I sotterranei della prigione erano lugubri, freddi e maleodoranti. C'era nell'aria un odore acre, pungente direi. I due, Amergan e Rudis, erano l'uno di fronte all'altro, nello spogliatoio. Guardati a vista da un pretoriano di guardia, Amergan fasciava con cura i pugni del giovane con delle garze; quest'ultimo era intento a fissare il muro lì vicino, dove si potevano notare delle chiazze di sangue. «Mi dispiace davvero, ragazzino», fece il vecchio, «Sei poco più di uno scricciolo, e sei già stato buttato in questa buca infestata da vermi». Sistemò una mano: «Dammi l'altra, ora». Il giovane eseguì. Il vecchio allenatore continuò a parlare: «In ogni caso sarà meglio che ti spieghi come funziona qui», disse umettandosi le labbra, «in quest'arena si fanno scommesse, con molti soldi… no, i detenuti hanno poco con cui scommettere, a parte le loro vincite: sono i potenti, i senatori, che investono in questi giochi, accreditando denaro sul conto del nostro direttore, che organizza i combattimenti, guadagnando a sua volta una piccola fortuna». Si fermò, riprendendo fiato, poi riprese a ciarlare: «Luds, l'uomo contro cui devi combattere, è il campione indiscusso di quest'arena, lo chiamano "Il titano invincibile"! Conosce tutte le arti della guerra!», disse, «Comunque, quando qualcuno vince, Scipione guadagna il 30% dalle scommesse, il 40% torna agli scommettitori illustri, solo il 20 viene dato al campione, mentre il restante 10 viene spartito tra noi allenatori». Amergan si fermò ancora per qualche secondo, fissando Rudis negli occhi, quasi cercando in quello sguardo un piccolo tremore, ma rimase sorpreso nel constatare che il giovane non lasciava trasparire alcuna emozione, poi riprese con il suo discorso: «Luds, come ogni altro campione che si rispetti, ha diritto a molte cose: donne, ragazzi, vino, può avanzare ogni tipo di richiesta, purché questa rientri nelle regole del carcere… naturalmente se vincerai potrai entrare anche tu in questa cerchia a pieno diritto», fece, «Ma purtroppo dubito che ci riuscirai… Luds, non combatte mai con le armi: utilizza i soli pugni, pesanti come macigni e duri come il ferro! Gli piace afferrare il malcapitato di turno e soffocarlo a mani nude, per sentire la vita che scivola via, poco alla volta». Quando ebbe finito di sistemare il giovane, Amergan si diresse verso la piccola armeria, e afferrò un gladio: «Ti consiglio di prendere questa spada, è robusta, e credo che possa essere maneggiata anche da un mingherlino come te…».Il ragazzo osservò l'arma per qualche secondo, quindi si voltò dall'altra parte, e si avviò verso i robusti cancelli che lo dividevano dall'arena. «Ma dove vai? Non puoi combattere a mani nude, ti ucciderà!», gli urlò il vecchio, «Beh, insomma, ti ucciderà lo stesso, ma così potesti avere anche una piccola possibilità». Il giovane si fermò tosto in prossimità della grata, senza degnare di uno sguardo il suo addestratore, che a sua volte scosse la testa, mugugnando a denti stretti queste parole: «Fai come ti pare… crepa con onore, se ci riesci!».
le grate di spesso metallo si sollevarono e il giovane varcò la soglia. Il giovane teneva ancora le catene ai piedi, che trascinava stancamente. Dinanzi a lui si estendeva un'arena sconfinata, gremita di detenuti che emettevano urla, inneggiando alla violenza e caricando l'aria di elettricità. Dallo spalto adibito alle personalità illustri, Scipione prese posto sedendo sul suo trono, con aria compiaciuta.
Dalla parte opposta dell'arena uscì un gigante, un uomo enorme, dalla stazza erculea. I suoi muscoli, forgiati dalla tenacia e dall'addestramento, brillavano sotto i riflettori, mentre i suoi occhi, iniettati di sangue, sembravano simili a quelli di una belva inferocita.
Il direttore Scipione si affacciò, e dopo aver destato l'attenzione della folla, grazie allo sparo in alto di un fucile di un pretoriano, parlo: «Molto bene, branco di immani bastardi!», cominciò col dire, «Davanti a voi avete il campione, il vostro signore, Luds, pronto a bere il sangue di questa vittima sacrificale, pronta per il macello!». Fece una pausa, quindi riprese parlare: «Chi dei due, vincerà?», gridò, «Chi porterà a casa la pelle?». "LUDS" tuonò la folla. Scipione abbozzò un sorriso, e si sedette sul suo trono: <<Cominciate>>, urlò infine.
Luds sghignazzò aspramente: «Hai davvero un bel visetto, giovanotto...». Rudis si chinò sulla sabbia e prese ad annusarla, e quel gesto quasi sembrò procurargli un forte compiacimento. «Ma non ci stai troppo con la testa, vedo...», continuò dicendo il titanico gigante, «Uno come te non dovrebbe stare qui, a insozzare questo sacro suolo... invece non mi dispiacerebbe se tu, ti spostassi di notte nella mia branda...». Il giovane si alzò, e guardò Luds con disinvolta attenzione, quasi puntandolo. «Facciamo così, cercherò di non farti troppo male, e poi chiederò all'organizzatore di risparmiarti… e tu in cambio diventerai la mia sgualdrina! In guardia!», e detto ciò, Luds si scagliò verso il ragazzo: lo afferrò con le sue possenti mani, sollevandolo da terra, e lo scagliò lontano. Si avvinghiò ancora sul giovane, e fece di nuovo la stesa cosa. La folla quasi sembrava annoiata: «Luds, ma che fai? Uccidilo subito», tuonò un detenuto. Il gigante afferrò ancora il giovane e, dopo averlo sollevato nuovamente, fece per colpirlo, ma questi assestò una sonora capocciata sul naso di Luds, che cominciò a sanguinare copiosamente. Il titano mollò la presa, tenendosi il naso: «Piccolo figlio di puttana! Come hai osato?», urlò, «Volevo risparmiarti, ma adesso me ne hai fatta passare la voglia!». Corse verso Rudis e gli assestò un colpo in faccia, quindi gli diede un calcio nel basso ventre. La potenza era tale che il suolo sul quale i due si battevano, quasi tremava. La folla adesso era in visibilio. Un ultimo possente pugno, assestato sulla base del collo, scaraventò il giovane a terra che, mingherlino com'era, sembrava dato per morto. Luds alzò i pugni al cielo, vittorioso, mentre la folla inneggiava roboante. Il direttore Scipione scosse la testa "Ma quale Killer!", pensò, e si alzò, pronto a proclamare il vincitore, quando qualcosa accadde: il ragazzo si rimise in piedi. La folla smise di acclamare Luds, e il silenzio calò presto sull'intera arena. Lo stesso Luds era incredulo: «Impossibile! Come puoi essere vivo? E dopo aver ricevuto quel colpo, poi!». Il giovane, la cui faccia era una maschera di sangue, abbozzò un gelido sorriso,e fu in quel momento che, per la prima volta nella sua vita, il gigante avvertì un brivido lungo la schiena: Il primo e l'ultimo. Ciò che avvenne con certezza, non ci è dato di sapere, dato che nessuno dei presenti riuscì a registrare tutta la scena, in quanto i movimenti che portarono alla morte di Luds furono talmente rapidi, da risultare quasi impercettibili all'occhio umano... il risultato, invece, lo poterono vedere tutti: il gigante era a terra, privo della testa, che giaceva lì accanto, in una pozza di sangue scuro. Il giovane era in piedi, accanto al cadavere, con le mani ancora macchiate di quel sangue. La folla esplose in un boato: «"Il flagello dei titani"! Sì, l'emissario mandato dagli Dei», fece un uomo tra la folla! «Hai ragione! Nessuno gli si può opporre!», fece un altro. Lo stesso Scipione era incredulo: "Ma come diavolo ha fatto?" pensò tra sé. Tutto quello che prima era accaduto, non aveva più importanza, in quanto un solo pensiero gli balenava in testa: quel giovane gli avrebbe portato molto denaro, la fama che cercava per uscire da quel buco infernale! Grazie a lui sarebbe potuto tornare a Roma, la capitale! Era una vera gallina dalle uova d'oro! E gliel'avevano servita su un piatto d'argento!
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