'altro tizio (che mi è stato esplicitamente chiesto di disegnare come J.K. Simmons)? Sì, quello con gli occhiali... sono io... :D

Se volete vedere di più (e saperne di più, qualora non conosciate il progetto), vi rimando alla pagina facebook qui, invitandovi, come al solito, a "piacciarla" a più non posso, nel caso non l'abbiate mai fatto! ;D

E con questo ci sentiamo! :)
Alla prossima!

sabato 20 febbraio 2016

Inno alla Notte

Oh, notte
Notte mia adorata
Mia amante, mia divina, ti amo da impazzire
Ti nascondi timidamente dietro la luna, perché non vuoi essere veduta
Oh, notte
Così volubile, così puttana
Sei di tutti e di nessuno
Oh, notte
A volte sai essere crudele,
e benevola quando puoi,
avvolgi i miei incubi e i miei timori con il tuo scuro manto,
Oh, Notte
Così bella, così silenziosa,
sei la compagna ideale di chi vuole solo farsi cullare
dal tuo tacito ammaliare
Oh, notte
Non piangere ancora
Non piangere più
Sorridi anche tu
Oh, notte
Cullami ancora,
cullami di più,
e no, non esser triste più
Oh, notte
Notte puttana,
che nascondi gl’infidi
celi il marciume
Oh, Notte
Ti amo e ti odio,
ti uso e poi ti scopo,
m’ispiri e mi tormenti
Oh, notte
Bella notte,
non lasciarmi più
o ti farò a pezzi
Oh, notte…
Sei buona…
Buona notte


domenica 14 febbraio 2016

Film che consiglio - Speciale remake e reboot

Hola! Ennesimo special che dedico stavolta ai remake e reboot meglio riusciti. Affrontai già questo discorso, in un vecchio post, ma stavolta sarò più dettagliato e aggiungerò qualcosa di nuovo.
Andiamo con ordine, il remake è un rifacimento che segue le linee tracciate dall'originale, a volte attualizzandone anche la narrazione temporale, mentre il reboot è un riavvio, ovvero un nuovo inizio con la totale (o parziale) riscrittura degli eventi avvenuti nell'originale (l'ultimo "Fantastic Four", che non ha ricevuto certo critiche lusinghiere, è, ad esempio, un reboot). Io non sono uno di quelli che si scaglia rabbiosamente contro i rifacimenti o i riavvi, tanto, se sono ben fatti, che problema c'è? Non snaturano certo l'originale, che continua a rimanere lì... anzi, talvolta più invecchia, più migliora! Io non ci bado molto: un film è bello o brutto, a prescindere che sia un remake oppure no. Inoltre, come ho più volte specificato, anche quando mal fatti (certo, meglio che siano ben realizzati), questo genere di film assurge ad una particolare funzione, ovvero far scoprire l'originale, qualora ovviamente lo spettatore non lo conosca...

La mosca (David Cronenberg)


Seth Brundle è un geniale scienziato, creatore di due gigantesche capsule di teletrasporto. Un giorno egli stesso decide di provare le capsule, teletrasportandosi da un lato all'altro della sua abitazione; l'esperimento ha successo, ma poi avviene qualcosa di strano: Seth comincia a mutare e nonostante all'inizio i cambiamenti abbiano un effetto benefico (donandogli una forza sovrumana e uno smisurato appetito sessuale), ben presto si rende conto che la sua sperimentazione lo sta tramutando in un orrendo mostro dalle fattezze d'insetto. Infatti nella capsula, insieme a lui, è entrata anche una minuscola mosca: quando entrambi sono stati teletrasportati, i loro geni sono stati uniti a livello molecolare..,
Si tratta ovviamente del remake de "L'esperimento del dottor K", film del 1958, diretto da Kurt Neumann.
Rispetto all'originale, il film di Cronenberg è decisamente meno ingenuo, ma soprattutto inserisce un innovativo espediente narrativo: anziché appioppare una gigantesca testa da insetto di cartapesta sull'attore (come fecero nella pellicola originale), il regista decide di seguire passo per passo la mutazione fisica del protagonista, sofferta e disgustosa, che metaforicamente rispecchia quasi la lenta agonia di un malato terminale. In effetti, anche secondo le intenzioni di Cronenberg, il film voleva raccontare la paura dell'AIDS, la psicosi che in quegli anni circondò questo male, ed è così che la sessualità diventa un tassello importante della narrazione. Da riscoprire, se non l'avete mai visto, e da rivedere tutte le volte che volete, se lo conoscete già.

La cosa (John Carpenter)


Dallo spazio profondo una nave aliena piomba sulla terra, precisamente in Antartide. L'essere che vi risiede, intrappolato nei ghiacci, si risveglia quando viene rinvenuto da alcuni scienziati norvegesi e ne fa scempio. La "cosa", così viene soprannominata la presenza aliena, ha la facoltà di cambiare aspetto, infettando nuovi ospiti: riesce così ad infiltrarsi in una base di ricerca americana, assumendo le sembianze prima di un husky, e poi di uno dei ricercatori. Ben presto la paranoia e la diffidenza serpeggiano all'interno del complesso: dove si nasconde la "cosa"? Di chi ci si può davvero fidare? Chi è realmente umano? Che l'essere alieno non debba in realtà muovere un muscolo, dato che le persone presenti sono in procinto di "sbranarsi" a vicenda?
Il film di Carpenter è ovviamente il remake del noto film di Howard Hawks e Christian Nyby "La cosa da un altro mondo", e, incredibilmente, è anche più aderente al romanzo originale, mantenendo lo stesso cinismo di fondo. Il regista dipinge sullo schermo il razzismo e l'indifferenza sociale degli anni 80, radicati da tempo nel midollo della società americana, e ormai impossibile da nascondere. Lo stesso finale, che in realtà rimane aperto a più interpretazioni, la dice lunga sulle posizioni politiche di Carpenter (non è un caso che McReady sia bianco, e Childs invece nero). Decisamente un grande film, che fu poco apprezzato all'epoca della sua uscita, ma che poi, a lungo andare, ha guadagnato sempre più consensi, fino a diventare una pietra miliare del cinema di fantascienza.    

L'ultima casa a sinistra (Dennis Lliadis)


Due ragazze vengono sequestrate da una banda di pericolosi criminali in fuga (un padre, un figlio, l'amante del padre e lo zio): verranno sottoposte alle umiliazioni più sgradevoli, venendo seviziate e stuprate. Convinti di averle uccise, i balordi, costretti a trovare riparo per la notte, bussano all'unica abitazione che trovano sulla strada (a sinistra). Ad aprirli è una simpatica coppia di sposi, non più giovanissimi, ma sempre ben disposti verso chi ha bisogno di aiuto. Non sanno, però, di essere capitati nella casa di una delle ragazze e che quelli sono i suoi genitori: quando scopriranno cosa è accaduto alla figlia (sopravvissuta e tornata a casa con le ultime forze), la loro vendetta sarà crudele e spietata.
Rispetto all'originale del compianto Wes Craven, la pellicola è meno violenta, pur restando comunque sempre disturbante. L'originale era una vera e propria celebrazione della violenza, utilizzata come compiacimento e piacere di una società corrotta e stupida (stupidità ovviamente incarnata dagli sceriffi di paese), dove l'unica vera risposta sensata alla ferocia è la ferocia stessa, dormiente ma sempre ben presente nei nostri geni. La violenza mostrata qui cerca invece di avere uno scopo narrativo: in questo caso lo stupro è un vero e proprio rito di iniziazione, l'eredità che un genitore ormai corroso dal male cerca di lasciare al proprio figlio. Le sue "motivazioni" lo porteranno a scontrarsi, paradossalmente, con le "motivazioni" di un altro genitore, quello della vittima. Una famiglia a confronto con un'altra. Reputo tutto ciò molto interessante, inoltre il film si difende bene, con una regia piuttosto efficace.

Casino Royale (Martin Campbell)



"Il mio nome è Bond... James Bond", chi non ha mai sentito nominare queste parole, farebbe bene a rivedere le sue nozioni su cinema e sulla letteratura in generale, perché stiamo parlando ovviamente della celeberrima spia inglese, interpretata agli albori dal grande Sean Connery, e in seguito da una sfilza di attori più o meno aderenti al ruolo. Casino Royale è il reboot della saga di 007, ma soprattutto è il primo film ufficiale ad essere tratto dall'omonimo romanzo (se non contiamo il terzo episodio della serie "Climax!", e la parentesi comica con Peter Sellers "James Bond 007 - Casino Royale"): qui ci viene mostrato un Bond alle "prime armi", nel suo ruolo di agente doppio 0, intento a sventare i piani del cattivissimo Le Chiffre, giocandosela ad un tavolo da gioco nel casino che dà il nome alla pellicola.
Il film di Martin Campbell si fa notare per un'impostazione decisamente più realistica, mettendo in scena un Bond più rude e poco elegante, ma non per questo meno letale (sapientemente interpretato dal bravo Daniel Craig, credibile e mai sopra le righe) e le sequenze d'azione sono sapientemente girate (ma quando si tratta di questo, Campbell è sempre una garanzia: pulite, chiare e concise). Sicuramente la pellicola ha contribuito a rilanciare la figura di 007, che gli ultimi film di Brosnan avevano un po' cassato. Da recuperare, non solo se siete fan di Bond, ma anche solo per dare un'occhiata ad un grande film d'azione.

Halloween - The beginning (Rob Zombie)


Tutti dovrebbero conoscere il celebre Michael Myers, serial killer nato dalla mente del grande John Carpenter (sopra abbiamo rispolverato anche uno dei suoi capolavori).
Il film di Rob Zombie si presenta come una pellicola piuttosto atipica, in quanto si tratta sia di un reboot che di un remake. La parte iniziale, infatti, mostra l'infanzia del protagonista (rimasta inedita nella pellicola di originale), contraddistinta da abusi e incertezze famigliari, e che ne minano ovviamente la già precaria stabilità mentale: Michael, già predisposto alla violenza, diventa così un assassino a tutti gli effetti. Rinchiuso in manicomio e seguito da uno psichiatra narcisista, si chiude nel mutismo più totale. Ne evade da adulto, seminando morte e distruzione, nascondendosi dietro un'inquietante maschera di Halloween (che, forse non tutti lo sanno, riproduce le sembianze di William Shatner! Il capitano Kirk di Star Trek!).
Il film, da qui in poi, riprende passo per passo, la pellicola di Carpenter. Rispetto all'originale, Zombie rincara la dose di sangue; ciononostante la sua regia è efficace e i personaggi sono tratteggiati decisamente bene. Se siete fan dell'horror, e non l'avete visto (qualora non siate sostenitori di Zombie), allora dovete recuperarlo assolutamente.  

L'alba del pianeta delle scimmie (Rupert Wyatt)


Si tratta del reboot del leggendario film con Charlton Heston, e mostra come le scimmie siano riuscite a diventare le dominatrici del mondo. La pellicola segue così le gesta di Cesare, scimmia super intelligente, adottata da un ricercatore armato delle migliori intenzioni. Cesare, però, si rende ben presto conto di come vengano trattati i suoi simili: organizza così una rivolta che metterà in crisi l'intero sistema e le certezze del genere umano. La sceneggiatura è davvero ben scritta, e la regia ne salta organicamente ogni aspetto, senza spettacolarizzare eccessivamente l'impianto narrativo (che a tratti può sempre risultare stucchevole). Il tema portante, decisamente interessante, è la presa di coscienza, ovvero la comprensione di sé stessi, e le decisioni che talvolta si è costretti a prendere per cambiare la propria vita e far valere anche le proprie idee. Se non l'avete mai visto, recuperatelo. Sebbene non sia presente in questo post, consiglio vivamente anche il seguito (Apes revolution).

Credo sia bene fermarci qui... in realtà avrei voluto stilare anche una classifica dei peggiori remake e reboot, ma poi sarebbe stata troppo lunga, anche se ho deciso ugualmente di soffermarmi su uno in particolare: The amazing spider-man.
Questo è probabilmente il più brutto reboot della storia del cinema e uno dei film più deludenti che abbia mai visto... al confronto i "Texas Chainsaw Massacre" di Nispel sono capolavori. Molto probabilmente chi ci ha lavorato è stato per forza di cose costretto ad agire in un determinato modo, pressato dalla produzione, ma anche la regia soffre di una resa poco efficace, riducendosi ad una mera scopiazzatura di quella di Raimi... e ciò mi lascia intendere quali siano le reali capacità registiche di uno come Webb.
A me è mai piaciuto sparare sentenze e giudizi, ma questo film mi ha messo a disagio fin dalla prima volta che l'ho visto al cinema... un disagio alimentato anche da "strani" individui che lo elogiavano, da una schiera di personaggi che in qualche maniera si fregiavano di essere lettori dell'arrampica-muri da anni (cosa di cui dubito fortemente a questo punto). In realtà il film si rifaceva per il 30% alla serie Ultimate, 60% è preso da qualche altro albo a caso (tipo il costume, che proviene dalla saga intitolata "With great powers"), il restante 10% è  inventato di sana pianta dagli sceneggiatori. Nonostante oggi siano ormai tutti d'accordo che il film sia mal realizzato (stranamente anche chi all'epoca lo elogiò), ancora adesso mi stizzisce parecchio (soprattutto perché io sono DAVVERO un fan di vecchia data di Spidey) dover leggere ancora commenti come  "Eh, sì, però questo almeno era uguale al fumetto!" (ma dove? Ah, già... i lancia ragnatele), oppure "Questo comunque era il vero spider-man!" (sul serio? Davvero? Mi spieghi il perché? E non rispondermi i lancia ragnatele...). Al di là delle differenze dal fumetto (che ci possono anche stare), purtroppo TAS è lungi dall'essere un buon film, con tanti buchi di sceneggiatura e personaggi tratteggiati in maniera approssimativa; e la cosa peggiore è che presenta il supereroe più idiota, menefreghista e irresponsabile che io abbia mai visto sulla faccia della terra (e spider-man dovrebbe essere l'esatto opposto...).
In ogni caso, non intendo soffermarmi troppo: qualora vi interessasse una recensione più completa del film (in cui forse mi ero fatto prendere un pochino la mano, enfatizzando alcuni aspetti), vi rimando ad un mio vecchio (per non dire antico) post, qui


Ciaoz

martedì 2 febbraio 2016

Family day e altri cazzi

La famiglia, questa sconosciuta, talvolta un po' sopravvalutata... il Family Day tenutosi pochi giorni fa al Circo Massimo di Roma doveva servire, a detta degli organizzatori e dei partecipanti, per valorizzare il nucleo famigliare "normale", nascondendosi però dietro deliri religiosi in nome di una qualche fugace ambiguità morale, ma io, da mezzo ateo quale sono (in futuro spero di esserlo per intero), non posso che sorridere di fronte a queste convinzioni assurde e l'ho trovato inutile quanto un qualsiasi gay pride, o qualunque altra manifestazione nel mondo: come se servisse Dio per costruirsi una famiglia... dopotutto quante violenze celate accadono in una famiglia? Talvolta fin troppe... e dobbiamo credere che sia forse il volere di un qualche Dio?
Ma poi, è davvero così importante costruirsi una famiglia? Per molti è quasi un dovere, ma non dovrebbe essere invece un piacere, un bisogno? E quante famiglie vanno avanti stancamente, lacerate da tradimenti e chissà cos'altro, perché in nome della suddetta famiglia, bisogna RESTARE UNITI. Non è forse ipocrita? Non è forse questo a risultare blasfemo?
Dopo tanto tempo ho capito che noi non siamo fatti per stare sempre con le stesse persone: la vita è mutevole, e con essa anche noi. e non ci basterebbero 100 vite per conoscerci a fondo. Questo vale per tutti, che si tratti di etero, bisex, omo o trans, e più di una volta ognuna di queste persone si è lasciata guidare dalla propria supponenza e dalle sue convinzioni, giuste o errate che fossero.
Ma perché oggi mi va di affrontare questo argomento? Perché, come ho sempre ribadito, la sessualità mi ha sempre attratto, e in genere mi pongo parecchie domande a cui cerco di dare risposte; prendiamo ad esempio l'omosessualità, checché ne pensino gli omo, è comunque una sessualità "inventata", che non ha riscontro in natura, dato che non permette di procreare: il suo fine ultimo è solo il piacere, e forse per questo credo venga espressa nella sua forma più pura. Il nucleo famigliare, inteso in maniera biologica, secondo le leggi naturali (senza scomodare quelle religiose) è effettivamente quello degli opposti: maschile e femminile. Solo due persone di sesso opposto sono in grado di generare naturalmente un figlio, e di costituire ciò che può essere definito "famiglia"... ciò non significa che due persone dello stesso sesso non siano in grado di crescere un figlio... a dispetto di quello che credono gli psicologi, non penso che la vita di un infante possa essere poi tanto sconvolta da questo fattore: un bambino, in quanto tale, e per quanto intelligente, sarà sempre guidato da una certa ingenuità, che lo porterà a vedere la vita in maniera semplicistica, rispetto a quella che è in realtà: per lui avere due papà o due mamme non credo possa essere un trauma, quanto invece una cosa "strana", curiosa... io sono nato e cresciuto da una coppia etero e mi reputo un sociopatico... se fossi stato adottato e cresciuto da una coppia omo, sarebbe stato lo stesso? Forse sì e forse no, perché, a dispetto della propria sessualità, è l'educazione e i comportamenti genitoriali che formano i figli e i problemi non esistono fino a quando non siamo noi a crearceli, e credo, tutto sommato, che ognuno ha diritto a quella che crede essere la sua felicità, senza invadere per forza quella degli altri.
Al che, se voi ora mi chiedeste se sono d'accordo con i matrimoni gay, vi risponderei in base all'occasione: così, a bruciapelo, vi direi che non me ne frega un cazzo di niente della cosa.
Se insisteste per avere una risposta, allora vi direi che no, non sono d'accordo, ma questo perché io non sono d'accordo nemmeno per quelli etero...
Se proprio insisteste per avere una risposta chiara, allora vi risponderei così: "Ma certo che sono d'accordo, le sofferenze vanno equamente divise ed è giusto che gli omo soffrano quanto gli etero: dopotutto quando si divorzia, son cazzi nel culo per tutti... e quelli di questo tipo non piacciono mai a nessuno!". Sono stato cattivo? Ma sì, giusto un po'...

Ciaoz