Ebbene, anche quest'anno si appresta finire. Un paio di giorni e poi passiamo al 2018 e... beh, niente. Quest'anno si conclude per me in maniera un po' "fiacca": sono sotto con alcune consegne, che a questo punto finirò per inizio gennaio, senza contare che ho scoperto di avere una grave dipendenza... dai souls; sì, quei cazzo di videogiochi stile "Bloodborne" o "Nioh" (che ho entrambi per inciso). Li avevo sempre evitati, poi li ho comprati in sconto e non sono più riuscito a staccarmene... è dovuto arrivare "The Evil Within 2" a liberarmene... come si dice? Ah, sì, chiodo scaccia chiodo.
Inoltre, nello smistamento della posta di FB (che non sapevo ne avesse uno fino a qualche mese fa) ho trovato un mucchio di messaggi vecchi anche di anni, di complimenti vari, di richieste di consigli, ecc... non credevo di essere così "seguito", che il mio blog qui, solitamente, è sempre un mortorio. Però ho una domanda: che senso ha andare su FB e scrivermi "sai, ho letto quel tuo articolo, volevo commentarlo con te"... non è più pratico scrivermi qui sotto? O quando mi si invia messaggi di complimenti sul Monaco... non sarebbe più comodo scriverli direttamente sulla pagina del personaggio o sul relativo post? In ogni caso mi dispiace non avervi risposto, ma, come specificato, non li avevo mai visti... il che la dice lunga su quanto io frequenti in effetti FB o i social in generale. Cercherò di fare più attenzione la prossima volta.
Ma è anche vero che quest'anno ho rincontrato un po' di amici e ne ho trovati di nuovi, e se tutto va bene, mi troverete pure ospite al prossimo Comicon di Napoli (dettagli prossimamente), quindi se ci fate un salto, passate a farmi un saluto. Oppure no, per molti potrebbe essere un pretesto per evitarmi, chi se ne frega.
Ma cianciando di cose varie, stavo dimenticando la cosa più importante: vi auguro un felice anno nuovo, e non solo a voi ma anche ai vostri cari e alle persone che amate, che non è mai scontato: se vi accadono cose belle, perché non dovreste condividerle con chi vi sta cuore, e viceversa? Uhm... rileggendola sembra una di quelle frasi stucchevoli uscite dai cioccolatini, ma oggi, in un contesto guerrafondaio e crudele come il nostro, l'amore, forse, non è un concetto così banale come potrebbe sembrare. Quindi amate.
E soprattutto amate me, che ne ho bisogno. 😁
Ancora auguri e un saluto. Ci sentiamo l'anno prossimo.
sabato 30 dicembre 2017
martedì 5 dicembre 2017
Vincent Cassel e il doppiaggio (italiano)
E niente, Vincent Cassel ha rotto il quarzo. Se sostituite quarzo con un'altra parola, avrete una frase con un indubbio maggior senso compiuto.
Quando l'attore francese è stato recentemente ospite di Fazio sulla Rai, nei giorni scorsi, ha nuovamente sputato un paio di sentenze non richieste sul doppiaggio italiano. Molti italioti (non utilizzo mai questo termine ma in questo caso sono obbligato), tra cui lo stesso Fazio – e dopo spiegherò perché anche lui rientra in questa categoria – hanno applaudito e annuito come delle foche ammaestrate alle sue affermazioni.
Non capisco perché Cassel abbia preso questa ossessione malsana verso il nostro doppiaggio, forse perché attori da tutto il mondo ringraziano ogni giorno i nostri doppiatori e lui, di carattere, deve fare il bastian contrario? Tra l'altro perché prendersela col nostro doppiaggio, quando quest'arte esiste in tutto il mondo, e l'Italia è uno dei paesi in cui viene realizzato ad alto livello? Comunque sia, vorrei provare ad analizzare le sue strane "elucubrazioni", e cercare di rendere note quantomeno tutte le inesattezze e le sciocchezze che ha proferito (con buona pace dei detrattori).
Analizziamo la sua prima poco felice affermazione, detta ormai mesi fa: "Il doppiaggio italiano è una mafia. Anche in Francia abbiamo i doppiatori, ma non hanno il potere di quelli italiani". Al di là che già con questa frase si è dato la zappa sui piedi da solo, dato che ha specificato che il doppiaggio non è una realtà solo italiana, ma per quale motivo sarebbe una mafia? Chi s'è trovato mogli, mariti, figli e parenti vari ammazzati da quella vera, avrebbe molto da ridire a proposito di questa dichiarazione, chiaramente superficiale ed irrispettosa.
Poi, onestamente, fuori dai cinema, io non ho mai trovato Pino Insegno, Roberto Pedicini o Massimo Corvo intenti a minacciare me o altri spettatori, perché è obbligatorio guardare film solo e rigorosamente doppiati in lingua italiana, né tanto meno mi risulta l'abbiano mai fatto glorie del passato come Emilio Cigoli, Pino Locchi o Ferruccio Amendola.
Come non mi è mai accaduto di ricevere retate a casa, quando qualche volta mi son tolto lo sfizio di guardarmi film in originale (o anche doppiati in un'altra lingua), se ne avevo voglia. In sintesi questa asserzione non solo è offensiva, ma copre involontariamente di ridicolo soprattutto colui che l'ha espressa, come chiunque altro, da capra, l'abbia ripetuta.
La seconda parte della frase è ancora più ridicola, e Cassel, lavorando nel cinema, dovrebbe almeno rendersene conto (essendo tra l'altro egli stesso, in Francia, doppiatore... ha prestato in più di un'occasione la voce all'attore Hugh Grant): parla del potere dei doppiatori italiani. Ma a che potere si riferisce? Non sono certo i doppiatori che decidono a quali pellicole, cartoni o videogiochi partecipare, in quanto sono sempre i produttori che richiedono la loro collaborazione, tra l'altro, tramite provini; e ciò in Italia, come in Francia e in Germania. Non ricordo che film importanti come Apocalypto, La passione di Cristo o The Rocky Horror Picture Show siano mai stati doppiati in italiano. Il doppiatore, da buon professionista, si limita semplicemente a fare il suo lavoro. Al contrario, ciò che Cassel si è scordato di dire, perché all'oscuro o semplicemente in malafede, è che in Francia il doppiaggio è molto più sviluppato e viene almeno doppiato il 30-40% in più di quello che arriva in Italia! Soprattutto nel campo dell'animazione e in quello videoludico! E talvolta persino con adattamenti scialbi e piuttosto invasivi (vi rimando a questo interessantissimo post che scrissi un po' di tempo fa sull'argomento).
Ne sono un esempio anche il film d'animazione FF VII: Advent Children, giunto in Francia completamente doppiato, ma in Italia semplicemente sottotitolato, e non mi sembra che il grande "mafiosissimo" strapotere dei doppiatori l'abbia impedito o fatto alcunché contro le decisioni di Sony/Squaresoft. Così come per tanti importantissimi videogiochi (appunto la serie FF, Outlast, Dragon Age e adesso pure Mass Effect) distribuiti in Francia completamente doppiati e in Italia semplicemente sottotitolati. I dati di vendita/consumo-Italia/Francia sono quasi equivalenti... anzi, alcuni titoli sottotitolati hanno venduto molto più da noi che nel paese della Belle Epoque. A questo punto dovremmo dire che sono proprio i francesi a volere maggiormente il doppiaggio, perché altrimenti nel caso comprerebbero roba solo sottotitolata. E quanto detto, forse, non è troppo lontano dalla verità.
Vedete, sono stati proprio i francesi a favorire l'espansione del doppiaggio: sebbene molti erroneamente asseriscano che il doppiaggio sia nato in Italia, non è invece così; è stato "inventato" dagli americani proprio per esportare all'estero le loro pellicole. Inizialmente la mecca di Hollywood operava il doppiaggio direttamente in America, non utilizzando affatto attori di madrelingua (talvolta erano gli stessi attori del film a recitare la parte in diversi idiomi, con risultati piuttosto comici): di conseguenza i film esportati presentavano un doppiaggio estremamente scadente. Furono i francesi per primi a richiedere di doppiare nella loro lingua le pellicole arrivate in sala. L'america stanziò quindi dei budget e nacquero le prime società di doppiaggio in Francia come in Italia... e, come specificato prima, uno dei maggiori riconoscimenti che si può dare all'Italia a livello mondiale è proprio la sua perizia in quest'arte.
Alcuni ignoranti hanno addirittura additato il doppiaggio italiano come un retaggio del fascismo, quando il duce invece cercò di bloccare più volte la proiezione di film stranieri nel nostro paese... se oggi l'Italia fosse ancora fascista, allora forse sì, niente più doppiaggio (e solo film prettamente italiani). Sareste stati contenti? Io no, soprattutto per la questione del fascismo.
Ma arriviamo finalmente alla trasmissione di Fazio dove Cassel è stato ospite. Soffermiamoci un attimo sullo stesso Fazio, che ha dato ragione all'attore ipocritamente con "Non si doppia l'arte", quando lui i soldi per rovinare i Minions con la sua voce se li è presi... se non si doppia l'arte, perché cavolo non è rimasto a casa, dato che il doppiaggio è appunto questo, un'arte, e in quanto tale meriterebbe di essere realizzata da chi il mestiere lo conosce.
Torniamo a Cassel e analizziamo le sue successive dichiarazioni: "Il doppiaggio è più un'educazione che un problema", e ci mancherebbe aggiungo io. Ciò nonostante non capisco cosa abbia a che fare con l'educazione (che per me è sinonimo di buon senso e rispettabilità): se uno è interessato alla voce originale, lo guarda in originale... se non lo sei e non te ne frega niente, lo guardi nella tua lingua. Quindi? Problema? Educazione? Di cosa stiamo parlando? Il cinema rimane comunque una forma d'intrattenimento e a tante persone non interessa affatto visionare la versione di una lingua sconosciuta giusto per passare il tempo. Inoltre non tutti hanno avuto o hanno l'opportunità di imparare un'altra lingua, vuoi per impegni lavorativi, vuoi per il contesto sociale o ambientale, vuoi perché semplicemente non ne hanno interesse alcuno. Oggi tra l'altro persino le televisioni offrono la lingua originale, e se guardaste meno streaming illegale, lo sapreste: udireste anche voi quella voce che prima dell'inizio di un film (o una serie) vi indica che il suddetto è visionabile anche in lingua originale, tramite la pressione dell'apposito tastino del telecomando del digitale terrestre. Il problema non si pone neppure con l'acquisto di un DVD/BD: anche in quel caso può essere selezionato un qualsiasi doppiaggio. Quindi quale sarebbe il problema, se non l'effettiva pigrizia dell'utente (e qui forse posso dare quasi ragione a Cassel), che se davvero volesse visionare questi prodotti in lingua originale, gli basterebbe premere un tasto, anziché passare le giornate a lamentarsi del più e del meno come i bimbi di 6 anni (anzi, mio nipote di quell'età si lamenta meno).
Altra sciocchezza palesemente falsa è che secondo lo stesso Cassel non ci siano cinema in Italia che trasmettono film in lingua originale. Oggi giorno, quasi tutti i cinema del nostro paese, trasmettono in determinate sale e in determinati orari (solitamente al mattino) pellicole in lingua originale. Chi è interessato a guardare il film senza il doppiaggio anche in questo caso dovrebbe sentirsi accontentato.
In conclusione, riflettendo su quanto detto, se il doppiaggio esiste anche in Francia (e in parte maggiore rispetto all'Italia), se ne conviene che anche lì non ci sia tanto interesse per la lingua originale, così come in Germania, in Spagna, in Brasile, in Portogallo e soprattutto in America (dove i doppiatori vengono pagati cifre altissime!). Perché prendersela allora proprio con l'Italia? Quale sarebbe il tuo problema, Vincent? Tra l'altro non hai mai notato come la tua ex moglie meritasse di essere doppiata da una professionista da qui all'eternità? Non hai mai notato la sua voce un po' nasale e priva di qualsivoglia dizione e pulizia? No? Sicuro? Davvero? Allora lo vedi che hai dei grossi problemi cognitivi!
Comunque sia, dubito che questo post arrivi al diretto interessato, sebbene non mi dispiaccia un confronto con lui (a parole, eh, che sei il doppio di me, Vincent): ma se si trovasse a leggerlo, potrebbe almeno rifletterci su e piantarla di dire tutte queste sciocchezze, o quantomeno prenderne atto.
E Fazio, su, piantala di fare la foca ammaestrata, e scusati con questi grandi professionisti che per anni hanno fatto parlare (e fanno parlare) con la loro voce grandi attori, apprezzati persino da quest'ultimi come da grandi registi quali Kubrick, che quando non girava film passava metà delle giornate a riempire di complimenti gli stabilimenti italici per l'ottimo lavoro svolto sulle sue pellicole.
Quando l'attore francese è stato recentemente ospite di Fazio sulla Rai, nei giorni scorsi, ha nuovamente sputato un paio di sentenze non richieste sul doppiaggio italiano. Molti italioti (non utilizzo mai questo termine ma in questo caso sono obbligato), tra cui lo stesso Fazio – e dopo spiegherò perché anche lui rientra in questa categoria – hanno applaudito e annuito come delle foche ammaestrate alle sue affermazioni.
Non capisco perché Cassel abbia preso questa ossessione malsana verso il nostro doppiaggio, forse perché attori da tutto il mondo ringraziano ogni giorno i nostri doppiatori e lui, di carattere, deve fare il bastian contrario? Tra l'altro perché prendersela col nostro doppiaggio, quando quest'arte esiste in tutto il mondo, e l'Italia è uno dei paesi in cui viene realizzato ad alto livello? Comunque sia, vorrei provare ad analizzare le sue strane "elucubrazioni", e cercare di rendere note quantomeno tutte le inesattezze e le sciocchezze che ha proferito (con buona pace dei detrattori).
Analizziamo la sua prima poco felice affermazione, detta ormai mesi fa: "Il doppiaggio italiano è una mafia. Anche in Francia abbiamo i doppiatori, ma non hanno il potere di quelli italiani". Al di là che già con questa frase si è dato la zappa sui piedi da solo, dato che ha specificato che il doppiaggio non è una realtà solo italiana, ma per quale motivo sarebbe una mafia? Chi s'è trovato mogli, mariti, figli e parenti vari ammazzati da quella vera, avrebbe molto da ridire a proposito di questa dichiarazione, chiaramente superficiale ed irrispettosa.
Poi, onestamente, fuori dai cinema, io non ho mai trovato Pino Insegno, Roberto Pedicini o Massimo Corvo intenti a minacciare me o altri spettatori, perché è obbligatorio guardare film solo e rigorosamente doppiati in lingua italiana, né tanto meno mi risulta l'abbiano mai fatto glorie del passato come Emilio Cigoli, Pino Locchi o Ferruccio Amendola.
Come non mi è mai accaduto di ricevere retate a casa, quando qualche volta mi son tolto lo sfizio di guardarmi film in originale (o anche doppiati in un'altra lingua), se ne avevo voglia. In sintesi questa asserzione non solo è offensiva, ma copre involontariamente di ridicolo soprattutto colui che l'ha espressa, come chiunque altro, da capra, l'abbia ripetuta.
La seconda parte della frase è ancora più ridicola, e Cassel, lavorando nel cinema, dovrebbe almeno rendersene conto (essendo tra l'altro egli stesso, in Francia, doppiatore... ha prestato in più di un'occasione la voce all'attore Hugh Grant): parla del potere dei doppiatori italiani. Ma a che potere si riferisce? Non sono certo i doppiatori che decidono a quali pellicole, cartoni o videogiochi partecipare, in quanto sono sempre i produttori che richiedono la loro collaborazione, tra l'altro, tramite provini; e ciò in Italia, come in Francia e in Germania. Non ricordo che film importanti come Apocalypto, La passione di Cristo o The Rocky Horror Picture Show siano mai stati doppiati in italiano. Il doppiatore, da buon professionista, si limita semplicemente a fare il suo lavoro. Al contrario, ciò che Cassel si è scordato di dire, perché all'oscuro o semplicemente in malafede, è che in Francia il doppiaggio è molto più sviluppato e viene almeno doppiato il 30-40% in più di quello che arriva in Italia! Soprattutto nel campo dell'animazione e in quello videoludico! E talvolta persino con adattamenti scialbi e piuttosto invasivi (vi rimando a questo interessantissimo post che scrissi un po' di tempo fa sull'argomento).
Ne sono un esempio anche il film d'animazione FF VII: Advent Children, giunto in Francia completamente doppiato, ma in Italia semplicemente sottotitolato, e non mi sembra che il grande "mafiosissimo" strapotere dei doppiatori l'abbia impedito o fatto alcunché contro le decisioni di Sony/Squaresoft. Così come per tanti importantissimi videogiochi (appunto la serie FF, Outlast, Dragon Age e adesso pure Mass Effect) distribuiti in Francia completamente doppiati e in Italia semplicemente sottotitolati. I dati di vendita/consumo-Italia/Francia sono quasi equivalenti... anzi, alcuni titoli sottotitolati hanno venduto molto più da noi che nel paese della Belle Epoque. A questo punto dovremmo dire che sono proprio i francesi a volere maggiormente il doppiaggio, perché altrimenti nel caso comprerebbero roba solo sottotitolata. E quanto detto, forse, non è troppo lontano dalla verità.
Vedete, sono stati proprio i francesi a favorire l'espansione del doppiaggio: sebbene molti erroneamente asseriscano che il doppiaggio sia nato in Italia, non è invece così; è stato "inventato" dagli americani proprio per esportare all'estero le loro pellicole. Inizialmente la mecca di Hollywood operava il doppiaggio direttamente in America, non utilizzando affatto attori di madrelingua (talvolta erano gli stessi attori del film a recitare la parte in diversi idiomi, con risultati piuttosto comici): di conseguenza i film esportati presentavano un doppiaggio estremamente scadente. Furono i francesi per primi a richiedere di doppiare nella loro lingua le pellicole arrivate in sala. L'america stanziò quindi dei budget e nacquero le prime società di doppiaggio in Francia come in Italia... e, come specificato prima, uno dei maggiori riconoscimenti che si può dare all'Italia a livello mondiale è proprio la sua perizia in quest'arte.
Alcuni ignoranti hanno addirittura additato il doppiaggio italiano come un retaggio del fascismo, quando il duce invece cercò di bloccare più volte la proiezione di film stranieri nel nostro paese... se oggi l'Italia fosse ancora fascista, allora forse sì, niente più doppiaggio (e solo film prettamente italiani). Sareste stati contenti? Io no, soprattutto per la questione del fascismo.
Ma arriviamo finalmente alla trasmissione di Fazio dove Cassel è stato ospite. Soffermiamoci un attimo sullo stesso Fazio, che ha dato ragione all'attore ipocritamente con "Non si doppia l'arte", quando lui i soldi per rovinare i Minions con la sua voce se li è presi... se non si doppia l'arte, perché cavolo non è rimasto a casa, dato che il doppiaggio è appunto questo, un'arte, e in quanto tale meriterebbe di essere realizzata da chi il mestiere lo conosce.
Torniamo a Cassel e analizziamo le sue successive dichiarazioni: "Il doppiaggio è più un'educazione che un problema", e ci mancherebbe aggiungo io. Ciò nonostante non capisco cosa abbia a che fare con l'educazione (che per me è sinonimo di buon senso e rispettabilità): se uno è interessato alla voce originale, lo guarda in originale... se non lo sei e non te ne frega niente, lo guardi nella tua lingua. Quindi? Problema? Educazione? Di cosa stiamo parlando? Il cinema rimane comunque una forma d'intrattenimento e a tante persone non interessa affatto visionare la versione di una lingua sconosciuta giusto per passare il tempo. Inoltre non tutti hanno avuto o hanno l'opportunità di imparare un'altra lingua, vuoi per impegni lavorativi, vuoi per il contesto sociale o ambientale, vuoi perché semplicemente non ne hanno interesse alcuno. Oggi tra l'altro persino le televisioni offrono la lingua originale, e se guardaste meno streaming illegale, lo sapreste: udireste anche voi quella voce che prima dell'inizio di un film (o una serie) vi indica che il suddetto è visionabile anche in lingua originale, tramite la pressione dell'apposito tastino del telecomando del digitale terrestre. Il problema non si pone neppure con l'acquisto di un DVD/BD: anche in quel caso può essere selezionato un qualsiasi doppiaggio. Quindi quale sarebbe il problema, se non l'effettiva pigrizia dell'utente (e qui forse posso dare quasi ragione a Cassel), che se davvero volesse visionare questi prodotti in lingua originale, gli basterebbe premere un tasto, anziché passare le giornate a lamentarsi del più e del meno come i bimbi di 6 anni (anzi, mio nipote di quell'età si lamenta meno).
Altra sciocchezza palesemente falsa è che secondo lo stesso Cassel non ci siano cinema in Italia che trasmettono film in lingua originale. Oggi giorno, quasi tutti i cinema del nostro paese, trasmettono in determinate sale e in determinati orari (solitamente al mattino) pellicole in lingua originale. Chi è interessato a guardare il film senza il doppiaggio anche in questo caso dovrebbe sentirsi accontentato.
In conclusione, riflettendo su quanto detto, se il doppiaggio esiste anche in Francia (e in parte maggiore rispetto all'Italia), se ne conviene che anche lì non ci sia tanto interesse per la lingua originale, così come in Germania, in Spagna, in Brasile, in Portogallo e soprattutto in America (dove i doppiatori vengono pagati cifre altissime!). Perché prendersela allora proprio con l'Italia? Quale sarebbe il tuo problema, Vincent? Tra l'altro non hai mai notato come la tua ex moglie meritasse di essere doppiata da una professionista da qui all'eternità? Non hai mai notato la sua voce un po' nasale e priva di qualsivoglia dizione e pulizia? No? Sicuro? Davvero? Allora lo vedi che hai dei grossi problemi cognitivi!
Comunque sia, dubito che questo post arrivi al diretto interessato, sebbene non mi dispiaccia un confronto con lui (a parole, eh, che sei il doppio di me, Vincent): ma se si trovasse a leggerlo, potrebbe almeno rifletterci su e piantarla di dire tutte queste sciocchezze, o quantomeno prenderne atto.
E Fazio, su, piantala di fare la foca ammaestrata, e scusati con questi grandi professionisti che per anni hanno fatto parlare (e fanno parlare) con la loro voce grandi attori, apprezzati persino da quest'ultimi come da grandi registi quali Kubrick, che quando non girava film passava metà delle giornate a riempire di complimenti gli stabilimenti italici per l'ottimo lavoro svolto sulle sue pellicole.
E davvero... voi due, non siete nemmeno mezza metà di quello che era Stanley Kubrick... quindi dovreste seriamente rifletterci su.
Ciaoz, un saluto!
Ciaoz, un saluto!
giovedì 9 novembre 2017
IT - Le mie impressioni
In questi giorni Hollywood è in subbuglio per una paio di avvenimenti che stanno scombussolando lo starsystem: uno riguarda le molestie sessuali del caso Weinstein, l'altro è lo strepitoso successo (e non così inaspettato) che sta avendo IT, il film tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King.
Sugli abusi di Weinstein se ne sta discutendo parecchio ancora adesso (e le accuse hanno raggiunto anche registi e produttori italiani), ed è indubbio che si tratti decisamente di un avvenimento più importante rispetto alla riuscita di un filmetto dell'orrore e mi piacerebbe poter approfondire la questione, ma siccome questo post è dedicato proprio ad IT (e metaforicamente le due vicende potrebbero anche specchiarsi l'una nell'altra in maniera inquietante), allora parleremo di quest'ultimo.
Visto l'esito positivo che sta accompagnando tale pellicola, sono stato un po' combattuto: avrei potuto conformarmi alla massa e piegarmi alla massiccia campagna pubblicitaria della Warner Bros, definendo il film una grande trasposizione per il cinema, o semplicemente dire quello che penso davvero: che non mi è piaciuto! E ho optato per la seconda! Ovviamente le mie opinioni possono essere condivisibili o meno, e in ogni caso cercherò di spiegare in dettaglio il mio punto di vista, tirando in ballo (cosa inevitabile) anche la bistrattata miniserie di inizio anni 90.
Da bambino la miniserie di IT mi terrorizzava, Tim Curry era davvero inquietante e anche la storia percorreva subdolamente i tempi, molto prima che storiacce molto reali diventassero giustamente di dominio pubblico: cos'è in realtà Pennywise, se non un disgustoso pedofilo eccitato dalle paure delle sue piccole vittime?
La miniserie era figlia palese dei suoi tempi, penalizzata indubbiamente da un budget non troppo elevato e da scelte registiche non sempre efficaci (talvolta conseguenze dirette del ristretto budget). Eppure, ancora a guardarla oggi, funziona, malgrado non sia invecchiata benissimo: innanzitutto non era banale e rispettava contestualmente a grandi linee il romanzo da cui era tratta; al contrario la pellicola di Muschietti, è riuscita a "insipidire" tutto quello che nel libro fu trattato con una certa sensibilità e anche una certa originalità da parte dell'autore.
In primis, sebbene non dovesse essere affatto un problema, è diverso il contesto storico: nel libro (e nella miniserie), quando i protagonisti sono ancora bambini, ci troviamo catapultati negli anni 50. Al di là dell'ovvia resa visiva con auto ed edifici dell'epoca, King era riuscito, con sorprendente sensibilità, a raccontare in maniera credibile quel clima razziale e sociale proprio di quegli anni, dove l'odio immotivato verso persone di colore era ancora palese e il rock'n roll muoveva i primi passi. Non era solo il giovane Mike a subire le angherie di un bullo, ma l'intera popolazione di colore che viveva a Derry scontava la pena di essere nata con la pelle scura (come il famoso episodio dell'incendio al "punto nero", narrato proprio dal padre del ragazzo); persino nei giochi di bambini e negli atteggiamenti dei protagonisti si riscontravano echi lontani degli anni 50, con l'aggiunta di tutto quel finto puritanismo da parte delle famiglie.
Nulla di tutto ciò nel nuovo film, e non perché sia stato trasportato negli anni 80: fossero stati gli anni 90 o 2000, non sarebbe cambiato assolutamente nulla, semplicemente non c'è nulla nella pellicola che caratterizzi quel periodo (e anche gli anni 80 furono tumultuosi in America, eccome!)... giusto qualche poster buttato qui e lì, e qualche infelice gag che mi ha fatto storcere il naso più che farmi sorridere. Cioè, Stranger Things, in una manciata di inquadrature mi ha letteralmente fatto respirare a pieni polmoni i veri anni 80 (con tanto di colonna sonora d'epoca)! Questa pellicola no! Perché a Muschietti interessava solo portare sullo schermo un pagliaccio che fa scherzi atroci a dei bambini, dimenticandosi di tutto il resto! Il che è un peccato, perché gli anni 80 erano comunque caratteristici non solo nel loro contesto sociale, ma anche dal punto di vista visivo; forse poco eleganti (per questo avrei preferito vedere ancora gli anni 50), ma certamente non del tutto anonimi come appaiono in questa trasposizione.
Inoltre, per quanto in molti abbiano obiettato una certa poca attinenza della miniserie al romanzo originale, come si potrebbe definire questo film, che ha totalmente riscritto (anche in modo superficiale) intere sequenze e omesso particolari decisamente interessanti?
La miniserie segue indubbiamente in maniera più fedele il romanzo, mentre invece la pellicola di Muschietti se ne distacca totalmente. La "poca aderenza" della miniserie era dovuta più ai limiti tecnici dell'epoca e al minutaggio, già eccessivo, dei due episodi, piuttosto che ad un lavoro irrispettoso verso il libro. Vero, non c'era il rito di Chud né quello del fumo, ma non avrebbero trovato spazio, non solo a causa della difficile trasposizione nello svolgimento della vicenda, ma soprattutto per la loro complessa resa visiva, dato che il primo era una sorta di battaglia psichica tra IT e i ragazzi. Quindi non stupisce che non ci siano neppure qui, come continua a non esserci "il grande uccello" di Mike Hanlon - sì, lo so, potrebbe sembrare un doppio senso, almeno se ci affidassimo al solito stereotipo nero - né il licantropo di Ritche e Bill (che invece appariva nella miniserie). Neppure la mancanza di queste caratteristiche "paure" doveva essere un problema... se almeno le avessero sostituite con delle soluzioni più originali... lo stesso dicasi per il rito di Chud, dove di certo non mi andava di assistere ad una "banale" scazzottata tra la creatura e i ragazzi che, tra le risa, mi ha rammentato la fine che Kurt Russell faceva in "A prova di morte" di Tarantino.
Il lavoro di Muschietti tratta in maniera superficiale soprattutto le relazioni tra i protagonisti, rendendoli meno credibili che nel libro; ad esempio il rapporto tra i due fratelli (Bill e Georgie), che nel romanzo si punzecchiano l'un l'altro, mentre nella pellicola sembrano usciti, tra abbracci e smancerie, da una pubblicità del mulino bianco.
Inoltre la serrata caccia al mostro da parte dei perdenti si trasforma, nella sequenza finale, in un ben più banale (ma quante volte ho utilizzato questa parola?) salvataggio della pulzella di turno, che nel libro era almeno riservato alla moglie di Bill da adulto (nella seconda parte cosa faranno? Riproporranno praticamente la stessa cosa?). Non vengono neppure approfonditi alcuni interessantissimi personaggi come Patrick Hockstetter (un vero e proprio sociopatico in miniatura), il quale rimane sullo sfondo, come carne da macello per IT/Pennywise.
Posso comprendere il problema della durata fino ad un certo punto, ma non tale da stravolgere situazioni e personaggi; la miniserie, che durava poco di più di questo film, era riuscita a condensare molto meglio sia le atmosfere che i personaggi, mostrando persino l'età adulta dei protagonisti. Il film non ci è riuscito, dandomi la sensazione che nemmeno abbia avuto voglia di provarci.
Senza contare che dalla sua, l'opera di Wallace, aveva pure una grande performance di Tim Curry: asciutta e senza fronzoli, perfettamente dosata tra ironia ed inquietudine... ma soprattutto NATURALE. Al contrario, l'interpretazione di Bill Skarsgård è troppo sopra le righe, troppo da fumetto per dirla in parole semplici, a volte sembra di vedere più il Joker di Batman, che una demoniaca presenza eterna e onnipotente; inoltre la sua performance è penalizzata dal trucco troppo pesante e da un utilizzo eccessivo della CGI (che non è nemmeno di alto livello, a dirla tutta).
Quindi, in conclusione, questo film è da buttare? No, ma non si tratta neppure del capolavoro di cui la critica tesse le lodi da prima addirittura della sua uscita: "IT" non è nient'altro che un discreto horror movie del sabato sera: nulla di più, nulla di meno. Tutto qui.
Non è un film da ricordare, per quanto si possa essere contrari con questa affermazione. E inoltre non è assolutamente al livello delle pellicole di James Wan (forse lui sarebbe stato una scelta più saggia per IT), cercando di rispondere a qualcuno che ha azzardato il paragone.
E con questo è tutto. Prima di lasciarvi, una curiosità sul doppiaggio italiano: Massimo Lodolo, che qui doppia il padre di Bev, prestava invece la sua voce al Ritche adulto della miniserie televisiva.
Alla prossima! 🙂
Sugli abusi di Weinstein se ne sta discutendo parecchio ancora adesso (e le accuse hanno raggiunto anche registi e produttori italiani), ed è indubbio che si tratti decisamente di un avvenimento più importante rispetto alla riuscita di un filmetto dell'orrore e mi piacerebbe poter approfondire la questione, ma siccome questo post è dedicato proprio ad IT (e metaforicamente le due vicende potrebbero anche specchiarsi l'una nell'altra in maniera inquietante), allora parleremo di quest'ultimo.
Visto l'esito positivo che sta accompagnando tale pellicola, sono stato un po' combattuto: avrei potuto conformarmi alla massa e piegarmi alla massiccia campagna pubblicitaria della Warner Bros, definendo il film una grande trasposizione per il cinema, o semplicemente dire quello che penso davvero: che non mi è piaciuto! E ho optato per la seconda! Ovviamente le mie opinioni possono essere condivisibili o meno, e in ogni caso cercherò di spiegare in dettaglio il mio punto di vista, tirando in ballo (cosa inevitabile) anche la bistrattata miniserie di inizio anni 90.
Da bambino la miniserie di IT mi terrorizzava, Tim Curry era davvero inquietante e anche la storia percorreva subdolamente i tempi, molto prima che storiacce molto reali diventassero giustamente di dominio pubblico: cos'è in realtà Pennywise, se non un disgustoso pedofilo eccitato dalle paure delle sue piccole vittime?
La miniserie era figlia palese dei suoi tempi, penalizzata indubbiamente da un budget non troppo elevato e da scelte registiche non sempre efficaci (talvolta conseguenze dirette del ristretto budget). Eppure, ancora a guardarla oggi, funziona, malgrado non sia invecchiata benissimo: innanzitutto non era banale e rispettava contestualmente a grandi linee il romanzo da cui era tratta; al contrario la pellicola di Muschietti, è riuscita a "insipidire" tutto quello che nel libro fu trattato con una certa sensibilità e anche una certa originalità da parte dell'autore.
In primis, sebbene non dovesse essere affatto un problema, è diverso il contesto storico: nel libro (e nella miniserie), quando i protagonisti sono ancora bambini, ci troviamo catapultati negli anni 50. Al di là dell'ovvia resa visiva con auto ed edifici dell'epoca, King era riuscito, con sorprendente sensibilità, a raccontare in maniera credibile quel clima razziale e sociale proprio di quegli anni, dove l'odio immotivato verso persone di colore era ancora palese e il rock'n roll muoveva i primi passi. Non era solo il giovane Mike a subire le angherie di un bullo, ma l'intera popolazione di colore che viveva a Derry scontava la pena di essere nata con la pelle scura (come il famoso episodio dell'incendio al "punto nero", narrato proprio dal padre del ragazzo); persino nei giochi di bambini e negli atteggiamenti dei protagonisti si riscontravano echi lontani degli anni 50, con l'aggiunta di tutto quel finto puritanismo da parte delle famiglie.
Nulla di tutto ciò nel nuovo film, e non perché sia stato trasportato negli anni 80: fossero stati gli anni 90 o 2000, non sarebbe cambiato assolutamente nulla, semplicemente non c'è nulla nella pellicola che caratterizzi quel periodo (e anche gli anni 80 furono tumultuosi in America, eccome!)... giusto qualche poster buttato qui e lì, e qualche infelice gag che mi ha fatto storcere il naso più che farmi sorridere. Cioè, Stranger Things, in una manciata di inquadrature mi ha letteralmente fatto respirare a pieni polmoni i veri anni 80 (con tanto di colonna sonora d'epoca)! Questa pellicola no! Perché a Muschietti interessava solo portare sullo schermo un pagliaccio che fa scherzi atroci a dei bambini, dimenticandosi di tutto il resto! Il che è un peccato, perché gli anni 80 erano comunque caratteristici non solo nel loro contesto sociale, ma anche dal punto di vista visivo; forse poco eleganti (per questo avrei preferito vedere ancora gli anni 50), ma certamente non del tutto anonimi come appaiono in questa trasposizione.
Inoltre, per quanto in molti abbiano obiettato una certa poca attinenza della miniserie al romanzo originale, come si potrebbe definire questo film, che ha totalmente riscritto (anche in modo superficiale) intere sequenze e omesso particolari decisamente interessanti?
La miniserie segue indubbiamente in maniera più fedele il romanzo, mentre invece la pellicola di Muschietti se ne distacca totalmente. La "poca aderenza" della miniserie era dovuta più ai limiti tecnici dell'epoca e al minutaggio, già eccessivo, dei due episodi, piuttosto che ad un lavoro irrispettoso verso il libro. Vero, non c'era il rito di Chud né quello del fumo, ma non avrebbero trovato spazio, non solo a causa della difficile trasposizione nello svolgimento della vicenda, ma soprattutto per la loro complessa resa visiva, dato che il primo era una sorta di battaglia psichica tra IT e i ragazzi. Quindi non stupisce che non ci siano neppure qui, come continua a non esserci "il grande uccello" di Mike Hanlon - sì, lo so, potrebbe sembrare un doppio senso, almeno se ci affidassimo al solito stereotipo nero - né il licantropo di Ritche e Bill (che invece appariva nella miniserie). Neppure la mancanza di queste caratteristiche "paure" doveva essere un problema... se almeno le avessero sostituite con delle soluzioni più originali... lo stesso dicasi per il rito di Chud, dove di certo non mi andava di assistere ad una "banale" scazzottata tra la creatura e i ragazzi che, tra le risa, mi ha rammentato la fine che Kurt Russell faceva in "A prova di morte" di Tarantino.
Il lavoro di Muschietti tratta in maniera superficiale soprattutto le relazioni tra i protagonisti, rendendoli meno credibili che nel libro; ad esempio il rapporto tra i due fratelli (Bill e Georgie), che nel romanzo si punzecchiano l'un l'altro, mentre nella pellicola sembrano usciti, tra abbracci e smancerie, da una pubblicità del mulino bianco.
Inoltre la serrata caccia al mostro da parte dei perdenti si trasforma, nella sequenza finale, in un ben più banale (ma quante volte ho utilizzato questa parola?) salvataggio della pulzella di turno, che nel libro era almeno riservato alla moglie di Bill da adulto (nella seconda parte cosa faranno? Riproporranno praticamente la stessa cosa?). Non vengono neppure approfonditi alcuni interessantissimi personaggi come Patrick Hockstetter (un vero e proprio sociopatico in miniatura), il quale rimane sullo sfondo, come carne da macello per IT/Pennywise.
Posso comprendere il problema della durata fino ad un certo punto, ma non tale da stravolgere situazioni e personaggi; la miniserie, che durava poco di più di questo film, era riuscita a condensare molto meglio sia le atmosfere che i personaggi, mostrando persino l'età adulta dei protagonisti. Il film non ci è riuscito, dandomi la sensazione che nemmeno abbia avuto voglia di provarci.
Senza contare che dalla sua, l'opera di Wallace, aveva pure una grande performance di Tim Curry: asciutta e senza fronzoli, perfettamente dosata tra ironia ed inquietudine... ma soprattutto NATURALE. Al contrario, l'interpretazione di Bill Skarsgård è troppo sopra le righe, troppo da fumetto per dirla in parole semplici, a volte sembra di vedere più il Joker di Batman, che una demoniaca presenza eterna e onnipotente; inoltre la sua performance è penalizzata dal trucco troppo pesante e da un utilizzo eccessivo della CGI (che non è nemmeno di alto livello, a dirla tutta).
Quindi, in conclusione, questo film è da buttare? No, ma non si tratta neppure del capolavoro di cui la critica tesse le lodi da prima addirittura della sua uscita: "IT" non è nient'altro che un discreto horror movie del sabato sera: nulla di più, nulla di meno. Tutto qui.
Non è un film da ricordare, per quanto si possa essere contrari con questa affermazione. E inoltre non è assolutamente al livello delle pellicole di James Wan (forse lui sarebbe stato una scelta più saggia per IT), cercando di rispondere a qualcuno che ha azzardato il paragone.
E con questo è tutto. Prima di lasciarvi, una curiosità sul doppiaggio italiano: Massimo Lodolo, che qui doppia il padre di Bev, prestava invece la sua voce al Ritche adulto della miniserie televisiva.
Alla prossima! 🙂
giovedì 26 ottobre 2017
Leggende Napoletane - CONTEST
Buongiorno a tutti, ragazzuoli.
Tempo fa vi accennai, in questo post, la mia collaborazione con la Phoenix IP sulla pellicola "Leggende Napoletane".
Oggi posso mostrarvi in cosa consiste la mia collaborazione, ovvero nella realizzazione della cover (che trovate di seguito) del DVD che sarà pubblicato a riprese finite (ovviamente non mi limiterò solo a quello).
Ovviamente la Cover sarà colorata, quindi aspettate aggiornamenti di tanto in tanto.
Comunque sia, esattamente come da titolo, la Phoenix IP ha indetto un bel contest per disegnatori e illustratori.
Siete chiamati a realizzare una serie di illustrazioni che caratterizzino la città di Napoli e i suoi "misteri". Le tre illustrazioni vincitrici formeranno un booklet da inserire nel cofanetto del DVD.
La partecipazione è ovviamente gratuita e non c'è alcun freno alla vostra immaginazione e alla tecnica da utilizzare (purché l'illustrazione sia a colori), quindi divertitevi.
Vi posto il regolamento e vi ricordo che la scadenza è entro (e non oltre) il 31 dicembre.
Inoltre, da inviare insieme al disegno, anche il modulo di iscrizione, cioè questo.
Per il momento questo è tutto. Mi raccomando, partecipate numerosi. Aspettiamo le vostre opere, e vi ricordo che, per maggiori informazioni, potete anche andare sulla pagina facebook di Phoenix IP.
Un saluto! Alla prossima e a presto! 😊
Tempo fa vi accennai, in questo post, la mia collaborazione con la Phoenix IP sulla pellicola "Leggende Napoletane".
Oggi posso mostrarvi in cosa consiste la mia collaborazione, ovvero nella realizzazione della cover (che trovate di seguito) del DVD che sarà pubblicato a riprese finite (ovviamente non mi limiterò solo a quello).
Ovviamente la Cover sarà colorata, quindi aspettate aggiornamenti di tanto in tanto.
Comunque sia, esattamente come da titolo, la Phoenix IP ha indetto un bel contest per disegnatori e illustratori.
Siete chiamati a realizzare una serie di illustrazioni che caratterizzino la città di Napoli e i suoi "misteri". Le tre illustrazioni vincitrici formeranno un booklet da inserire nel cofanetto del DVD.
La partecipazione è ovviamente gratuita e non c'è alcun freno alla vostra immaginazione e alla tecnica da utilizzare (purché l'illustrazione sia a colori), quindi divertitevi.
Vi posto il regolamento e vi ricordo che la scadenza è entro (e non oltre) il 31 dicembre.
Inoltre, da inviare insieme al disegno, anche il modulo di iscrizione, cioè questo.
Per il momento questo è tutto. Mi raccomando, partecipate numerosi. Aspettiamo le vostre opere, e vi ricordo che, per maggiori informazioni, potete anche andare sulla pagina facebook di Phoenix IP.
Un saluto! Alla prossima e a presto! 😊
giovedì 28 settembre 2017
Leggende Napoletane
Rieccomi qui, a scrivere dopo quasi tre mesi di assenza. Un periodo lungo, lo so, impegni più urgenti mi hanno tenuto lontano dal blog, eppure, in un certo senso, questa lontananza mi è servita a fare un po' di chiarezza e mettere ordine nel mio lavoro.
Ed è proprio in questo periodo che ho rincontrato anche un vecchio amico, compagno delle medie, con cui mi sono frequentato fino ai 17-18 anni (anno più, anno meno). Poi si sa, ognuno prende la propria e ci si perde di vista: solo fugaci saluti stradali, aggiornandosi di tanto in tanto sulla propria situazione lavorativa, e null'altro.
Ma poi succede qualcosa: s'arriva a un giorno che si ha voglia di rivedersi, come se scattasse qualcosa nel nostro animo mai sopito, e ci si sente nuovamente attratti l'uno verso l'altro; ci incontriamo ancora e tornano alla mente tanti ricordi, e si fa la somma del proprio lavoro e della propria esistenza fino a quel momento.
Oggi, quell'amico, Emanuele Pellecchia - operatore presso Sky, Mediaset e Rai - forte anche della collaborazione di Francesco Saverio Tisi, sta realizzando un progetto ambizioso, con la sua casa di produzione, la Phoenix IP (indipendent production): una pellicola (di cui ho già visto qualche incredibile sequenza in anteprima), che affronta i misteri e le leggende di cui la nostra bellissima città è pregna, affondando la sua macchina da presa nelle antiche radici attecchite sotto l'asfalto, ma ancora pulsanti di mistiche riminiscenze.
Il film sarà strutturato ad episodi, alcuni ambientati in un'epoca lontana, altri attualizzati per esigenze di copione, e farà sfoggio di tutte quelle figure folkloristiche che hanno reso così magica Napoli, quale lo spiritello noto come 'O Munaciello (solo scriverne il nome accende in me un ossequioso sentimento di rispetto).
Pensandoci bene, forse è stata proprio la magia che gravita attorno a questo progetto a farci rincontrare; quando Emanuele mi ha invitato al suo studio, descrivendomi le sue idee e illustrandomi il suo lavoro, entrambi sembravamo quasi già leggerci nel pensiero e alle sue parole si accalcavano furiose quelle della sua mente: "Mi piacerebbe se tu partecipassi a questa cosa, Gianluca", sembrava chiedermi, e io dal canto mio, gli rispondevo più forte che potevo "Puoi contarci, Emanuele... io VOGLIO partecipare a questa cosa!". Ed è così che, dopo anni, mi sono ritrovato a collaborare con un amico, coinvolto in un progetto davvero unico, che merita tutta la vostra attenzione, oltre a quella che già sta avendo: sì, perché per "Leggende Napoletane", si sono mobilitati giornali e distributori stranieri, per far sì che questo interessane progetto valichi anche le coste campane.
Il mio contributo, invece, quale sarà? Mi conoscete, e sapete cosa faccio per vivere, quindi non c'è altro da aggiungere: in ogni caso, a breve, con l'approvazione del regista, vi mostrerò qualcosina. 🙂
Per favore, serve tutto il vostro supporto, per maggiori informazioni vi rimando alla pagina FB Leggende Napoletane; inoltre, se avete una verve attoriale repressa, potreste provare a contattare la produzione, sempre in cerca di comparse... non si sa mai che veniate scelti.
Grazie ancora per la vostra attenzione. Un saluto e alla prossima! 😁
Ed è proprio in questo periodo che ho rincontrato anche un vecchio amico, compagno delle medie, con cui mi sono frequentato fino ai 17-18 anni (anno più, anno meno). Poi si sa, ognuno prende la propria e ci si perde di vista: solo fugaci saluti stradali, aggiornandosi di tanto in tanto sulla propria situazione lavorativa, e null'altro.
Ma poi succede qualcosa: s'arriva a un giorno che si ha voglia di rivedersi, come se scattasse qualcosa nel nostro animo mai sopito, e ci si sente nuovamente attratti l'uno verso l'altro; ci incontriamo ancora e tornano alla mente tanti ricordi, e si fa la somma del proprio lavoro e della propria esistenza fino a quel momento.
Oggi, quell'amico, Emanuele Pellecchia - operatore presso Sky, Mediaset e Rai - forte anche della collaborazione di Francesco Saverio Tisi, sta realizzando un progetto ambizioso, con la sua casa di produzione, la Phoenix IP (indipendent production): una pellicola (di cui ho già visto qualche incredibile sequenza in anteprima), che affronta i misteri e le leggende di cui la nostra bellissima città è pregna, affondando la sua macchina da presa nelle antiche radici attecchite sotto l'asfalto, ma ancora pulsanti di mistiche riminiscenze.
Il film sarà strutturato ad episodi, alcuni ambientati in un'epoca lontana, altri attualizzati per esigenze di copione, e farà sfoggio di tutte quelle figure folkloristiche che hanno reso così magica Napoli, quale lo spiritello noto come 'O Munaciello (solo scriverne il nome accende in me un ossequioso sentimento di rispetto).
Pensandoci bene, forse è stata proprio la magia che gravita attorno a questo progetto a farci rincontrare; quando Emanuele mi ha invitato al suo studio, descrivendomi le sue idee e illustrandomi il suo lavoro, entrambi sembravamo quasi già leggerci nel pensiero e alle sue parole si accalcavano furiose quelle della sua mente: "Mi piacerebbe se tu partecipassi a questa cosa, Gianluca", sembrava chiedermi, e io dal canto mio, gli rispondevo più forte che potevo "Puoi contarci, Emanuele... io VOGLIO partecipare a questa cosa!". Ed è così che, dopo anni, mi sono ritrovato a collaborare con un amico, coinvolto in un progetto davvero unico, che merita tutta la vostra attenzione, oltre a quella che già sta avendo: sì, perché per "Leggende Napoletane", si sono mobilitati giornali e distributori stranieri, per far sì che questo interessane progetto valichi anche le coste campane.
Il mio contributo, invece, quale sarà? Mi conoscete, e sapete cosa faccio per vivere, quindi non c'è altro da aggiungere: in ogni caso, a breve, con l'approvazione del regista, vi mostrerò qualcosina. 🙂
Per favore, serve tutto il vostro supporto, per maggiori informazioni vi rimando alla pagina FB Leggende Napoletane; inoltre, se avete una verve attoriale repressa, potreste provare a contattare la produzione, sempre in cerca di comparse... non si sa mai che veniate scelti.
Grazie ancora per la vostra attenzione. Un saluto e alla prossima! 😁
martedì 25 luglio 2017
MAMMACQUA - venderesti tua madre?
In queste calde giornate, un bel bicchiere d'acqua è proprio quello che ci vuole. Non credete anche voi? Acqua fresca e purissima... ma che succederebbe se per usufruire anche della più piccola, misera goccia di rugiada, questa vi venisse fatta pagare cifre esorbitanti?
Non c'è tanto da starci a ragionare: sarebbe ingiusto, lo so. Eppure accade. Molto più spesso di quanto crediate, in paesi dove è ancora la guerra a farla da padrone. E se fosse stato lo stesso anche in Italia? Se l'acqua è vita, questa diventa un po' la nostra seconda mamma: la venderesti? Ma soprattutto, quanto saresti disposto a sborsare per lei? Ecco, queste sono state le interessanti riflessioni a cui la lettura del bel Graphic Novel di Paco Desiato, mi ha condotto... sul serio, come da titolo, venderesti tua madre?
Io e Paco ci conosciamo da un po', in passato ho anche avuto il piacere di collaborare con lui. Oggi è colorista e disegnatore presso la Disney e se siete fan di Topolino e Co., sicuramente vi sarete imbattuti nelle sue sfavillanti e colorate illustrazioni.
Ci siamo rincontrati al Comicon di quest'anno ed è così che sono entrato in possesso del fumetto che aveva realizzato.
Quando sono finalmente tornato a casa, dopo aver vagato come uno zombie da uno stand all'altro, mi sono seduto e ho tirato fuori dalla borsa l'albo "Mammacqua" e l'ho letto tutto d'un fiato, rimanendone letteralmente affascinato, rapito: parlare di questa splendida storia che mi sono ritrovato tra le mani, significa anche parlare di Napoli, una città con cui spesso l'Italia s'identifica, nel bene e nel male. Già, la mia amata Napoli, dove sono nato e vivo tutt'ora.
Non solo i due protagonisti, ma anche la stessa Napoli diventa allora la metafora di un'Italia ancora troppo divisa, troppo combattuta tra quello che sarebbe in realtà e come invece vorrebbe apparire, guidata da capi di stato non in grado di valorizzarla adeguatamente.
Sebbene la vicenda sia narrata dalle antiche divinità partenopee Sebeto e Parthenope (che sembrano avere un legame con i due giovani protagonisti), questa spicca, invece, proprio la sua credibilità, che riesce a far identificare il lettore con gli eventi raccontati, merito anche dei personaggi in scena, sapientemente caratterizzati e integrati alla perfezione nella "cultura napoletana" (alcuni dei quali realmente esistenti, come il missionario attivista Alex Zanotelli). Forse c'è qualche punta di "incertezza" in alcuni dialoghi, ma poca cosa rispetto alla perfetta fluidità del racconto, che presenta i giusti tempi della narrazione come da tempo non ne vedevo, senza contare che anche il rapporto tra i due protagonisti è gestito in maniera egregia.
Il disegno di Paco, inoltre, è essenziale, pulito e diretto: i personaggi, nella loro semplicità, sono in grado di esprimere la più piccola emozione in maniera adeguata. Inoltre, se siete di Napoli, non potrete che apprezzare il lavoro svolto dall'autore nel riprodurre le varie strade della città in maniera quasi maniacale: non faticherete a riconoscere la maestosa piazza del Gesù, il bellissimo lungomare di Mergellina, o le antiche e suggestive stradine di Spaccanapoli, colme di quelle figure così caratteristiche ormai entrate nell'immaginario comune non solo napoletano.
Cosa aggiungere in conclusione? Beh, solo questo in realtà: io quest'anno sono riuscito ad accaparrarmi la mia copia autografata!
Grazie, Paco. 😁
E voi che cosa state aspettando? Correte in libreria/fumetteria a procurarvi la vostra! 😏
Alla prossima, gente! 😎
Non c'è tanto da starci a ragionare: sarebbe ingiusto, lo so. Eppure accade. Molto più spesso di quanto crediate, in paesi dove è ancora la guerra a farla da padrone. E se fosse stato lo stesso anche in Italia? Se l'acqua è vita, questa diventa un po' la nostra seconda mamma: la venderesti? Ma soprattutto, quanto saresti disposto a sborsare per lei? Ecco, queste sono state le interessanti riflessioni a cui la lettura del bel Graphic Novel di Paco Desiato, mi ha condotto... sul serio, come da titolo, venderesti tua madre?
Io e Paco ci conosciamo da un po', in passato ho anche avuto il piacere di collaborare con lui. Oggi è colorista e disegnatore presso la Disney e se siete fan di Topolino e Co., sicuramente vi sarete imbattuti nelle sue sfavillanti e colorate illustrazioni.
Ci siamo rincontrati al Comicon di quest'anno ed è così che sono entrato in possesso del fumetto che aveva realizzato.
Quando sono finalmente tornato a casa, dopo aver vagato come uno zombie da uno stand all'altro, mi sono seduto e ho tirato fuori dalla borsa l'albo "Mammacqua" e l'ho letto tutto d'un fiato, rimanendone letteralmente affascinato, rapito: parlare di questa splendida storia che mi sono ritrovato tra le mani, significa anche parlare di Napoli, una città con cui spesso l'Italia s'identifica, nel bene e nel male. Già, la mia amata Napoli, dove sono nato e vivo tutt'ora.
Rifletteteci un attimo: quante volte abbiamo udito, nel caso di tristi fatti di cronaca, le parole "solo a Napoli succede"? Dal canto mio, trovo questa "dicitura" alquanto buffa (se non ridicola), in quanto sarebbe come asserire che Napoli sia il ricettacolo di tutta la criminalità e i problemi che affliggono l'Italia, quasi come se Roma, Genova, Milano o Torino rappresentassero invece civiltà utopistiche prive di qualsivoglia male. Eppure a Napoli accadono anche tanti eventi straordinari, soprattutto grazie a persone straordinarie, ed è in quel caso che a me piace poter dire "Solo a Napoli succede": sì, perché Napoli è l'unica grande città che ha deciso di aderire al referendum sull'acqua, referendum che sancisce che l'acqua è un bene comune su cui non si può lucrare. Ed è proprio in questo contesto che la storia scritta (e disegnata ovviamente) da Paco prende piede.
I protagonisti sono due ragazzi, Davide e Claudia, due anime contrapposte che incarnano i desideri di due diverse generazioni di persone: quelle che cercano di migliorare il paese in cui sono nati e cresciuti e quelli che semplicemente vogliono fuggire, sperando di trovare ciò che cercano altrove. Entrambi si troveranno coinvolti negli eventi che hanno portato al referendum, per un motivo (la documentazione per immagini di Davide, fotografo in erba in cerca di un lavoro) o per l'altro (Claudia è un'attivista che segue da vicino tali avvenimenti).Non solo i due protagonisti, ma anche la stessa Napoli diventa allora la metafora di un'Italia ancora troppo divisa, troppo combattuta tra quello che sarebbe in realtà e come invece vorrebbe apparire, guidata da capi di stato non in grado di valorizzarla adeguatamente.
Sebbene la vicenda sia narrata dalle antiche divinità partenopee Sebeto e Parthenope (che sembrano avere un legame con i due giovani protagonisti), questa spicca, invece, proprio la sua credibilità, che riesce a far identificare il lettore con gli eventi raccontati, merito anche dei personaggi in scena, sapientemente caratterizzati e integrati alla perfezione nella "cultura napoletana" (alcuni dei quali realmente esistenti, come il missionario attivista Alex Zanotelli). Forse c'è qualche punta di "incertezza" in alcuni dialoghi, ma poca cosa rispetto alla perfetta fluidità del racconto, che presenta i giusti tempi della narrazione come da tempo non ne vedevo, senza contare che anche il rapporto tra i due protagonisti è gestito in maniera egregia.
Il disegno di Paco, inoltre, è essenziale, pulito e diretto: i personaggi, nella loro semplicità, sono in grado di esprimere la più piccola emozione in maniera adeguata. Inoltre, se siete di Napoli, non potrete che apprezzare il lavoro svolto dall'autore nel riprodurre le varie strade della città in maniera quasi maniacale: non faticherete a riconoscere la maestosa piazza del Gesù, il bellissimo lungomare di Mergellina, o le antiche e suggestive stradine di Spaccanapoli, colme di quelle figure così caratteristiche ormai entrate nell'immaginario comune non solo napoletano.
Cosa aggiungere in conclusione? Beh, solo questo in realtà: io quest'anno sono riuscito ad accaparrarmi la mia copia autografata!
Grazie, Paco. 😁
E voi che cosa state aspettando? Correte in libreria/fumetteria a procurarvi la vostra! 😏
Alla prossima, gente! 😎
domenica 18 giugno 2017
Cose che non vedrete mai (forse)
La mia epica lentezza mi ha portato ad interrompere alcuni progetti che stavo realizzando, complice anche il lavoro serrato che sta proseguendo su Caged Birds.
Così, oggi, ho deciso di mostrarvi alcune cose a cui stavo lavorando, e che probabilmente non vedrete mai... finite.
Le prime riguardano un fantasy ambientato nel Giappone feudale. Mi pare di avervi già mostrato anche qualcosa in proposito, accennandovi già in passato del progetto. Si trattava di una storia che scrissi quando avevo suppergiù 14-15 anni. Rileggendola sono rimasto colpito... dalla serie di coglionate scritte a quell'età.
Ho interamente rimaneggiato la sceneggiatura (che contava quasi 200 pagine!), tenendomi però fedele all'originale. Ho cominciato anche a ridisegnarla, ma mi son dovuto fermare quasi subito, per altri impegni molto più urgenti e importanti. Di seguito le tavole che non vi avevo mostrato.
Sì... quello è un pene in una vagina |
Non so se questo progetto riuscirò mai a portarlo a termine... chissà, forse un giorno...
Di seguito, invece, abbiamo un piccolo omaggio al grande Serpieri e alla sua Druuna.
Purtroppo anche in questo caso ho dovuto fermarmi, sebbene il disegno fosse quasi completo (beh, più o meno). Devo ammettere che mi stavo divertendo a disegnare tutti quei tentacoli e a dare loro una forma... ehm... particolare.
Con questo è tutto, ci risentiamo alla prossima per altre notizie! Un saluto! 😄
lunedì 15 maggio 2017
Caged Birds vol. 4 - Anatomia di una pagina
Siccome il quarto volume di Caged Birds l'ho cominciato da poco, volevo mostrarvi il processo lavorativo di una singola pagina, in questo caso la prima del nuovo volume.
Ken mi ha inviato la sceneggiatura su una tavola già suddivisa in vignette, o già "grigliata", se volete.
Mentre leggo cerco già di immaginare la scena che andrò a disegnare. Quando non capisco qualcosa, chiedo delucidazioni. In ogni caso, come si può constatare, Ken non è avaro di spiegazioni, e nelle scene più complesse, mi fornisce egli stesso dei layout da lui realizzati.
Così, quando ho analizzato tutto quello che c'è scritto e sono pronto, realizzo io stesso il mio layout, utilizzando la stessa griglia che mi era stata mandata.
Si tratta di disegni veloci, atti piuttosto a visualizzare le scene, nonostante rappresentino già lo "scheletro" della pagina.
Quando ho il via, magari non prima di aver ricevuto qualche feedback o correzioni varie, vado a realizzare finalmente la tavola completa e inchiostrata.
Come si può constatare, alcune cose sono un po' diverse; questo perché, durante la realizzazione, mi sono reso conto che alcuni dettagli (o anche posture) non funzionavano nella maniera in cui erano state disegnate e dovendole allora integrare nella pagina finita, ho optato per altre soluzioni. Alcuni cambiamenti, invece (come già accennato), sono dovuti proprio a consigli dell'editor, che magari voleva la sequenza proposta in un certo modo.
Spero vi siate divertiti e che abbiate trovato istruttivo questo "work in progress". Se avete domande, io vi risponderò.
Alla prossima!
Ken mi ha inviato la sceneggiatura su una tavola già suddivisa in vignette, o già "grigliata", se volete.
Mentre leggo cerco già di immaginare la scena che andrò a disegnare. Quando non capisco qualcosa, chiedo delucidazioni. In ogni caso, come si può constatare, Ken non è avaro di spiegazioni, e nelle scene più complesse, mi fornisce egli stesso dei layout da lui realizzati.
Così, quando ho analizzato tutto quello che c'è scritto e sono pronto, realizzo io stesso il mio layout, utilizzando la stessa griglia che mi era stata mandata.
Si tratta di disegni veloci, atti piuttosto a visualizzare le scene, nonostante rappresentino già lo "scheletro" della pagina.
Quando ho il via, magari non prima di aver ricevuto qualche feedback o correzioni varie, vado a realizzare finalmente la tavola completa e inchiostrata.
Come si può constatare, alcune cose sono un po' diverse; questo perché, durante la realizzazione, mi sono reso conto che alcuni dettagli (o anche posture) non funzionavano nella maniera in cui erano state disegnate e dovendole allora integrare nella pagina finita, ho optato per altre soluzioni. Alcuni cambiamenti, invece (come già accennato), sono dovuti proprio a consigli dell'editor, che magari voleva la sequenza proposta in un certo modo.
Spero vi siate divertiti e che abbiate trovato istruttivo questo "work in progress". Se avete domande, io vi risponderò.
Alla prossima!
venerdì 12 maggio 2017
martedì 25 aprile 2017
Film che consiglio 13
Ehilà! Dopo tanto tempo, infine, si ritorna al nostro post più caro: io che, non avendo nulla di meglio da fare, vi consiglio un qualche film per il sabato sera (sempre che non abbiate di meglio da fare). E allora, forza. Andiamo! Flendeeeeeeeer Jet! No, scusate, non lo faccio più... 😇
Pups (Ash - 1999)
Due ragazzini entrano quasi per caso in possesso di una pistola e con questa decidono di fare una rapina in banca. Ciò che per loro doveva essere "solo" un brutale scherzo, si trasforma in qualcosa di più complicato, quando l'edificio viene circondato dalle forze dell'ordine. Rimasti intrappolati all'interno con degli ostaggi, ai giovani non resta che recitare la loro parte di cattivi fino in fondo, guidati dai loro miti televisivi, senza rendersi conto della gravità della situazione. Lo stile documentaristico di Ash (dietro questo pseudonimo si nasconde Ashley Baron-Cohen, fratello del ben più noto Sacha) racconta purtroppo una realtà non solo americana, dove molti ragazzi, lasciati a sé stessi e bombardati da tv e videogiochi, quasi non sembrano più preoccuparsi di ciò che li circonda, troppo presi dalla loro avida ricerca di gloria e notorietà, fatta di falsi miti (occhio, non sto incolpando né la tv, né i videogiochi, ma coloro che li lasciano senza una guida).
Da cultore del doppiaggio italiano, devo dirvi stavolta di guardarlo in inglese il film: Davide Garbolino, in questo caso, non è affatto credibile come ragazzino di 10 anni, e molte battute (intese proprio come recitazione, non adattamento), funzionano molto più in originale.
Gardener of Eden - Il giustiziere senza legge (Kevin Connoly - 2007)
Adam è un giovane che conduce una vita noiosa e senza prospettive. Una sera, raggiunto il limite massimo di sopportazione, esplode in un impeto di rabbia e, dopo aver compiuto alcuni atti vandalici, decide di picchiare il primo poveraccio che incontra per strada.
Non sa che ciò che ha fatto lo trasformerà, agli occhi della società, in un eroe: l'uomo che ha pestato, infatti, è uno stupratore in fuga. Acclamato dalla collettività, riceve persino un cospicuo premio in denaro. Ritrovata la sua autostima, il giovane decide di diventare un giustiziere metropolitano. Ma il mondo reale, fatto di dubbi e incertezze, è pronto per lui? Come reagirebbe la popolazione ad un uomo che si fa giustizia da sé? Come si dividerebbe l'opinione pubblica? Adam imparerà a sue spese che la vita vera è ben diversa da quella dei fumetti, e che non tutto è bianco o nero.
L'arrivo di Wang (Manetti bros - 2011)
Gaia è un'interprete di cinese. Una sera viene convocata per un misterioso lavoro e condotta in un tetro e buio scantinato nei pressi di Roma. Suo è il compito di tradurre ciò che dice Wang, un individuo tenuto in stato di fermo per un crimine non specificato. Quando Gaia, ormai innervosita dalla situazione, chiede di accendere la luce, scoprirà che Wang è in realtà...
Il film dei Menetti si distingue non solo per gli effetti visivi, davvero ben riusciti, ma anche per un intreccio narrativo notevole, che culmina anche con un finale per nulla banale. Da recuperare, potreste rimanere sorpresi!
Don Jon (Joseph Gordon-Levitt - 2013)
Questa è la storia di un ragazzo appassionato di porno, anzi, totalmente assuefatto. No... non si sta parlando di me, ma di Jon Martello.
Jon divide la sua vita tra gli amici, la palestra, la famiglia e le sue galanti conquiste in discoteca. Purtroppo a rapporto completo, il giovane continua a non sentirsi mai appagato sessualmente: solo il porno riesce a lenire questo senso di vuoto. Una sera, però, Jon conosce Barbara. Attratto subito da lei, comincia a frequentarla, scoprendo ben presto che, come lui è schiavo del porno, la ragazza è invece assuefatta ai film d'amore. Riusciranno a stare insieme? Insieme per davvero? E se invece Jon avesse bisogno di una donna "vera"? Il film solleva una particolare riflessione: noi, il più delle volte, costruiamo le nostre relazioni e basiamo la nostra vita su finti stilemi. Ci piace qualcuno perché, nel nostro inconscio, esso/a corrisponde ad un ideale nato per esigenze personali e quindi sempre poco veritiero. Purtroppo capita spesso di guardare ciò che ci circonda con i sensi e l'impulsività, piuttosto che con spirito critico.
The boy and the Beast (Mamoru Hosoda - 2015)
Questo è forse uno dei migliori film d'animazione (giapponese) che ho avuto modo di vedere in questo periodo: comprato quasi per caso, mi ha lasciato stupefatto per la rara bellezza della narrazione, e mi ha divertito ed emozionato come non succedeva da tempo.
Ren è un bambino che ha perso la madre in un incidente. "Abbandonato" temporaneamente dal padre e scontroso verso tutti, una sera, decide di scappare di casa. Inseguito da due poliziotti, si ritrova catapultato a Jutengai, un mondo popolato da bestie. Adottato da una di queste, Kumatetsu, Ren (ribattezzato Kyuta) imparerà a battersi e diventare forte. Il rapporto che s'instaura tra lui e questo essere, tra alti e bassi, è piuttosto simile a quello che può esserci tra un padre e un figlio, e dimostra come, sia i padri che i figli, possano imparare gli uni dagli altri e incoraggiarsi a vicenda per superare le avversità della vita.
Una curiosità: nell'edizione italiana, Kumatetsu è doppiato da Pino Insegno.
E con questo ho finito! Alla prossima! 🙂
Pups (Ash - 1999)
Due ragazzini entrano quasi per caso in possesso di una pistola e con questa decidono di fare una rapina in banca. Ciò che per loro doveva essere "solo" un brutale scherzo, si trasforma in qualcosa di più complicato, quando l'edificio viene circondato dalle forze dell'ordine. Rimasti intrappolati all'interno con degli ostaggi, ai giovani non resta che recitare la loro parte di cattivi fino in fondo, guidati dai loro miti televisivi, senza rendersi conto della gravità della situazione. Lo stile documentaristico di Ash (dietro questo pseudonimo si nasconde Ashley Baron-Cohen, fratello del ben più noto Sacha) racconta purtroppo una realtà non solo americana, dove molti ragazzi, lasciati a sé stessi e bombardati da tv e videogiochi, quasi non sembrano più preoccuparsi di ciò che li circonda, troppo presi dalla loro avida ricerca di gloria e notorietà, fatta di falsi miti (occhio, non sto incolpando né la tv, né i videogiochi, ma coloro che li lasciano senza una guida).
Da cultore del doppiaggio italiano, devo dirvi stavolta di guardarlo in inglese il film: Davide Garbolino, in questo caso, non è affatto credibile come ragazzino di 10 anni, e molte battute (intese proprio come recitazione, non adattamento), funzionano molto più in originale.
Gardener of Eden - Il giustiziere senza legge (Kevin Connoly - 2007)
Adam è un giovane che conduce una vita noiosa e senza prospettive. Una sera, raggiunto il limite massimo di sopportazione, esplode in un impeto di rabbia e, dopo aver compiuto alcuni atti vandalici, decide di picchiare il primo poveraccio che incontra per strada.
Non sa che ciò che ha fatto lo trasformerà, agli occhi della società, in un eroe: l'uomo che ha pestato, infatti, è uno stupratore in fuga. Acclamato dalla collettività, riceve persino un cospicuo premio in denaro. Ritrovata la sua autostima, il giovane decide di diventare un giustiziere metropolitano. Ma il mondo reale, fatto di dubbi e incertezze, è pronto per lui? Come reagirebbe la popolazione ad un uomo che si fa giustizia da sé? Come si dividerebbe l'opinione pubblica? Adam imparerà a sue spese che la vita vera è ben diversa da quella dei fumetti, e che non tutto è bianco o nero.
L'arrivo di Wang (Manetti bros - 2011)
Gaia è un'interprete di cinese. Una sera viene convocata per un misterioso lavoro e condotta in un tetro e buio scantinato nei pressi di Roma. Suo è il compito di tradurre ciò che dice Wang, un individuo tenuto in stato di fermo per un crimine non specificato. Quando Gaia, ormai innervosita dalla situazione, chiede di accendere la luce, scoprirà che Wang è in realtà...
Il film dei Menetti si distingue non solo per gli effetti visivi, davvero ben riusciti, ma anche per un intreccio narrativo notevole, che culmina anche con un finale per nulla banale. Da recuperare, potreste rimanere sorpresi!
Don Jon (Joseph Gordon-Levitt - 2013)
Questa è la storia di un ragazzo appassionato di porno, anzi, totalmente assuefatto. No... non si sta parlando di me, ma di Jon Martello.
Jon divide la sua vita tra gli amici, la palestra, la famiglia e le sue galanti conquiste in discoteca. Purtroppo a rapporto completo, il giovane continua a non sentirsi mai appagato sessualmente: solo il porno riesce a lenire questo senso di vuoto. Una sera, però, Jon conosce Barbara. Attratto subito da lei, comincia a frequentarla, scoprendo ben presto che, come lui è schiavo del porno, la ragazza è invece assuefatta ai film d'amore. Riusciranno a stare insieme? Insieme per davvero? E se invece Jon avesse bisogno di una donna "vera"? Il film solleva una particolare riflessione: noi, il più delle volte, costruiamo le nostre relazioni e basiamo la nostra vita su finti stilemi. Ci piace qualcuno perché, nel nostro inconscio, esso/a corrisponde ad un ideale nato per esigenze personali e quindi sempre poco veritiero. Purtroppo capita spesso di guardare ciò che ci circonda con i sensi e l'impulsività, piuttosto che con spirito critico.
The boy and the Beast (Mamoru Hosoda - 2015)
Questo è forse uno dei migliori film d'animazione (giapponese) che ho avuto modo di vedere in questo periodo: comprato quasi per caso, mi ha lasciato stupefatto per la rara bellezza della narrazione, e mi ha divertito ed emozionato come non succedeva da tempo.
Ren è un bambino che ha perso la madre in un incidente. "Abbandonato" temporaneamente dal padre e scontroso verso tutti, una sera, decide di scappare di casa. Inseguito da due poliziotti, si ritrova catapultato a Jutengai, un mondo popolato da bestie. Adottato da una di queste, Kumatetsu, Ren (ribattezzato Kyuta) imparerà a battersi e diventare forte. Il rapporto che s'instaura tra lui e questo essere, tra alti e bassi, è piuttosto simile a quello che può esserci tra un padre e un figlio, e dimostra come, sia i padri che i figli, possano imparare gli uni dagli altri e incoraggiarsi a vicenda per superare le avversità della vita.
Una curiosità: nell'edizione italiana, Kumatetsu è doppiato da Pino Insegno.
E con questo ho finito! Alla prossima! 🙂
lunedì 3 aprile 2017
Dopo tanto tempo
Uff, è passato un po' di tempo dall'ultima volta che ho scritto qualcosa su questo blog. Mi perdonerete, ma è stato un periodo piuttosto frenetico: giusto in questi giorni ho chiuso il terzo volume di Caged Birds, il quale mi sta appassionando non solo come co-autore, ma anche da lettore... adesso sono curioso di sapere cosa accadrà nel prossimo volume. La sua realizzazione mi ha portato via molto tempo, sebbene mi sia divertito molto nelle ultime pagine: semmai riusciste ad acquistarlo in lingua originale, potreste capirne il motivo... disegnare due donne mezze nude che se le danno di santa ragione, metterebbe di buon umore chiunque.
Ultimamente sono anche riuscito a farmi una capatina al cinema, era da una vita che non ci andavo: ho visto "Logan"... non ci ho scritto su le mie impressioni, perché... non sapevo proprio cosa scrivere. Cioè, non capivo quale potesse essere l'utilità di spiegarvi un film su Wolverine. Sì, è la pellicola Marvel più violenta che ho avuto modo di vedere (teste mozzate, arti staccati, smembramenti), ma di certo non la più adulta. Siamo sempre dalle stesse parti: è un film che è la solita lotta contro i cattivi e non ci ho visto nulla di esistenziale o profondo; indubbiamente l'ho trovato migliore di "giorni di un futuro passato", ma si è trattato del solito movie sugli X-Men, con l'aggiunta del divieto ai minori. Tutto qui.
Per il resto, se ci saranno novità, vi farò sapere. Alla prossima (tempo permettendo).
Ciaoz!
Ultimamente sono anche riuscito a farmi una capatina al cinema, era da una vita che non ci andavo: ho visto "Logan"... non ci ho scritto su le mie impressioni, perché... non sapevo proprio cosa scrivere. Cioè, non capivo quale potesse essere l'utilità di spiegarvi un film su Wolverine. Sì, è la pellicola Marvel più violenta che ho avuto modo di vedere (teste mozzate, arti staccati, smembramenti), ma di certo non la più adulta. Siamo sempre dalle stesse parti: è un film che è la solita lotta contro i cattivi e non ci ho visto nulla di esistenziale o profondo; indubbiamente l'ho trovato migliore di "giorni di un futuro passato", ma si è trattato del solito movie sugli X-Men, con l'aggiunta del divieto ai minori. Tutto qui.
Per il resto, se ci saranno novità, vi farò sapere. Alla prossima (tempo permettendo).
Ciaoz!
giovedì 23 febbraio 2017
Resident Evil 7 - le mie impressioni
Mi sono incuriosito sin dalla prima volta che ho giocato quella piccola demo, chiamata Beginning Hour: tutto sembrava così diverso, così nuovo (a cominciare dalla visuale in prima persona), ma soprattutto così lugubre, così decadente... e c'era quel tizio inquietante, che dopo aver colpito il protagonista esclama "Benvenuto in famiglia"... ma... era davvero Resident Evil? Sì, eccome... dopo averlo giocato, posso tranquillamente dire che è il "solito" Resident Evil... non proprio la solita solfa, ma là stiamo.
Resident Evil 7: Biohazard, per essere precisi (in Giappone i titoli sono invertiti).
In realtà, sebbene molti abbiano visto nella visuale in pp un'ispirazione dal teaser di Silent Hills (il progetto cancellato di Konami), io non ne sono pienamente convinto, perché questa visuale non è affatto inedita all'interno della saga, dato che anche i Gun Survivor e gli Umbrella Chronicle ne erano provvisti... come non sono persuaso che Silent Hills si sarebbe giocato esclusivamente in pp: che lo infili a fare Norman Reedus nel gioco, se poi non lo puoi vedere in faccia? Ma andiamo avanti, non divaghiamo.
Protagonista di questo settimo capitolo è il "normalissimo" Ethan Winters, che giunge in una spettrale magione della Louisiana dopo aver ricevuto una mail dalla moglie Mia, scomparsa ormai da tre anni; al suo arrivo, però, si troverà invischiato in una vicenda assurda e cruenta, braccato dai membri della famiglia Baker, gli spaventosi proprietari della macabra tenuta. Sebbene l'incipit mi abbia in effetti ricordato parecchio Silent Hill 2 (in realtà un incipit non originalissimo neanche per il media Konami), il titolo Capcom ne prende immediatamente le distanze, puntando più su uno splatter-horror a buon mercato, ma pur sempre efficace. Nonostante sia eccessivamente truculento (ho già accennato al fatto che non ho più l'età per vedere sangue e budella sparse dappertutto), risulta davvero innegabile - e anche notevole - l'impegno che la casa di Osaka ha profuso in questo piccolo gioiello, che rasenta quasi il capolavoro, senza riuscire tuttavia a raggiungerlo. Come già detto, ci si ritrova a fare i conti con un Resident Evil "qualunque", almeno per quanto riguarda il sistema di comandi.
Nonostante Ethan non sia un militare (ma non lo sappiamo, dato che non ci viene rivelata la sua occupazione), fa tutto quello che dovrebbe fare un "eroe" di RE: corre con l'apposito tasto (in questo caso, premendo la levetta di movimento), si volta di 360 gradi, si accovaccia, nuota, e gira persino su sé stesso (come facevano, fastidiosamente, i personaggi dei primi capitoli); inoltre mostra una notevole destrezza con le armi da fuoco, tra le quali vengono annoverate la classica pistola, il fucile, la magnum, il lanciafiamme e il lanciagranate e che si usano esattamente nel modo che sappiamo: con un tasto si mira, con l'altro si spara (in realtà potete sparare anche senza mirare, ma sprechereste preziosi proiettili). Tornano pure le care "erbette", solo quelle verdi in verità, che possono essere miscelate con delle sostanze chimiche per creare unguenti più efficaci (le erbette possono anche essere consumate a solo, ma ripristinano molta meno energia... ho detto consumate, non fumate).
Nonostante il numero delle armi (e di oggetti) acquisibili, questo Re riprende anche il concetto di sopravvivenza dei primi due capitoli (massì, va', anche il terzo), mettendo il giocatore in condizione di centellinare le sue risorse, che siano esse kit medici o munizioni, e di gestire come può gli spazi nell'inventario, tramite i bentornati bauli, che da troppo tempo mancavano. Non sono tornate, invece, le macchine da scrivere, rimpiazzate qui da più - si fa per dire - moderni mangianastri, che forniranno salvataggi dati illimitati al livello di difficoltà base o inferiore, ma che dovranno usufruire invece di cassette a quello più alto, per poter essere utilizzati.
La sceneggiatura ha alti e bassi (alcuni dialoghi sono veramente stupidi), ma funziona come capitolo a sé... un po' meno se inserita nella continuity ufficiale e in effetti mostra gli stessi difetti riscontrabili in tutti i capitoli: finisce proprio quando la storia comincia a farsi interessante e di conseguenza, portato a termine il gioco, non vi verrà svelato nulla di nuovo, anche se, in effetti, non ci sono rivelazioni eclatanti, sebbene vengano comunque gettate le basi per ciò che saranno i capitoli successivi.
Il comparto sonoro è ottimo per quello che riguarda gli effetti e i temi musicali (alcuni ripresi dal primo capitolo, come la musichetta rilassante delle stanze di salvataggio), senza contare la bella canzone che finora ha accompagnato l'intera campagna pubblicitaria. Per quanto riguarda il doppiaggio... apriamo una bella parentesi, ma proprio grande:
Pascolando in giro, anche su siti specializzati, mi tocca sempre leggere "doppiaggio discreto, meglio l'originale"... il problema è che al giorno d'oggi questa è una cantilena modaiola, che mi sono stufato di sentire, soprattutto quando il suddetto commento non entra nei particolari, e nemmeno nei meriti e nei demeriti dell'uno o dell'altro.
Il doppiaggio italiano di RE7 è tutt'altro che discreto, certo non perfetto, ma tutt'altro che discreto. Ma è sullo stesso livello anche quello originale inglese, tutt'altro che perfetto.
Dove pecca il doppiaggio italiano è in una certa superficialità da parte del direttore (che avrebbe potuto far ripetere qualche battuta non riuscitissima) e nella scelta di un paio di voci, non pienamente condivisibile (ma si sa, molte volte vengono fatti dei provini, e in questo caso non sono sempre i direttori di doppiaggio a scegliere, quanto piuttosto la casa madre, Capcom in questo caso). Comunque ci si trova su un lavoro di buon livello, dato anche il numero di professionisti che vi hanno partecipato, tra cui Renato Novara, Oliviero Corbetta, Marina Thovez, Francesco Mei e Claudio Moneta (giusto per citare i più noti).
La versione inglese ovviamente risulta un po' più incisiva, perché registrata dai colleghi anglosassoni tramite motion capture, quindi in scena (ricordate sempre che i doppiatori italiani non vedono una mazza di quello che stanno doppiando, almeno per quanto riguarda i videogiochi), ma ciò non toglie che abbia, anche questa, la sua bella dose di magagne: in più punti mi è sembrata troppo poco naturale e oltretutto caricaturale; ho riso più di una volta ascoltandola... e ciò è un grosso problema, se il fine ultimo è far paura. Ne sono un esempio lampante i due ghost hunters che si vedono all'inizio, che biascicano quasi le parole, forzando numerosi accenti... sul serio, chi parla così? È troppo esagerato persino per gli slang americani, che hanno comunque una pronuncia forte e marcata, rispetto all'italiano.
Anche la doppiatrice di Mia, Katie O'Hagan, non è esattamente il massimo, ed anzi ha imbroccato, sì e no, il 40% delle battute (il che è un po' pochino).
L'unico personaggio che funziona realmente bene in inglese è Eveline, indubbiamente più inquietante e naturale (tra l'altro la doppiatrice italiana è anche riciclata, dato che è la stessa di Moira Burton in Revelations 2).
In ogni caso vi consiglio di farvi un giro con tutte le lingue disponibili, compresa quella francese e quella spagnola, e, avendo così tutti gli elementi a vostra disposizione per farlo, tirare le vostre somme.
Chiusa la parentesi.
In definitiva è un ottimo gioco che merita di essere sostenuto, sebbene mi abbia dato l'idea di essere più una sorta di esperimento (riuscitissimo), utilizzato soprattutto per testare il nuovo motore grafico... non so se la visuale in pp persona verà mantenuta anche nei capitoli successivi; certo non mi dispiacerebbe, ma tutto sommato devo anche ammettere che nemmeno mi farebbe impazzire, se usata all'infinito,
Beh, solo aspettando, avremo l'opportunità di vedere cosa accadrà.
Un saluto e alla prossima! 😃
Resident Evil 7: Biohazard, per essere precisi (in Giappone i titoli sono invertiti).
In realtà, sebbene molti abbiano visto nella visuale in pp un'ispirazione dal teaser di Silent Hills (il progetto cancellato di Konami), io non ne sono pienamente convinto, perché questa visuale non è affatto inedita all'interno della saga, dato che anche i Gun Survivor e gli Umbrella Chronicle ne erano provvisti... come non sono persuaso che Silent Hills si sarebbe giocato esclusivamente in pp: che lo infili a fare Norman Reedus nel gioco, se poi non lo puoi vedere in faccia? Ma andiamo avanti, non divaghiamo.
Protagonista di questo settimo capitolo è il "normalissimo" Ethan Winters, che giunge in una spettrale magione della Louisiana dopo aver ricevuto una mail dalla moglie Mia, scomparsa ormai da tre anni; al suo arrivo, però, si troverà invischiato in una vicenda assurda e cruenta, braccato dai membri della famiglia Baker, gli spaventosi proprietari della macabra tenuta. Sebbene l'incipit mi abbia in effetti ricordato parecchio Silent Hill 2 (in realtà un incipit non originalissimo neanche per il media Konami), il titolo Capcom ne prende immediatamente le distanze, puntando più su uno splatter-horror a buon mercato, ma pur sempre efficace. Nonostante sia eccessivamente truculento (ho già accennato al fatto che non ho più l'età per vedere sangue e budella sparse dappertutto), risulta davvero innegabile - e anche notevole - l'impegno che la casa di Osaka ha profuso in questo piccolo gioiello, che rasenta quasi il capolavoro, senza riuscire tuttavia a raggiungerlo. Come già detto, ci si ritrova a fare i conti con un Resident Evil "qualunque", almeno per quanto riguarda il sistema di comandi.
Nonostante Ethan non sia un militare (ma non lo sappiamo, dato che non ci viene rivelata la sua occupazione), fa tutto quello che dovrebbe fare un "eroe" di RE: corre con l'apposito tasto (in questo caso, premendo la levetta di movimento), si volta di 360 gradi, si accovaccia, nuota, e gira persino su sé stesso (come facevano, fastidiosamente, i personaggi dei primi capitoli); inoltre mostra una notevole destrezza con le armi da fuoco, tra le quali vengono annoverate la classica pistola, il fucile, la magnum, il lanciafiamme e il lanciagranate e che si usano esattamente nel modo che sappiamo: con un tasto si mira, con l'altro si spara (in realtà potete sparare anche senza mirare, ma sprechereste preziosi proiettili). Tornano pure le care "erbette", solo quelle verdi in verità, che possono essere miscelate con delle sostanze chimiche per creare unguenti più efficaci (le erbette possono anche essere consumate a solo, ma ripristinano molta meno energia... ho detto consumate, non fumate).
Nonostante il numero delle armi (e di oggetti) acquisibili, questo Re riprende anche il concetto di sopravvivenza dei primi due capitoli (massì, va', anche il terzo), mettendo il giocatore in condizione di centellinare le sue risorse, che siano esse kit medici o munizioni, e di gestire come può gli spazi nell'inventario, tramite i bentornati bauli, che da troppo tempo mancavano. Non sono tornate, invece, le macchine da scrivere, rimpiazzate qui da più - si fa per dire - moderni mangianastri, che forniranno salvataggi dati illimitati al livello di difficoltà base o inferiore, ma che dovranno usufruire invece di cassette a quello più alto, per poter essere utilizzati.
Dove però, questo capitolo si distingue dagli altri, è per la bella galleria dei cattivi, curiosamente più credibili, e di cui il patriarca Jack Baker merita sicuramente una menzione d'onore: ben lontano dai villain precedenti, per lo più gente figa in impermeabile scuro e occhiali da sole con manie di grandezza (Albert Wesker) o mostri mugolanti privi di vera caratterizzazione psicologica (uno dei tanti tyrant a caso), Jack è invece spinto dal malsano bisogno di voler costruire una famiglia, e allo stesso tempo è apparentemente combattuto tra la sua natura e il male oscuro che lo dilania. E no, gli zombie non sono tornati qui, sostituiti dai micomorfi, organismi fungini antropomorfi. Ma cazzo, quanto sono lo stesso fastidiosi...
Molto probabilmente della caratterizzazione azzeccata dei Baker è complice anche la grafica fotorealistica, che restituisce dei volti e delle espressioni facciali davvero notevoli (e anche le ambientazioni non sono da meno), senza contare che la gestione della luce è realizzata in maniera impeccabile: se si trattasse di un film, probabilmente vincerebbe l'Oscar per la fotografia. Il RE Engine (il motore grafico creato da Capcom) funziona davvero bene, sebbene alcune texture mostrino delle piccole sbavature, mentre altre vengano caricate in netto ritardo, ma visto la mole di quello che c'è su schermo, e il dettaglio raggiunto in ogni singolo elemento di scena (soprattutto le piante), la cosa è più che accettabile. Se pensate che molto probabilmente sarà proprio il RE Engine (rivisto, ovviamente) a muovere il remake di RE 2, di prossima uscita... sì, non sbavate!La sceneggiatura ha alti e bassi (alcuni dialoghi sono veramente stupidi), ma funziona come capitolo a sé... un po' meno se inserita nella continuity ufficiale e in effetti mostra gli stessi difetti riscontrabili in tutti i capitoli: finisce proprio quando la storia comincia a farsi interessante e di conseguenza, portato a termine il gioco, non vi verrà svelato nulla di nuovo, anche se, in effetti, non ci sono rivelazioni eclatanti, sebbene vengano comunque gettate le basi per ciò che saranno i capitoli successivi.
Il comparto sonoro è ottimo per quello che riguarda gli effetti e i temi musicali (alcuni ripresi dal primo capitolo, come la musichetta rilassante delle stanze di salvataggio), senza contare la bella canzone che finora ha accompagnato l'intera campagna pubblicitaria. Per quanto riguarda il doppiaggio... apriamo una bella parentesi, ma proprio grande:
Pascolando in giro, anche su siti specializzati, mi tocca sempre leggere "doppiaggio discreto, meglio l'originale"... il problema è che al giorno d'oggi questa è una cantilena modaiola, che mi sono stufato di sentire, soprattutto quando il suddetto commento non entra nei particolari, e nemmeno nei meriti e nei demeriti dell'uno o dell'altro.
Il doppiaggio italiano di RE7 è tutt'altro che discreto, certo non perfetto, ma tutt'altro che discreto. Ma è sullo stesso livello anche quello originale inglese, tutt'altro che perfetto.
Dove pecca il doppiaggio italiano è in una certa superficialità da parte del direttore (che avrebbe potuto far ripetere qualche battuta non riuscitissima) e nella scelta di un paio di voci, non pienamente condivisibile (ma si sa, molte volte vengono fatti dei provini, e in questo caso non sono sempre i direttori di doppiaggio a scegliere, quanto piuttosto la casa madre, Capcom in questo caso). Comunque ci si trova su un lavoro di buon livello, dato anche il numero di professionisti che vi hanno partecipato, tra cui Renato Novara, Oliviero Corbetta, Marina Thovez, Francesco Mei e Claudio Moneta (giusto per citare i più noti).
La versione inglese ovviamente risulta un po' più incisiva, perché registrata dai colleghi anglosassoni tramite motion capture, quindi in scena (ricordate sempre che i doppiatori italiani non vedono una mazza di quello che stanno doppiando, almeno per quanto riguarda i videogiochi), ma ciò non toglie che abbia, anche questa, la sua bella dose di magagne: in più punti mi è sembrata troppo poco naturale e oltretutto caricaturale; ho riso più di una volta ascoltandola... e ciò è un grosso problema, se il fine ultimo è far paura. Ne sono un esempio lampante i due ghost hunters che si vedono all'inizio, che biascicano quasi le parole, forzando numerosi accenti... sul serio, chi parla così? È troppo esagerato persino per gli slang americani, che hanno comunque una pronuncia forte e marcata, rispetto all'italiano.
Anche la doppiatrice di Mia, Katie O'Hagan, non è esattamente il massimo, ed anzi ha imbroccato, sì e no, il 40% delle battute (il che è un po' pochino).
L'unico personaggio che funziona realmente bene in inglese è Eveline, indubbiamente più inquietante e naturale (tra l'altro la doppiatrice italiana è anche riciclata, dato che è la stessa di Moira Burton in Revelations 2).
In ogni caso vi consiglio di farvi un giro con tutte le lingue disponibili, compresa quella francese e quella spagnola, e, avendo così tutti gli elementi a vostra disposizione per farlo, tirare le vostre somme.
Chiusa la parentesi.
In definitiva è un ottimo gioco che merita di essere sostenuto, sebbene mi abbia dato l'idea di essere più una sorta di esperimento (riuscitissimo), utilizzato soprattutto per testare il nuovo motore grafico... non so se la visuale in pp persona verà mantenuta anche nei capitoli successivi; certo non mi dispiacerebbe, ma tutto sommato devo anche ammettere che nemmeno mi farebbe impazzire, se usata all'infinito,
Beh, solo aspettando, avremo l'opportunità di vedere cosa accadrà.
Un saluto e alla prossima! 😃
lunedì 13 febbraio 2017
Parlando di Caged Birds
Ben ritrovati, cari amici. Come va? Soddisfatti del nuovo anno? Lo so, è ancora presto per dirlo, lo è anche per me, ma la prassi e la cortesia impongono sempre questo genere di litania.
Inoltre, come avrete notato, è sempre più un'impresa per me, scrivere su questo blog, dato il poco tempo che ho in questo periodo. Comunque sia (o non sia), credo sia giunto il momento di parlarvi un po' più in dettaglio del mio lavoro in America, e di di raccontarvi in che modo io sia giunto a questa collaborazione.
Dovendo cominciare dal'inizio, direi che è stato il caso, a condurmi sulla strada di Ken Mora, il mio editor... o forse il caso ha condotto lui da me, chissà.
Fu infatti proprio Ken a contattarmi, tramite il mio account DA, perché affascinato (a sua detta) dai miei disegni e dalle mie storie: "Hi, I'm Ken, I'm a screenwriter and your big fan", recitavano le parole del messaggio che mi aveva inviato. La cosa mi lusingò non poco, anche perché mi permise di dare una spolverata al mio inglese.
Ken mi disse che cercava collaboratori per alcune serie che stava mettendo in produzione, e per di più dietro compenso... e quando qualcuno che ti contatta, dice pure che vuol pagarti, è sempre ben accetto. Comunque, io che sono diffidente di natura, decisi di fare qualche ricerca per conto mio sulla Bella Fe Films (la casa editrice di Ken) e su Ken stesso, dato che non lo conoscevo (Ken, if you're reading... sorry).
Quando ebbi trovato le informazioni che cercavo, mi decisi ad accettare.
Ovviamente, come giusto che sia, Ken, mi propose prima di fare delle prove, anche se, cosa più unica che rara, le prove mi furono pagate: una cifra irrisoria, ovviamente, ma mi furono ugualmente pagate... ed è difficile che qualcuno paghi il tuo tempo (soprattutto in Italia).
Lavorai così su due pagine di sceneggiatura di Caravaggio, uno dei fumetti in produzione,
Le tavole di prova, se fossi stato scelto, sarebbero state direttamente inserite all'interno dell'albo completo.
Ve le mostro di seguito.
Riguardandole ora, trovo molteplici inesattezze nel disegno, soprattutto nella prima vignetta della prima tavola, in cui c'è un grossolano errore di prospettiva. Ciononostante, Ken fu colpito dal dettaglio e dalla pazienza che profusi nel rendere gli edifici e nel sottolineare altri piccoli elementi,
Fu così che mi chiese di lavorare con lui, ma non su "Caravaggio", bensì su un'altra storia, ovvero il graphic novel Caged Birds.
Per Caravaggio, invece, fu scelto il bravo Cyrus Mesarcia, e vi mostro pure le sue tavole (che sono state poi colorate), così potrete anche compararle con le mie, dato che abbiamo lavorato sulla stessa sceneggiatura.
Trovo le tavole di Cyrus non solo belle, ma anche piuttosto dinamiche...
Ma adesso torniamo a noi.
Di Caged Birds mi fu mandato prima un piccolo trattamento, un soggetto, che lessi tutto d'un fiato,
Trovai lo script coinvolgente, oltre che ben scritto: la protagonista, Anna, era divorata da questa passione bruciante per la musica, da un incontrollabile estro artistico non compreso dalla sua stessa famiglia (mi suonava a volte fin troppo familiare). Il suo carattere possedeva numerose sfumature, e il fatto che lei avesse tendenze omosessuali, nonostante il suo orientamento fosse comunque etero, la rendeva piuttosto intrigante, il che faceva della sfera sessuale anche una componente piuttosto forte. Inoltre amavo il fatto che fosse ambientato negli anni 60, perché adoro la storia e il vintage, e ciò mi dava l'opportunità di documentarmi su usi e costumi di tempi andati.
Per superare il divario linguistico, Ken ha cominciato direttamente ad inviarmi layout, il che presuppone anche uno sforzo maggiore, da parte sua... e vi assicuro che sono pochi gli editor/sceneggiatori, che farebbero una cosa del genere.
Io stesso, però, per essere sicuro di non sbagliare, inviavo a mia volta layout della stessa pagina, Quando anche il mio layout veniva approvato, realizzavo finalmente la tavola, che poi passava alla colorazione.
Di seguito il processo produttivo delle prime due pagine con i miei layout.
Il primo volume di Caged Birds è stato presentato anche al San Diego Comicon, forse una delle più importanti manifestazioni del fumetto in America,
Attualmente sono impegnato con il terzo volume e mi mancano un paio di pagine e la cover, per completarlo. Anzi, vi mostro di seguito l'ultima pagina da me disegnata, sebbene in forma censurata.
Curiosamente, in questa pagina, mi è stato chiesto di disegnare l'atto in maniera esplicita, con tutti gli attributi visibili... la cosa non mi dispiace, ma provate ad immaginare la mia sorpresa, dato che prima mi si diceva sempre di nascondere questo o quel dettaglio.
Per il momento è tutto; se ci saranno aggiornamenti, ve li farò presente.
Per altre informazioni su Caged Birds vi chiedo sempre di consultare la pagina facebook relativa: lì vengono postati studi e disegni in quantità maggiore, e potreste seguire anche gli ultimi sviluppi editoriali della serie.
Grazie per l'attenzione.
Un saluto e alla prossima! 😄
Inoltre, come avrete notato, è sempre più un'impresa per me, scrivere su questo blog, dato il poco tempo che ho in questo periodo. Comunque sia (o non sia), credo sia giunto il momento di parlarvi un po' più in dettaglio del mio lavoro in America, e di di raccontarvi in che modo io sia giunto a questa collaborazione.
Dovendo cominciare dal'inizio, direi che è stato il caso, a condurmi sulla strada di Ken Mora, il mio editor... o forse il caso ha condotto lui da me, chissà.
Fu infatti proprio Ken a contattarmi, tramite il mio account DA, perché affascinato (a sua detta) dai miei disegni e dalle mie storie: "Hi, I'm Ken, I'm a screenwriter and your big fan", recitavano le parole del messaggio che mi aveva inviato. La cosa mi lusingò non poco, anche perché mi permise di dare una spolverata al mio inglese.
Ken mi disse che cercava collaboratori per alcune serie che stava mettendo in produzione, e per di più dietro compenso... e quando qualcuno che ti contatta, dice pure che vuol pagarti, è sempre ben accetto. Comunque, io che sono diffidente di natura, decisi di fare qualche ricerca per conto mio sulla Bella Fe Films (la casa editrice di Ken) e su Ken stesso, dato che non lo conoscevo (Ken, if you're reading... sorry).
Quando ebbi trovato le informazioni che cercavo, mi decisi ad accettare.
Ovviamente, come giusto che sia, Ken, mi propose prima di fare delle prove, anche se, cosa più unica che rara, le prove mi furono pagate: una cifra irrisoria, ovviamente, ma mi furono ugualmente pagate... ed è difficile che qualcuno paghi il tuo tempo (soprattutto in Italia).
Lavorai così su due pagine di sceneggiatura di Caravaggio, uno dei fumetti in produzione,
Le tavole di prova, se fossi stato scelto, sarebbero state direttamente inserite all'interno dell'albo completo.
Ve le mostro di seguito.
Riguardandole ora, trovo molteplici inesattezze nel disegno, soprattutto nella prima vignetta della prima tavola, in cui c'è un grossolano errore di prospettiva. Ciononostante, Ken fu colpito dal dettaglio e dalla pazienza che profusi nel rendere gli edifici e nel sottolineare altri piccoli elementi,
Fu così che mi chiese di lavorare con lui, ma non su "Caravaggio", bensì su un'altra storia, ovvero il graphic novel Caged Birds.
Per Caravaggio, invece, fu scelto il bravo Cyrus Mesarcia, e vi mostro pure le sue tavole (che sono state poi colorate), così potrete anche compararle con le mie, dato che abbiamo lavorato sulla stessa sceneggiatura.
Trovo le tavole di Cyrus non solo belle, ma anche piuttosto dinamiche...
Ma adesso torniamo a noi.
Di Caged Birds mi fu mandato prima un piccolo trattamento, un soggetto, che lessi tutto d'un fiato,
La prima pagina del soggetto |
Trovai lo script coinvolgente, oltre che ben scritto: la protagonista, Anna, era divorata da questa passione bruciante per la musica, da un incontrollabile estro artistico non compreso dalla sua stessa famiglia (mi suonava a volte fin troppo familiare). Il suo carattere possedeva numerose sfumature, e il fatto che lei avesse tendenze omosessuali, nonostante il suo orientamento fosse comunque etero, la rendeva piuttosto intrigante, il che faceva della sfera sessuale anche una componente piuttosto forte. Inoltre amavo il fatto che fosse ambientato negli anni 60, perché adoro la storia e il vintage, e ciò mi dava l'opportunità di documentarmi su usi e costumi di tempi andati.
Per superare il divario linguistico, Ken ha cominciato direttamente ad inviarmi layout, il che presuppone anche uno sforzo maggiore, da parte sua... e vi assicuro che sono pochi gli editor/sceneggiatori, che farebbero una cosa del genere.
Io stesso, però, per essere sicuro di non sbagliare, inviavo a mia volta layout della stessa pagina, Quando anche il mio layout veniva approvato, realizzavo finalmente la tavola, che poi passava alla colorazione.
Di seguito il processo produttivo delle prime due pagine con i miei layout.
Il primo volume di Caged Birds è stato presentato anche al San Diego Comicon, forse una delle più importanti manifestazioni del fumetto in America,
Attualmente sono impegnato con il terzo volume e mi mancano un paio di pagine e la cover, per completarlo. Anzi, vi mostro di seguito l'ultima pagina da me disegnata, sebbene in forma censurata.
Curiosamente, in questa pagina, mi è stato chiesto di disegnare l'atto in maniera esplicita, con tutti gli attributi visibili... la cosa non mi dispiace, ma provate ad immaginare la mia sorpresa, dato che prima mi si diceva sempre di nascondere questo o quel dettaglio.
Per il momento è tutto; se ci saranno aggiornamenti, ve li farò presente.
Per altre informazioni su Caged Birds vi chiedo sempre di consultare la pagina facebook relativa: lì vengono postati studi e disegni in quantità maggiore, e potreste seguire anche gli ultimi sviluppi editoriali della serie.
Grazie per l'attenzione.
Un saluto e alla prossima! 😄
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