lunedì 10 novembre 2014

The Evil Within - (le mie impressioni)

Era il lontano 97. Ero solo un bambinetto. Un amico m'invitò a casa sua, e mi mostrò un gioco per computer, che il fratello aveva comprato da poco. Il gioco si chiamava "Resident Evil", ed era prodotto dalla Capcom, che all'epoca conoscevo solo per i picchiaduro di Street Fighter. Per me era un qualcosa di nuovo, mi sembrò di assistere ad un vero e proprio film horror: i protagonisti erano una squadra di militari (facenti parte del fittizio corpo della S.T.A.R.S.), rinchiusi in una villa piena di zombie. L'obiettivo? SOPRAVVIVERE! Vera impresa, dato che i protagonisti erano abbastanza legnosi e impacciati nei movimenti, le munizioni scarseggiavano (quanto i kit medici) e i mostri presenti erano incredibilmente coriacei (per buttarne per terra solo uno, serviva almeno metà del caricatore). E poi era violento! Quando si entra in contatto col primo zombie, quest'ultimo pasteggia col cadavere del povero malcapitato di turno... poi improvvisamente il mostro vi sente, e si volta a guardarvi col suo occhio spento. Chi di voi non ricorda questa scena? Ormai è un cult... 

Questa qui, per essere precisi

Qualche tempo dopo, stranamente affascinato da quanto avevo visto a casa del mio amico, decisi di acquistare quel gioco per la playstation... mi cacai sotto, e dopo qualche giorno lo cambiai con "Hercules" della Disney...  qualche anno più tardi, però, quando fui più grandicello, feci marcia indietro e comprai addirittura la versione "Director's cut", ovvero quella senza censure, che si distingueva per una violenza maggiore. Infatti, nella prima versione erano state tagliate numerose scene, ritenute fin troppo violente (nonostante il gioco censurato mantenesse comunque una carica gore piuttosto alta): per farvi un esempio, al primo incontro con lo zombie, questi non si limita solo a divorare il tizio, ma gli stacca anche di netto la testa, facendola cadere poi sul pavimento, in una pozza di sangue. 

La scena incriminata
A capo del progetto c'era Shinji Mikami, che supervisionerà anche il secondo (diretto però da Hideki Kamiya, il quale raggiungerà la notorietà con "Devil May Cry"), e continuerà a curare la saga fino al quarto, meraviglioso capitolo (introducendo in quest'ultimo anche innovative meccaniche di gioco, inedite fino ad allora). Mikami, poi, lasciò la Capcom, e per parecchi anni disertò il mondo degli horror, dedicandosi a giochi d'azione (God Hand) e di fantascienza (Vanquish). Il suo esilio, però, è terminato giusto qualche settimana fa, quando la sua ultima fatica "The Evil Within" (conosciuto in Giappone come Psycho Break), è finalmente arrivato sugli scaffali di tutto il mondo. 






Dopo averlo giocato a fondo (ed averlo finalmente completato), posso dire la mia...purtroppo non mi è piaciuto granché (lo so, comincio a stufarmi anche io... non mi piace più niente, cazzo!). 
Ma andiamo con ordine: nella fittizia cittadina di Krymson City, battuta da una pioggia torrenziale, sta accadendo qualcosa di molto strano. Sebastian Castellanos, di professione detective, viene chiamato ad indagare, insieme a due suoi colleghi, gli agenti Joseph e Kidman, su una serie di efferati delitti avvenuti in un ospedale psichiatrico. Improvvisamente, dopo la comparsa di una misteriosa figura coperta da un cappuccio (che risponde al nome di Ruvik), si ritrova catapultato in un mondo pervaso da pura follia e abitato da esseri mostruosi (per lo più purulenti zombie).

Sebastian sul luogo del delitto...
Il problema principale di "The Evil Within", è proprio la trama... infatti le poche righe scritte sopra, sono le uniche cose che vi sarà dato di sapere per almeno i primi dieci capitoli (e ragionate sul fatto che i capitoli sono 15 in totale... e l'ultimo è dedicato interamente al boss...). Di conseguenza vi troverete sballottati di qua e di là, senza alcuna spiegazione logica, con personaggi ai quali è difficile affezionarsi (compreso il protagonista), e dove, paradossalmente, l'unico veramente riuscito (nonostante non disponga di chissà quale caratterizzazione) è il "pazzo" Leslie, il giovane a cui sembra ruotare attorno tutta la vicenda: sono sicuro che il suo "Sono impazziti tutti!", diventerà ben presto un meme. 
Il secondo problema è che tutto sa di già visto, con rimandi a quel gioco o a quel film (tra cui anche "Matrix" e "Inception"). Infatti, se volessi spiegarvi le meccaniche di gioco, l'unico modo in cui potrei farlo è questo: prendete le sequenze stealth di "The Last of Us" e buttatele in un frullatore, al ché aggiungeteci anche la difficoltà del primo e il sistema di puntamento del quarto capitolo di Resident Evil, e annettete anche un bel po' di mostri e ambientazioni provenienti da Silent Hill: frullate il tutto, e quello che vi uscirà è proprio il gioco che sto recensendo adesso. 

No, non è un nuovo capitolo del famoso gioco Konami
Il terzo problema è...  che non fa paura (nonostante Mikami si fregiasse di quanto il suo titolo "facesse cagare sotto le persone"... parole sue). Concordo sul fatto che, soprattutto nelle prime fasi, venga tenuta alta la tensione del giocatore (anche perché all'inizio si è disarmati e inseguiti da un energumeno armato di motosega), ma finisce lì. Sarà anche vero che a me ormai spaventa di più leggere dello "stupro di Nanchino", o delle torture che avvenivano nei lager tedeschi, ma alla fine, ci si rende comunque conto che The Evil Within si riduce solo ad un grande e grosso Luna Park del terrore, problema che, riflettendoci, affliggeva anche i primi capitoli della saga di Resident Evil. The Evil Within (palese ormai il riferimento di titolo con quello del precedente lavoro di Mikami) è l'amico scemo che ti fa "Buh!", saltando fuori dall'armadio, è il bulletto che ti rompe le scatole a scuola o al lavoro, ma non ti mette mai davvero a disagio e non ti lascia nulla una volta spenta la consolle, perché la paura che cerca di regalare così generosamente non è genuina: semplicemente non è vera, è un gioco troppo "meccanico" per poter spaventare seriamente. E la difficoltà elevata gioca un ruolo fondamentale nella mia valutazione: spesso è davvero eccessiva, e il morire in continuazione costringe il giocatore a muoversi a tentoni per superare una determinata area (o un determinato boss), e i tanti tentativi smorzano la tensione, dato che la morte, talvolta, è l'unica soluzione logica per capire come proseguire l'avventura. Inoltre, sebbene all'inizio i nemici si rivelino sin troppo forti per il giocatore, con l'andare del tempo, e il ritrovamento di nuove armi e nuove abilità (che posso essere acquistate tramite il rilascio da parte degli avversari uccisi di una melma verde), Sebastian diverrà una specie di Rambo, riducendo il tutto ad un comune sparatutto.
Volendo spezzare una lancia in suo favore, possiamo accennare al fatto che è violentissimo, con scene che oltrepassano il limite consentito dello splatter. Sì, forse è al momento uno dei giochi più violenti mai prodotti (nemmeno Dead Space arrivava a tanto).
Le morti del protagonista (che avverranno nei modi più disparati) sono grottesche e rivoltanti e vedranno Sebastian venire:
1) Cannibalizzato
2) Decapitato
3) Smembrato
4) Sbudellato
5) Sgozzato
6) Schiacciato
7) Impalato
8) Arso vivo

9) Disciolto nell'acido
10) Beh... Chi più ne ha, più ne metta
L'elenco appena stilato non lesinerà nemmeno sui particolari scabrosi, con tanto di sangue e budella che fuoriescono ad ogni uccisione (nemici compresi). Insomma, il gioco è davvero per stomaci forti, anche se, a lungo andare, ci si fa l'abitudine. 
Il comparto grafico è buono. Rallentamenti io non ne ho trovati. I personaggi sono realizzati in maniera molto dettagliata. Gli ambienti sono davvero belli a vedersi, ed è un piacere esplorarli. Le luci dinamiche funzionano a dovere, come è pregevole anche il comparto sonoro; in inglese i protagonisti sono doppiati da attori e celebrità: Kidman ha la voce di Jennifer Carpenter, e il malvagio Ruvik è doppiato da Jackie Earle Haley. Molto buono anche il doppiaggio italiano, realizzato da professionisti del settore (per chi ha buon orecchio sono riconoscibili le voci di Ruggero Andreozzi per il protagonista, coadiuvato da Federico Zanandrea su Joseph, Stefano Pozzi su Leslie, e Marco Balbi per il dottor Jimenez).
Inoltre vanno segnalate per gli appassionati un paio di citazioni inserite dal buon Mikami, come l'incontro con il primo zombie, che è in tutto e per tutto simile a quello del primo RE (con tanto di testa che rotola e di mostro che si volta, guardandovi), o la magione vittoriana a due piani, che richiama molto Villa Spencer.




Tirando un po' di somme, The Evil Within è sostanzialmente un prodotto in ritardo sul percorso di marcia: se fosse uscito un paio di anni fa (ma anche tre), disponendo di una trama curata maggiormente, sarebbe stato un capolavoro. Oggi è solo una commistione di cose viste e riviste, ma comunque ben amalgamate. Rimane un prodotto pregevole e, indubbiamente, da provare assolutamente, soprattutto se siete fan di Shinji Mikami.

Prima di lasciarvi, vi posto il trailer in italiano del gioco, qualora non lo abbiate ancora visto

Ciaoz

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