sabato 28 giugno 2014

Mario Bava, semplicemente un maestro

Sarò onesto: ho scoperto il cinema di Mario Bava tardi... troppo tardi... e me ne vergogno.
Forse sarà stato per quei sedicenti critici, che hanno definito i film di Bava da serie B, e altre notizie del cavolo che han poi creato dei pregiudizi da parte mia nei suoi confronti. Pregiudizi che ho superato grazie soprattutto al web, che tra varie recensioni (Dio benedica il Frusciante) e passaparola, mi ci hanno fatto appassionare, spingendomi a visionare le sue pellicole: altro che cinema di serie B, con Bava si gioca nella A+!

Il primissimo film di Bava che vidi (da pupetto, avrò avuto quindici o sedici anni)  fu Diabolik (non sapendo nemmeno che fosse del maestro), e non essendo un grande appassionato del re del terrore, ci passai sopra, facendo spallucce. Inoltre non capii molto il film, e non mi riferisco alla trama, quanto invece ad alcune scelte stilistiche che cozzavano con l'idea che mi ero fatto di Diabolik stesso, nei pochi albi che avevo letto... ma questa è una cosa mia. Col tempo, mettendo da parte il fumetto, ti accorgi che il film è un capolavoro visivo, che sa anche non prendersi troppo sul serio.
E proprio lo stile di regia di Bava, ha quel qualcosa che lo  fa avvicinare ad un fumetto in movimento; questo perché lui era un direttore della fotografia strepitoso, ed era un maestro nel superbo utilizzo dei colori e delle luci. Ho un paio curiosità sul film: la caverna in cui giravano Marisa Mell e John Phillip Law (che avevano anche una relazione all'epoca del film, beati loro) era completamente vuota, molti degli aggeggi e degli sfondi venivano tirati fuori da prospettive forzate e da pezzi di vetro applicati sulla macchina da presa; ad esempio, poi, c'è una scena in cui si vede un aereo in primo piano e Diabolik salirci sopra... quell'aereo non c'era davvero: era semplicemente una foto ritagliata e attaccata sulla camera... praticamente i primi accenni di trucchi "digitali".
A volte, purtroppo, come spesso accade anche oggi, sia i mezzi che la sceneggiatura non erano all'altezza della sua eccezionale messa in scena, ciò nonostante la sua verve creativa salvava sempre capra e cavoli. Lo stesso Bava si lamentava spesso, della cosa, col figlio Lamberto: "Ma guarda quà che dialoghi del cazzo mi scrivono!".

Il vero primo film di Bava che ho visto (nel senso che mi ci sono messo con interesse), però, è stato I tre volti della paura. Ecco, con questo film mi sono innamorato, e ho potuto comprendere a pieno le doti fuori dal comune di questo grande regista, che nella sua semplicità tirava fuori gioiellini.



Il film, in sintesi, è di una semplicità disarmante, ed è suddiviso in 3 storie, una più bella dell'altra e per nulla scontate. Nella prima, quella del telefono, viene addirittura suggerita una relazione lesbica tra le due protagoniste, cosa impensabile per l'epoca. Il secondo racconto, quello con Boris Karloff, mi è rimasto impresso per la testa mozzata che questi tira fuori dal suo sacco, inutile dire che tale scena in America fu eliminata, come fu cancellato anche il rapporto saffico nella prima storia. La mia preferita, però, è l'ultima storia, La goccia d'acqua, che, con quello spettro spaventoso, sembra quasi girato come un J horror, vale a dire un horror giapponese... che dire, Bava precursore anche del cinema nipponico!



Ovviamente la fa da padrone una messa scena fantastica, cupa, gotica, e un uso delle luci eccezionale... per la cronaca, la baita dei Wurdalak era riprodotta in uno studio, ma grazie alla sua bravura, Bava te la faceva sembrare vera, come se davvero ci si trovasse in mezzo alle steppe russe.
Inoltre, credo che molti di voi lo sappiano già, il film è noto per la sua sequenza finale, in cui viene svelato il trucco che c'è dietro la scena del cavallo.

Preso dalla foga, mi lanciai anche su Reazione a catena, da molti percepito come il primo slasher della storia, anche se avrei da ridire, in merito... per il semplice motivo che già un film precedente di Bava aveva elementi riconducibili al cinema slasher, e mi riferisco a 6 donne per l'assassino, di cui parleremo tra poco!



 In ogni caso, questo film ha gettato le solide fondamenta sul quale molti cineasti avrebbero poi costruito il ponte sul quale sarebbero transitati i loro film di successo:  uno su tutti, Venerdì 13, che non solo omaggia Bava in alcune inquadrature al limite del plagio, ma sembra addirittura girato sullo stesso set, tanto è simile la messa in scena.
Parlando con maggior dettaglio del film di Bava, questo è estremamente ben fatto: fotografia magnifica (come al solito, direi), personaggi intriganti (uno più cattivo dell'altro), e l'idea di fondo è davvero originale (per l'epoca, almeno, parliamo comunque di un film degli anni 70); la reazione a catena del titolo, ad esempio, è dovuta al fatto che ogni assassino viene ucciso dopo aver perpetrato un omicidio (o anche una serie), creando appunto una "sanguinolenta reazione a catena" che unisce tutti i protagonisti, i quali vogliono impossessarsi delle ricchezze nascoste nella baia. Anche qui il finale è ricco di ironia, dato che la catena di sangue viene chiusa in modo inaspettato.

Ma, visti due, ne volevo ancora, così mi feci arrivare da Amazon La maschera del demonio, quello in bianco e nero, con una bellissima Barbara Steele.

Okay, non volevo dirlo, ma non riesco a trattenermi: "Il mio tessssssoroooo"
Il film, essendo del 60, e in quanto opera prima del maestro, mantiene una certa ingenuità di fondo, eppure sprigiona una potenza visiva impressionante, anche a distanza di così tanti anni. La sequenza iniziale, per come è girata, è modernissima: il boia che applica la maschera sul volto della strega, pare addirittura essere ripreso in seguito nei videogiochi di Resident Evil (nel 5, precisamente). Il mistero di Sleepy Hollow, di Tim Burton, sembra addirittura una sorta di remake a colori del film, che omaggia tra l'altro in più punti (la madre del protagonista rinchiusa nella vergine di ferro). In tempi più recenti, il figlio Lamberto ne ha fatto un remake, ambientato ai giorni nostri. Nel cast si segnala la presenza di Debora Caprioglio nei panni di un'improbabile vergine, la Grimaldi in quelli di una ancor meno credibile strega e, oltre a loro, anche Michele Soavi, futuro regista di talento. Io, purtroppo, non son riuscito ad andare fino in fondo alla visione, ma questa è una cosa che riguarda me, se voi potete, invece, recuperatelo.

Siccome questi tre film mi avevano entusiasmato, mi fiondai su Terrore nello spazio, che, però, devo ammetterlo, mi è stato dipinto meglio di come fosse in realtà.



Per quanto curato nella regia, si vedono purtroppo tutti i limiti di budget, e per quanto Bava ci metta del suo per rendere il tutto credibile, l'illusione va in frantumi contro pietre di cartapesta, e interni di astronavi manifestamente finti. Inoltre, per quanto molti lo abbiano paragonato ad Alien di Scott, io mi sento di azzardare un ulteriore paragone: La cosa di Carpenter; difatti credo che ci siano delle similitudini nelle tematiche di ambo i film, come il fatto che gli alieni prendano possesso del corpo di esseri umani, mimetizzandosi tra la massa. L'ho trovato estremamente interessante, e anche qui c'è un inaspettato finale, che vale sicuramente la visione.

Se inizialmente ero un po' restio a dare un'occhiata a Sei donne per l'assassino, ne sono invece rimasto abbagliato, l'ho trovato un film semplicemente magnifico.


I titoli di testa del film sono fantastici, con gli attori che si confondono tra i manichini dell'atelier (e qui è evidente la sottile ironia Baviana). Lo scenario gotico è incredibilmente curato, la fotografia e l'uso delle luci mi ha lasciato a bocca aperta (proprio all'uso delle luci si sono ispirati sia il figlio Lamberto per Dèmoni, che Argento per Inferno) e la resa grafica dell'assassino (con maschera, guanti e impermeabile nero) è ovviamente entrata nell'immaginario collettivo. Inoltre, non vi pare che somigli a Rorschach di Watchmen? Alan Moore, vecchio volpone...
Comunque, anche in questo caso, il finale non risulta scontato, anticipando quello di tanti film odierni, in particolare il primo Scream di Wes Craven.




Passiamo al suo, o almeno io lo definisco tale, capolavoro: Cani arrabbiati.



Mentre disegnavo, una volta, decisi di mettermi un film per "compagnia", e la scelta cadde proprio su Cani arrabbiati. Ovviamente, dopo un po', smisi di lavorare, e mi lasciai trascinare dalla visione del film. Quando arrivai ai titoli di coda, la frase che mi balenò in mente fu: "Tarantino... datti all'ippica!". Cani arrabbiati è il primo vero esempio di cinema pulp, con dialoghi duri, personaggi tosti, e atmosfera tesa dall'inizio alla fine. Senza contare che il film presenta parecchie similitudini con "Le Iene" dello stesso Tarantino, nonostante la pellicola di quest'ultimo sia stata proiettata prima di Cani arrabbiati che, per motivi di produzione, rimase inattivo fino al 95. Non escluderei, però, che Tarantino, avendo lavorato comunque in una videoteca, sia riuscito ad entrare in possesso di qualche copia pirata.
I personaggi del film di Bava, in particolare, appaiono sopra le righe (un po' da fumetto), senza per questo risultare ridicoli, ricordano proprio quelli tarantiniani, anche nella scelta di soprannomi: Dottore (perché è il capo, ed è il più intelligente), Bisturi (abile nell'uso del coltello), e Trentadue (chiamato così per le notevoli dimensioni dei suoi attributi... no, non è uno scherzo).

In ordine: Dottore, Trentadue e Bisturi!
Per il momento son questi i film da me visionati, e purtroppo me ne rimangono ancora tantissimi, ma alcuni fra questi non sono più disponibili, né in rete, e nemmeno nei negozi; ci terrei a visionare, ad esempio, Operazione Paura, e anche Lisa e il diavolo: di quest'ultimo entrambe le versioni, dato che, come alcuni di voi forse sapranno, il produttore Alfredo Leone rimontò la pellicola per l'America, rendendola più spinta, e a tratti più violenta... in quello di Leone, chiamato La casa dell'esorcismo, c'è addirittura un breve fotogramma in cui s'intravede un pene eretto... così, giusto per farvi capire...

Chi si è soffermato a leggere queste righe, nel caso non abbia mai dedicato più di tanto ad un maestro come Bava, dovrebbe ricredersi, perché riscoprire i classici fa sempre bene... le risposte, stanno sempre nel nostro passato, ricordatevelo sempre!
Un saluto a tutti! E mi raccomando, SOGNATEMI!!!! DIVENTEREMO AMICI!!! Cit.

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