giovedì 31 dicembre 2015

Chiacchierata per la fine dell'anno

Il 2015 volge al termine, e voglio approfittarne per fare quattro chiacchiere nude e crude con voi, anche solo per tirare un po' di somme.
Devo ammettere di essermi trascinato questo 2015 un po' con i denti, senza sapere nemmeno bene perché. Sapete, tipo una strana sensazione di pesantezza. Non saprei definirla correttamente. Comunque sia ho continuato a lavorare su Caged Birds, che mi sembra stia venendo su bene. Ken ha sempre dato prova di essere una persona estremamente corretta e generosa, e io non posso che comportarmi altrettanto nei suoi riguardi. Proprio stamattina ho consegnato la sedicesima pagina del secondo volume. Se riesco a tenere questi ritmi, è possibile che per marzo lo avrò finito. Non posso postarvi la tavola completa, il mio contratto non me lo consente, ma il layout, quello sì, giusto per darvi un'idea del mio lavoro.


La versione finale è molto diversa, e non vedo l'ora di dare un'occhiata anche alla colorazione.
Per quanto riguarda il Natale, l'ho passato in famiglia... come quasi ogni Natale, del resto. Ma dopotutto, riflettendoci, il Natale, con chi potresti mai passarlo, se non con tuoi famigliari? Alla vigilia i miei nipotini ci incitavano nel farci mangiare in fretta e furia i pasti, così da poter aprire immediatamente i regali. Anche io ne ho ricevuto uno, guardate cosa mi hanno regalato...

Che volete farci, sono un bambinone! :D
Sulla libreria Kylo Ren fa la sua porca figura, insieme a Darth Vader, Revolver Ocelot, e le altre tre miliardi di action figures che posseggo... se un giorno decidessi di venderle, potrei praticamente aprire un negozio apposito!
A proposito di tizi con le spade laser, quest'anno è uscito nelle sale anche il nuovo Star Wars! Una pellicola che aspettavo con trepidazione! Sebbene l'abbia visionato, ho preferito non scriverne una recensione... essendo un grande fan della saga, non sarei stato imparziale (pur trovandolo debole e a tratti ingenuo)...
Piuttosto, voi avete fatto i bravi? Cosa hanno regalato? Conoscevate già il regalo o è stata una sorpresa? Ma sopratutto: era quello che desideravate? Così, giusto per farmi i cazzi vostri, prima che finisca l'anno. :D

A questo punto credo che dovrei parlarvi dei propositi per l'anno che verrà? Non li ho e cerco di non averne... sapete, per paura di non mantenerli.
Credo di continuare semplicemente con la mia vita, a meno che non scendano gli alieni sulla terra e sconvolgano tutti miei piani. Sto cercando di emergere maggiormente come autore, anche se credo, soprattutto per limitazioni caratteriali, di essere destinato alla mediocrità mediatica. Artisticamente (sebbene non mi reputi un artista, io), cercherò sempre di fare meglio, per quanto mi sia possibile... dopotutto sono solo umano... e anche per questo metto su panza come tutti... già per l'anno nuovo dovrei cercare di perdere qualche chiletto,  ma pare che alcuni studi abbiano appurato che essere leggermente in sovrappeso faccia vivere di più, quindi...
Se credevate che me ne sarei uscito con parole di fratellanza, sarete rimasti delusi, ma chi mi conosce, sa che ci credo poco in queste minchiate, nonostante a volte non riesca a nascondere una certa visione romantica della vita... che volete farci, sono contraddittorio: un giorno spero che tutti i miei "io" si mettano finalmente d'accordo.
Credo che il mondo, e in particolare l'Italia, siano ancora troppo ipocriti: ci rintronano con tanto di quelle cazzate di libertà, da farci diventare fantocci di una cultura censoria. L'uomo potrà essere sé stesso solo quando tornerà ai primordi, nelle caverne, vestito di pelle puzzolente e munito di lancia per proteggere il territorio e figliando a più non posso. Questa è la vera natura del'essere umano, una natura che reprimiamo a causa di quel mucchio di stronzate che è il perbenismo. Su DA ad esempio, molti gruppi mi stanno facendo problemi per la nuova storia del Monaco che sto pubblicando... solo perché si vedono delle vagine. In passato, non so chi, mi segnalò addirittura agli amministratori, che mi eliminarono alcuni disegni, ammonendomi pesantemente. Fare tanto casino per delle vagine, quando poi è da lì che usciamo... dopotutto cosa ci può essere di più artistico di una fica di donna? Son così belline, simmetriche e armoniche e sicuramente esteticamente migliori di quel batacchio penzolante che noi maschietti ci portiamo tra le gambe...

Ordunque, dopo aver discusso del più e del meno, tessendo anche le lodi dell'apparato genitale femminile, giunge infine il momento di accomiatarsi, e potrei lasciarvi con la solita menata del "chi non scopa a capodanno, non scopa tutto l'anno", (in ogni caso, se ne avete l'opportunità, dateci dentro!), ma invece l'unica cosa che mi sento sinceramente di dirvi è questa



Oh, sì: Love & Peace, gente!!! Sarà un po' hippy, ma forse proprio per questo mi piace. Ci vediamo il prossimo anno, che poi è domani! Statemi bene! :)


mercoledì 16 dicembre 2015

Film che consiglio - Speciale Natalizio

Ah, Natale. Festa di gioia, armonia, fratellanza e... consumismo: io ho già speso un bel po' per i regalini a quelle piccole sanguisughe dei miei nipotini... voi? In ogni caso, Natale non è una bella festa senza qualche bella storia natalizia, quindi ecco che tornano i miei consigli filmici per la vigilia... o anche un po' prima. Cominciamo!

Canto di Natale di Topolino



Avreste mai pensato che un sociopatico come me adora i film Disney? Ebbene sì, uno dei miei preferiti è "Koda, fratello orso".
Eppure, quando vien Natale, non posso fare a meno di ridare un'occhiata anche a questo classico, dove il "Canto di Natale" di Dickens viene trasposto in animazione con i personaggi Disney che interpretano i protagonisti dell'opera: Topolino diventa, così, il povero Bob Cratchit, mentre a zio Paperone tocca ovviamente la parte dell'avaro (e ricchissimo) Ebenezer Scrooge. Un filmettino carino che sa anche far commuovere! Eh, sì, mi vengon giù proprio le lacrimucce!

The Nightmare before Christmas


Un altro piccolo classico di natale, nato da un'idea di Tim Burton, e diretto da Henry Selick: il film vede protagonista Jack Skeletron (Skellington in originale), patrono di Halloween, rimanere così affascinato dalla festività del Natale da volerla "rubare" a Santa Claus, così da sostituirsi a lui e portare doni ai bimbi... peccato che i regali provenienti dalla macabra terra di Halloween siano stregati e cerchino di attaccare i bambini! A tratti inquietante, il film è diventato un cult anche nell'ambiente emo... dove tra l'altro, parlando con qualche emo, ho avuto modo di constatare come nessuno di loro sappia effettivamente di cosa parli il film... in ogni caso, chiudendo questa parentesi, la pellicola va assolutamente recuperata, soprattutto per le belle canzoni di Danny Elfman (e ve lo dice uno a cui i musical non piacciono moltissimo) magistralmente interpretate in italiano da Renato Zero.

Gremlins

Non esporlo alla luce, non bagnarlo con l'acqua e soprattutto non dargli mai da mangiare dopo la mezzanotte, altrimenti vedrai il tuo adorabile mogwai trasformarsi in un piccolo e bastardissimo Gremlin! Proprio come accade al giovane Billy la viglia di Natale: il padre gli ha comprato un nuovo cucciolo, il mogwai Gizmo, ma la sua disattenzione nel badargli porta alla nascita dei crudeli Gremlins, che metteranno a ferro e fuoco tutta la città! Starà a Billy e Gizmo fermare questi mostriciattoli voraci e dispettosi. "Gremlins" è sicuramente il film per ragazzi più inquietante mai realizzato, dato che si tinge ben presto di atmosfere orrorifiche. Inoltre si tratta soprattutto di un film sulle responsabilità e sulle conseguenze che si pagano quando si decide di fare le cose in maniera superficiale. Joe Dante ci regala un classico di Natale, che indubbiamente fa riflettere molti. Recuperatelo!

Una poltrona per due

   

Dan Aykroid interpreta Louis Winthorpe III, un ricco e viziato agente di cambio. Eddie Murphy è invece Billy Ray Valantine, uno scaltro truffatore di strada senza un soldo in tasca. La loro vita cambierà a causa di una scommessa dei ricchissimi e spietati fratelli Duke: può l'ambiente trasformare un uomo in un criminale e l'altro in un onesto cittadino? Winthorpe e Valantine lo scopriranno a loro spese, divenendo cavie per un esperimento sociale, che alla vigilia di Natale butterà uno in mezza ad una strada, e l'altro ai vertici della società. Quando scopriranno il mal fatto, entrambi decideranno di coalizzarsi per rendere pan per focaccia ai due vecchiacci Duke. La commedia di John  Landis è ricordata da molti, principalmente, per le tette della Curtis, ma io trovo anche molto interessante la riflessione sociale che ne fa il regista, ovvero quanto influisce su un individuo l'ambiente che lo circonda... voi siete certi di essere quello che siete solo in base alle vostre qualità? o conta anche dove si è nati e cresciuti?

Trasporto eccezionale - Un racconto di Natale

 
E se Babbo Natale non fosse così buono come dicono? E se fosse invece un demone spaventoso? E se gli elfi di cui lui si fregia fossero anziani umanoidi mangiatori di carne... umana? Da queste premesse parte l'avventura del piccolo Pietari, che scopre come il "caro" Babbo Natale sia imprigionato da tempo immemore nei ghiacciai, e stia per risvegliarsi per portare scompiglio e distruzione nel mondo e cibarsi letteralmente dei bambini (sì, un po' come i demoni di Go Nagai). Starà a lui fermarlo, insieme al padre, prima che sia troppo tardi. Il film, di produzione finlandese, è folle al punto giusto (oltre che girato benissimo), e inquietante quanto basta perché i bambini decidano di fare i buoni per tutti gli anni a venire... affinché Babbo Natale non li divori!

Natale in casa Cupiello


Sebbene non sia propriamente un film, ma un'opera teatrale, qui a Napoli è praticamente un'usanza culturale guardarsi alla vigilia "Natale in casa Cupiello". Non c'è casa che non abbia una copia in DVD dell'opera di Eduardo, che mette in scena le (di)savventure natalizie della famiglia Cupiello, con a capo Luca, eterno fanciullo interessato solo al suo presepe, a cui la moglie tiene nascoste la maggior parte delle brutture famigliari, come l'amante della figlia, che inconsapevolmente Luca invita a cena, insieme al di lei marito. Sebbene nasca come una commedia, la storia è intrisa di una raggelante malinconia, che spinge a riflettere su come le festività non siano altro che una maschera indossata dal mondo per nascondere le lordure della vita.


E con questo vi saluto. Buon Natale e buone feste. Ci sentiamo! Va' che mentre scrivo spero di guarire presto dal dannato raffreddore che mi attanaglia ogni inverno!

domenica 13 dicembre 2015

Il Monaco su "Arte Deviante"

Ho cominciato a pubblicare le pagine della nuova storia del Monaco sulla mia DA (qui). Al momento sono visibili solo le prime due, ma continuerò a pubblicarle. Per completezza le pubblico anche qui. In ogni caso, se non siete iscritti a DA non potrete visionare le pagine censurate (su questo DA è piuttosto rigido... una volta mi sono visto persino eliminare alcune cose che avevo disegnato...), ma niente panico. Arriveranno sul blog anche in versione integrale! :)



Spero vi piacciano, alla prossima!

sabato 5 dicembre 2015

Il Monaco 3 - preview: Miriam

La prima parte del terzo volume è prossima alla pubblicazione. Voglio quindi mostrarvi un paio di anticipazioni (che tali sono, quindi perdonerete la loro incompletezza), che hanno il compito di presentarvi Miriam, uno dei personaggi importanti di questo terzo numero. Miriam gestisce una locanda e il suo lavoro, nonostante l'abbia resa piuttosto cinica, ha fortificato il suo spirito. Accompagnerà il Monaco per questa sua avventura.




Spero che Miriam vi piaccia, la vedrete presto appena la prima parte sarà completa. Ci sentiamo!

mercoledì 25 novembre 2015

I mercati del fumetto

Credo che sia utile, per chi vuole intraprendere il lavoro di fumettista, avere alcuni utili consigli: innanzitutto serve forza e perseveranza (purché non sfocino nella follia, sennò vi ritrovate con una mente malata come la mia)... l'umiltà la imparerete strada facendo, nessuno pretende che siate umili... scommetto che molti di voi non sanno manco cosa significa! Ma ci arriverete! Inoltre dovrete preparavi ad accettare numerosi no e tanti forse, ma se questo è quello che sentite di voler fare, allora resistete. Pensare che io mi sono dato a questo mestiere perché sono andato ad esclusione, dato che qualcosa nella vita si deve pur fare: il lavoro di ragioniere mi avrebbe spinto al suicidio dopo una mezz'oretta buona, mentre purtroppo la mia esile prestanza non mi ha permesso di darmi al porno (quest'ultimo lavoro mi avrebbe reso eternamente felice!).

Come prima cosa credo sia utile valutare i maggiori mercati a cui rivolgere le proprie attenzioni, questo anche in base al proprio background, ovvero se siete solo interessati a disegnare, o magari a sceneggiare, oppure se considerate voi stessi autori completi e intendete presentare dei lavori realizzati interamente con le vostre forze.
  
Italia
Per chi nasce in Italia, il mercato italiano è, per forza di cose, la prima scelta ovvia; a meno che non siate affermati, le paghe sono molto basse e qualora voleste affrontare la carriera di autore completo, il mercato purtroppo non offre sbocchi significativi, ecco perché molti pubblicano storie sui propri blog sperando di essere notati (tipo il sottoscritto): oggi giorno, molte case editrici preferiscono declinare la pubblicazione si progetti altrui, perché non ben disposte verso idee che potrebbero essere solo uno spreco di soldi e non portare profitti (in ogni caso, sono stato testimone di alcune idee decisamente più interessanti di quelle proposte dalla casa editrice, venir comunque cassate, perché boh, all'editor gli girava così).
Per molti che cercano lavoro in Italia, il primo publisher a cui ci si rivolge è ovviamente la Bonelli: da quando il grande Sergio è venuto a mancare non la seguo più e so che con l'avvento del Recchione lì, sono cambiate molte cose, anche se a grandi linee la direzione è rimasta la stessa. I miei maestri mi dicevano che lavorare per Bonelli significava stare bene a vita e non preoccuparsi più dei soldi... avevano ed hanno ragione. La Bonelli è probabilmente, in Italia almeno, la casa editrice che paga di più: c'è addirittura chi vive realizzando solo cover mensili, anziché interi albi. Il pagamento dipende ovviamente anche dalla serie sulla quale si lavora e, come al solito, da quanto siete affermati: fino a qualche anno fa, Tex, era il fumetto con il maggior numero di copie vendute (e quello anche più pagato), oggi, non saprei. Ci fu comunque, tempi addietro, un periodo in cui Dylan Dog superò persino la tiratura del noto ranger, tant'è che furono aumentati gli stipendi di chiunque ci lavorasse: allora, realizzare anche un solo albo di Dyd, significava comprarsi una casa e uno yacht pronti contanti... so che molti di voi hanno già l'acquolina in bocca, e magari sognano ad occhi aperti le fiere in cui essere trattati da nababbi e superstar, ma dovete considerare il problema maggiore: riuscire ad entrarci in Bonelli! Eh, sì, perché bisogna trovarsi al posto giusto e al momento giusto, oppure, più semplicemente, essere davvero bravi (c'ho provato anche io, qui la mia esperienza).
Inoltre Bonelli continua a tenere una certa rigidità nella struttura della pagina, che va da un minimo di 6 vignette ad un massimo di 9: non è possibile sbordare, né azzardare troppe inquadrature all'americana (questa era proprio una cosa che Sergio Bonelli detestava). Certo, questo standard ha influenzato parecchi editor "nati" dopo, tant'è che ormai si parla di gabbia Bonelliana.
In ogni caso, stanno sorgendo nuove realtà editoriali, piccole case editrici, che potrebbero essere utili per farvi le ossa e lanciare la vostra carriera. Dopotutto da qualche parte dovete cominciare (io ho cominciato dai quotidiani). Potreste rivolgervi alla Cagliostro (se siete autori completi, statene alla larga, perché al momento Cagliostro pubblica solo prodotti propri), alla Tunué, e via dicendo. Contattarli anche tramite i social network non costa nulla, e se sono educati e interessati vi risponderanno. Insomma, cercate e provate.  

Francia
Dopo l'Italia c'è la Francia, quale piatto più ambito per molti professionisti. Il mercato francese è sempre molto aperto a nuove proposte editoriali e predilige tutti gli stili: chi non trova lavoro in Italia può provare a contattare un editor francese (anche perché molte case editrici francesi pubblicano anche in altre regioni, come la Spagna... nel senso che hanno filiali anche lì!). La Soleil la fa da padrone, ma c'è ne sono tante altre; su Wikipedia c'è un bell'elenco a cui vi rimando qui.
La gabbia delle loro pagine è molto libera, in quanto è possibile sbordare, portare le figure fuori dalle vignette e via dicendo. Inoltre tutti i loro albi sono sempre di grande formato e a colori, anche se non è raro che venga prodotta una copia in b/n per valorizzare il tratto del disegnatore, quando incredibilmente bravo, così che i lettori possano apprezzarne i disegni al naturale. Le pagine degli albi non superano mai la cinquantina (variando tra 40 e 48), e questi sono solitamente quasi sempre cartonati, come i libri (ciò che apprezzo del mercato francese è che loro ci tengono davvero tanto al fumetto e alle arti in generale e le rispettano oltre ogni misura). La paga è decisamente più alta che in Italia, tant'è che la retribuzione di una singola tavola equivale a due della Bonelli... non male. Anche il numero di vendite, talvolta, supera quello italiano: Vittorio Giardino, ad esempio, in Francia vende il triplo, di quanto vende in Italia! Il punto è che per lavorare in Francia dovete davvero aver fatto colpo, altrimenti col cavolo che si scomodano a venirvi a cercare!

America 
L'America è il sogno di tutti. Persino gli esordienti vengono retribuiti il giusto e anche le piccole case editrici pagano bene... io vengo pagato, ad esempio, quanto un mio amico che lavora per l'Aspen Comics: non molto, ma neanche poco...
Se volete essere pagati tanto, però, dovete dirigervi verso le produzioni grosse, e contattare Marvel e DC. Un esordiente (nel senso che esordisce sulle loro testate, ma che ha già all'attivo qualche altro lavoro) in DC viene pagato 300 dollari a pagina... figuratevi un professionista con i controcazzi... ovvio, poi, che più sei famoso, più puoi tirare sul prezzo e battere cassa: c'è chi si fa pagare a peso d'oro anche solo le matite. Le super star guadagnano davvero tanto... ma appunto, dovete essere delle super star. In ogni caso contattare una casa editrice americana non è così difficile come può sembrare, gli americani inoltre sono sempre molto aperti a nuove proposte e il loro mercato è talmente vasto che cercano sempre nuovi disegnatori. Potreste provarci. ma occhio al fuso orario, contattateli sempre dopo le sei del pomeriggio (se la casa editrice a cui vi rivolgete è della California)... io non ci credevo a questa regola quando mi è stata detta, ma poi ho potuto constatare la sua veridicità!

Giappone
Molti di voi sono fissati con i manga, oggi giorno... il problema è che se volete disegnare manga, dovete trasferirvi in Giappone... perché i manga vengono prodotti solo lì!
Molti esordienti oggi cercano d'imparare lo "stile manga", senza comprendere che il manga non è uno stile: il manga è il fumetto giapponese. Punto. Al massimo potreste ispirarvi ad un autore che disegna manga, ma non è la stessa cosa. Nonostante Ryoichi Ikegami, abbia uno stile iperrealista, disegna manga perché è giapponese e lavora in Giappone! Toglietevi dalla testa di fare manga, se vivete in Italia o in qualche altro posto che non sia il Giappone. Inoltre, lavorare nella terra del sol levante comporta anche numerosi stress, perché i ritmi di realizzazione di un albo sono molto più frenetici che in occidente (e soprattutto c'è un numero maggiore di pagine, che talvolta sfiora le 200!): lessi un'intervista di Akira Toriyama il quale sosteneva di avere dormito solo 20 minuti in una singola settimana, pur di consegnare le tavole... talvolta i mangaka sono persino costretti a pernottare nei propri studi, insieme agli assistenti, che vengono assunti per agevolare il lavoro, realizzando sfondi e personaggi secondari (insomma, tipo colonia). Gli assistenti, però, ti vengono dati solo quando cominci ad essere affermato, altrimenti nada; persino la paga è proporzionale alla fama, e ugualmente non altissima (a meno che non sei Go Nagai). Certo, lì in Giappone c'è sempre la valida soddisfazione di veder realizzati degli anime dalle proprie opere, quando queste raccolgono consensi... un motivo in più per trasferirmi lì: pensate ad un anime del Monaco! Un sogno che si realizza! :D
Comunque sia, per comprendere appieno la realtà editoriale giapponese, vi consiglio un fumetto chiamato "Bakuman", ambientato proprio nel mondo dei mangaka e che spiega numerosi retroscena sulla realizzazione dei manga, sulla disponibilità degli editor e via dicendo (e soprattutto su come vengono divisi gli introiti tra gli autori). Recuperatelo, perché potreste trovare numerose risposte alle vostre domande.

Per il momento è tutto. Magari la prossima volta vi dirò come provare a presentarvi in maniera decente ad una casa editrice (dato che di presentazioni, io, ne ho fatte parecchie).

venerdì 13 novembre 2015

Spectre - Le mie impressioni

Se non sapessi che il regista di Spectre è Sam Mendes (vincitore premio Oscar per American Beauty), io vi direi, senza indugio alcuno, che il film sembra diretto da Michael Bay alla sua prova migliore... 

 
Spectre si apre nel bel mezzo del giorno dei morti, in Messico, con i dieci minuti iniziali più spettacolari che ho visto ultimamente in un film... seguiti poi dall'intro più brutto che ho visto in una pellicola su Bond (e dopo quello di "Bersaglio Mobile", credevo non si potesse fare di peggio), coadiuvata da una canzone davvero orribile (non me ne voglia Sam Smith... ma che non osi più avvicinarsi ad un film di 007!). 
La formula degli spettacolari dieci minuti iniziali viene poi ripetuta fino alla nausea per tutte e due le ore di girato, sacrificando per buona parte la credibilità scenica che si era riusciti a costruire nei film precedenti: Bond salta, si lancia da edifici, si sfracella con aeroplani, e sempre senza un graffio, uscendo praticamente illeso da ogni situazione, manco fosse l'uomo d'acciaio; inoltre tutti i suoi nemici sono affetti da devastanti cataratte, dato che quando provano a sparargli non riescono mai a colpirlo, persino da distanza ravvicinata; invece a lui basta un singolo colpo per mettere fuori combattimento tutti quanti (per non parlare del fatto che riesce ad abbattere un elicottero con... una pistola). Insomma, se la cosa funziona per almeno mezz'ora, ed è anche divertente da vedere, dopo un po' viene a noia, perché sappiamo che tanto non gli capiterà mai nulla... quindi che senso ha seguire le avventure di un uomo (se così possiamo chiamarlo) praticamente invincibile? Soprattutto se queste avventure sono prive di colpi di scena, con personaggi buttati un po' nel mezzo perché boh, così facciamo numero, concatenati da situazioni che si susseguono in modo pressoché identico e con dialoghi al limite del ridicolo (se io dicessi le stesse puttanate che 007 dice alle donne per sedurle, mi beccherei un paio di schiaffi... lui se le porta a letto, invece). 
Inoltre, la Spectre del titolo non sembra costituire una grande minaccia, come almeno si evinceva dal trailer, e il suo legame con i villains dei film precedenti è piuttosto forzato, anzi: sembra proprio attaccato con lo sputo. Mentre ci dirigiamo stancamente al finale, neanche Christoph Waltz (che qui, nei panni di Blofeld, gigioneggia un po' troppo, dando vita ad un cattivo un po' "anonimo") riesce a risollevare le sorti di un film che sembra piuttosto un episodio ad alto budget di una serie televisiva, che un prodotto per il grande schermo.
Non ci fa una figura migliore l'Italia, dove viene mostrata una Roma eccessivamente patinata, piena di stereotipi, a cominciare dalla Bellucci, che, per inciso, continua a non farsi doppiare... fortunatamente il suo personaggio entra in scena per un paio di sequenze, giusto il tempo di farsi sbattere da Bond e poi via, verso nuove avventure.
Tirando le somme, si tratta di un mero prodotto d'intrattenimento, nulla di più, nulla di meno, e va visto come tale: se cercate un film con una storia solida e un cattivo eccezionale, rimarrete delusi, forse cercherete di salvare capra e cavoli se siete fan sfegatati di 007, ma per il resto si tratta di una pellicola abbastanza mediocre, che a stento raggiunge la sufficienza.             

mercoledì 11 novembre 2015

Film che consiglio - Speciale Spaghetti Western

Ordunque, rieccoci all'ennesimo speciale della nostra bella rubrica. Stavolta affronterò i classici del western all'italiana, detti volgarmente "Spaghetti Western". Eviterò di citarvi i soliti, tipo la filmografia di Sergio Leone, che ormai tutti dovrebbero aver visto e stravisto, ed eviterò pure Django che, grazie al film di Tarantino, ormai conoscono tutti... pensate che una volta, quando chiedevo: "Conoscete Django?", la gente pensava che mi riferissi ad un transessuale cubano...

Vamos a matar compañeros



Un piccolo cult diretto da Corbucci (il regista del già citato Django). Io lo guardavo sempre da piccolo, dato che lo proiettavano in continuazione, anche un paio di volte a settimana, su Italia 7 (un canale che ormai non esiste più). La storia in breve: Durante la rivoluzione messicana, s'intrecciano le vite di due gueriglieri, ovvero il rivoluzionario messicano "El Vasco" (Tomas MIlian), e il mercenario svedese Yodalf Peterson (Franco Nero), entrambi agli ordini del generale Mongo, i quali vengono spediti in missione per recuperare il professor Xantos e impossessarsi della combinazione per aprire così la sua cassaforte "colma" di ricchezze. Durante il viaggio, i due, ne passeranno di cotte e di crude, accompagnati dalla bella colonna sonora di Morricone (per me indimenticabile). Il personaggio di Milian è simpaticissimo (mantiene quasi tutto il film sulle sue spalle), e la regia di Corbucci funziona a dovere. Quindi, se non l'avete mai visto, recuperatelo. 
Prima di passare al prossimo, ho un piccolo appello da fare: posso chiedere alla Cecchi Gori di distribuire un'edizione DVD migliore (questa volta davvero con audio e video restaurati), e di correggere, per favore, l'eclatante errore che si trova sul supporto?


Ma davvero? Cioè, sul serio? E lo dico con tutto il rispetto per Lenzi...
      

Faccia a faccia



Il film di Sergio Sollima (padre di Stefano, regista di Suburra, Gomorra, A.C.A.B. e compagnia bella) presenta un intreccio piuttosto atipico e psicologico, ed evidenzia quanto l'uomo, anche apparentemente il più pacifico e pacato, nasconda in sé un distruttivo lato oscuro. In questo caso, l'uomo pacato è un mite professore interpretato dal sempre grande Gian Maria Volontè che, rapito dal violento bandito Solomon Bennet (ancora Milian), ne rimarrà talmente affascinato da tramutarsi a sua volta in un uomo malvagio e fanatico, divenendo ancor più spietato del suo "mentore"; allo stesso modo, Milian si lascerà "ammorbidire" dagli iniziali modi gentili del professore. La pellicola mostra insomma uno scambio delle parti, in cui il buono diventa cattivo e viceversa: questa situazione, come si evince, porterà allo scontro inevitabile le due personalità, specchio riflesso della nostra società, in cui e praticamente impossibile distinguere il bene dal male, uno parte integrante dell'altro. Un vero capolavoro che dovreste recuperare.  

I giorni dell'ira




Come la vita c'insegna, talvolta mentore e allievo vengono messi l'uno di fronte all'altro, spinti da motivazioni e ideologie diverse. Il film di Tonino Valerii racconta proprio questo: Giuliano Gemma interpreta un giovane garzone di nome Scott Mary, evitato e preso in giro da tutti. In città, però, arriva uno straniero (il grande Lee Van Cleef) che lo prenderà sotto la sua ala, insegnandogli a sparare e impartendogli 10 lezioni che accompagneranno lo spettatore per tutta la durata del film. Troppo tardi Mary si renderà conto di essersi affidato ad un uomo spietato e senza scrupoli: pur di fermare il suo maestro, il ragazzo sarà costretto a scontrarsi con lui in un duello all'ultimo sangue. Molti riconosceranno la colonna sonora di Riz Ortolani, che è stata inserita da Tarantino nel suo Django.  

I quattro dell'apocalisse




Lucio Fulci, in seguito noto per i suoi horror, confeziona un western crudo e disturbante, evidenziando situazioni surreali e paradossali. I protagonisti sono quattro disadattati (capeggiati dal baro Stubby, interpretato da Fabio Testi), in viaggio verso la libertà, dopo che la città in cui erano stati arrestati viene messa a ferro e a fuoco con il beneplacito dello sceriffo (sue le parole di voler epurare l'intera cittadina). Durante il viaggio accolgono nel loro gruppo un uomo che racconta di essere stato derubato. L'uomo, Chaco (di nuovo Milian), si rivelerà un feroce assassino (un vero e proprio serial killer) che li umilierà e torturerà prima di lasciarli in balia del deserto. A Stubby, non resterà che una sola cosa da fare: trovare Chaco e chiudere il cerchio. Fulci non si smentisce affatto, contaminando il western con l'horror, intingendolo di venature oniriche e crepuscolari. Il film risulta piuttosto originale, e gli appassionati non possono lasciarselo sfuggire. Da recuperare.

E sul film di Fulci io mi commiato. Alla prossima! ;)

giovedì 29 ottobre 2015

Metal Gear Solid V: The Phantom Pain - le mie impressioni

Avevo dieci anni quando giocai al mitico primo capitolo Metal Gear Solid (quello per PSX, nel lontano 98), che ebbe su di me un impatto emozionale incredibile: non ricordo neanche più quante volte l'ho finito (e se dico un centinaio non esagero... certo che da bambino ne avevo di tempo libero). Ovviamente, in quanto killer application (ovvero videogioco che ti costringe a comprare la console analoga pur di giocarlo), MGS riscosse un successo planetario, e questo portò il geniale autore, Hideo Kojima, a progettare una miriade di seguiti, che in taluni casi non ho trovato proprio riusciti, almeno a livello di storytelling (il secondo e il quarto mi hanno deluso abbastanza), mentre altri, li pongo senza problemi al livello del primo (il terzo e Peace Walker per intenderci).
Ora, da poco più di un mese, è arrivato sugli scaffali di tutto il mondo il quinto capitolo, denominato "The Phantom Pain", che riprende le gesta di Big Boss, riallacciandosi così con Snake Eater (il terzo) e Peace Walker (lo so: chi non conosce il gioco, non ci capirà niente, quindi vi rimando alla pagina di wikipedia per una panoramica sull'intera serie qui).
Avendolo portato a termine, mi sento di dire che il gioco è riuscito a metà: alla fine mi ha lasciato con un senso di perplessità e frustrazione, ma da un lato mi sono piaciuti molto alcuni intrecci narrativi che ho ritenuto ingegnosi e carichi di interessanti sofismi.
Siccome non sono sicuro che al momento tutti lo abbiano finito, e mi rendo conto che non potrò fare a meno di lanciarmi in alcune rivelazioni importanti (per chi lo sta ancora giocando), ho deciso di parlarne in due paragrafi differenti: nel primo parlerò delle meccaniche di gioco, nel secondo della storia in dettaglio (quindi, chi vuole evitare spoiler, si tenga alla larga da quest'ultimo). Bene, andiamo ad incominciare.    



Il gioco
Tutto comincia in un tetro ospedale: Big Boss, la "leggenda", è finalmente cosciente, dopo ben nove anni di coma, causato dal devastante attacco avvenuto alla sua base da parte di Cipher... ma anche l'edificio in cui ora sembrerebbe essere al sicuro viene attaccato dalle forze dell'odiato nemico: a Boss, guidato da un misterioso uomo bendato, non resta che fuggire e riorganizzare i suoi schieramenti militari per poter contrattaccare.
Lo strepitoso prologo funge giusto da antipasto, prima di poter sfruttare appieno tutte le nuove meccaniche di gioco: Kojima si diverte con questo piccolo intermezzo dalle atmosfere horror (e si vede la sua voglia di poterne creare uno), utile per introdurre nuovi personaggi (alcuni non così nuovi), al fine poi di scaraventare il giocatore nel vasto mondo di gioco che compone il nuovo MG. Infatti, diversamente dai capitoli precedenti, viene presentata una struttura open world: quindi ci si può muovere liberamente nell'area scelta (tra Afghanistan ed Africa), anche attraverso mezzi di locomozione (una jeep, un cavallo, un camion... un robot bipede), prendendo decisioni di attacco in maniera abbastanza libera... ovviamente non aspettatevi un GTA, l'open word qui viene messo a disposizione delle tematiche dominanti di gioco, ovvero quello dello spionaggio, e di conseguenza limitate alle meccaniche che vengono presentate. In realtà già il terzo capitolo presentava una struttura che avremmo potuto definire aperta, dato che ci si poteva spostare liberamente nella tundra sovietica, ma in questo caso il tutto è portato all'estremo, risultando più funzionale.
Sebbene le missioni proposte non spicchino per originalità (si tratta sempre di andare dal punto A al punto B e recuperare quel soldato o quel mezzo), queste sono altamente rigiocabili, in quanto è possibile riaffrontarle sempre e comunque in maniera diversa, optando sia per un approccio diretto (armi in pugno), che per quello stealth, senza allertare le basi e gli avamposti disseminati per il paese, ma sorprendendo i nemici alle spalle e interrogandoli per ricevere informazioni preziose su materiali e specialisti. Quest'ultimo punto è vitale, perché il gioco vi permette di raccogliere (letteralmente, tramite dei palloni aerostatici denominati fulton) scorte e soldati da mandare alla vostra base (chiamata "Mother Base"), al fine di ampliarla (e ogni reparto ha un compito specifico, come quello di creare oggetti e armi); in effetti ho trovato questa parte gestionale molto riuscita e divertente. Inoltre la base è interamente esplorabile, talmente grande (ampliabile liberamente, scegliendo quale reparto favorire) da doversi spostare in jeep (o in elicottero, volendo), per raggiungerne le varie sezioni. Inoltre è piena di vita: tutti i soldati che raccogliete con il fulton, vengono davvero trasportati alla base, e li vedrete pattugliare le varie zone, parlando anche fra loro del più e del meno.
Tornando alle meccaniche di gioco in campo nemico, segnalo un'abissale differenza rispetto al passato: se nei capitoli precedenti l'infiltrazione nelle basi era esclusivamente in solitaria, adesso è possibile portare con sé una spalla, un aiutante che è possibile scegliere tra 4 candidati, ognuno con una particolare abilità (instaurando con loro un rapporto duraturo, se ne sbloccheranno altre).

La prima spalla che ci viene data è D- Horse


 
Grazie a D-Horse, possiamo spostarci velocemente da una zona all'altra senza dover necessariamente rubare un mezzo (jeep o camion). Inoltre è possibile nascondersi da un lato del cavallo (destra o sinistra a piacimento), quando si è nei pressi di un avamposto, così da non esporsi alla visuale del nemico.

La seconda è D-Dog

D-Dog è un cane lupo in grado di segnalare la presenza di nemici, di scorte e piante, inoltre è in grado di attaccare, se gli viene ordinato, i nemici; è possibile recuperarlo tramite il fulton, in Afghanistan, da cucciolo. Alla base verrà accudito da Ocelot e ci vorrà un po' perché cresca e sia idoneo per i campi di battaglia.

La mia preferita: Quiet


Quiet è un cecchino infallibile (oltre che sexy), che non spiccica una parola (da qui il suo nome in codice), ma mugugna una piacevole nenia quando è in posizione di tiro. Sebbene dapprima sia nostra nemica, s'innamorerà di Big Boss, per poi seguirlo anche in capo al mondo. Quiet ha la capacità di muoversi ad una velocità sorprendente, essendo una sorta di mutante, e di perlustrare per noi avamposti e basi, marcando tutti i nemici nell'area e, ovviamente, di coprirci, qualora le venisse dato l'ordine, grazie all'ausilio del suo fucile.

Ultimo (che io ho utilizzato pochissimo), il D-Walker



Questo robot bipede, su cui possiamo liberamente spostarci, è in grado sia di addormentare che di uccidere i soldati bersaglio, inoltre può muoversi anche silenziosamente per le infiltrazioni.

Ogni spalla è selezionabile all'inizio di ogni missione e interamente personalizzabile (per alcuni, come il cavallo, il cane e Quiet, è possibile anche il cambio di vestiario). Sta a voi decidere quale scegliere.
Tirando le somme sul gameplay, il tutto funziona benissimo ed è calibrato a regola d'arte. Sarebbe quasi impossibile annoiarsi giocando a questo capitolo, vista la vastità e la libertà d'azione che ci è consentita. Su questo, Kojima non delude mai... ovviamente, alcune scelte di storytelling, non strettamente legate all'impostazione ludica, ne hanno minato un po' l'esperienza, ma ne parlerò in dettaglio nel paragrafo successivo.

In ogni caso, il gameplay è supportato da un motore grafico impressionante: il Fox Engine. Il dettaglio visivo e i tocchi di classe si sprecano. I volti sono dettagliatissimi, non si può che rimanere a bocca aperta davanti al viso di Big Boss, ricco di cicatrici, e provvisto di una barba curata fino all'ultimo pelo. Ma il clou si raggiunge nella rifinitura dell'acqua; basta guardare l'oceano che circonda la Mother Base per rimanere stupefatti: sembra vero. Inoltre le pozzanghere che si formano dopo la pioggia, riflettono in maniera molto realistica la luce... semplicemente fantastico. Il motore grafico, paradossalmente, mostra problemi quando ci avviciniamo troppo agli oggetti: basta zoomare sulle calze di Quiet per scorgere un ammasso informe di pixel seghettati. o osservare attentamente le piante per farle diventare cubetti pixellosi. Avendolo giocato old gen, magari questi problemi riguardano solo la mia versione, può darsi che sulle nuove console questo non accada... qualcuno me lo faccia sapere.

Il gioco è, inoltre, accompagnato da una colonna sonora strepitosa (come ogni Metal Gear, del resto): le musiche sono eccezionali (se non l'avete fatto andate ad ascoltare il "Quiet's Theme"), e i rumori delle armi e dei mezzi sono riprodotti in maniera credibile, così come i versi della fauna locale (tra lupi, licaoni, muli, orsi, pecore e via dicendo). Il doppiaggio invece, rimasto in inglese anche da noi (ipocrita di un Kojima, ma ne parlerò sempre nel paragrafo successivo), presenta alti e bassi.
La voce di Big Boss appartiene all'attore Keifer Sutherland (i fan di "24" gioiranno), che devo ammettere risulta adatto al ruolo, con un timbro vocale sporco e vissuto. Inoltre il buon Sutherland ha prestato anche la sua mimica facciale, per rendere la recitazione del personaggio ancora più credibile.

    
Sono dello stesso avviso anche per la bellissima Stefanie Joosten, che non solo ha prestato a Quiet viso e corpo, ma nelle parti finali anche la sua voce dolce ed espressiva (ed è proprio lei che canta il "Quiet's Theme").

Bravi anche Troy Baker come Ocelot e Christopher Randolf su Emmerich, sufficiente Robin Atkin Downes su Miller... da rivedere assolutamente alcuni soldati.
Le voci che però ho trovato particolarmente stucchevoli erano quelle di Paz (Tara Strong) e del villain Skull Face (James Horan): la prima perché suona fin troppo finta e poco naturale (si sente lontano un miglio che è una quarantenne che fa la voce di una quindicenne), la seconda perché troppo limpida e fin troppo impostata per appartenere ad un uomo interamente ustionato, e ciò ne appiattisce l'interpretazione, rendendo il personaggio poco "vero".

La storia    
Oh, ed eccoci qui. Chi non vuole spoiler non vada oltre.
Secondo Kojima, questo Metal Gear avrebbe dovuto mostrare la trasformazione di Big Boss, da leggenda a pericoloso terrorista, conducendolo poi alla creazione della nazione militare chiamata "Outer Heaven", di cui lui è signore e padrone... ovvio che non è vero... in primo luogo, perché il personaggio pilotato dal giocatore non è davvero Big Boss... si tratta del medico di bordo che qualcuno ha già visto in Ground Zeroes (il prologo di The Phantom Pain), e che si sovrappose tra Boss e l'esplosione.
Big Boss ha fatto sì che sul medico, incosciente, venisse applicata una ricostruzione facciale, in modo da avere il suo stesso viso; quindi lo ha ipnotizzato perché credesse di essere lui, così da utilizzarlo come specchietto per le allodole, in modo da fuggire e fondare in tutta tranquillità e sicurezza la sua città Stato... ma questo, si evince solo alla fine... di Outer Heaven non si parlerà mai durante il gioco! Lo scopo del giocatore è quello di vendicarsi di Skull Face, che nove anni prima (durante gli eventi di Ground Zeroes) distrusse la Mother Base. Tutti sono innamorati di una menzogna, Quiet compresa. Questo perché è più semplice manipolare la realtà e costruire una bugia talmente credibile da risultare autentica agli occhi del mondo, piuttosto che sostenere la verità, per quanto dolorosa sia.
Infatti, non capisco il motivo di farmi rifare l'intero livello (quello dell'ospedale) tutto daccapo, e solo per sbloccare la sequenza finale... avrebbe avuto più senso giocarlo, stavolta, dal punto di vista del vero Big Boss, ovvero Ishmael, l'uomo bendato che porta l'impostore fuori dall'ospedale. Queste scelte "registiche" hanno reso monotono il gameplay in alcuni punti, facendo ripetere interi livelli senza un buon motivo (perché dovrei rifarmi le stesse missioni ad un grado di difficoltà più elevato? Non ho più l'età per queste cose...)
Inoltre questo "Big Boss" è fin troppo "buono"... non farà mai nulla di davvero cattivo nel gioco, e quando lo fa è perché ci è costretto, non perché sia diventato spietato o malvagio. Non evolve mai, in realtà come personaggio è abbastanza piatto.
Al contrario, Quiet, personaggio che non parla mai, risulta quello più caratterizzato, mostrando un lato tenero estremamente credibile (bella la scena, ad esempio, quando lei "gioca" con Big Boss, schizzandogli l'acqua addosso), come è anche toccante e intensa la sequenza del suo addio, sulle note del Quiet's Theme, che risulta essere l'esternazione dei suoi sentimenti verso colui che lei crede essere Big Boss ("Tu mi hai lasciato vivere, mi hai reso libera, mi hai fatto entrare").
In effetti il gioco è pieno di bei momenti, davvero ben scritti, ma solo quando presi singolarmente, perché faticano a legarsi l'uno all'altro, nella complessità della storia. Sembra come se mancassero dei pezzi, come se la narrazione, in un certo senso, fosse monca (lo so, manca l'ultima missione, quella con Liquid, ho visto il filmato, ma anche gli intermezzi mi sembrano buttati lì a caso). So degli intrallazzi tra Kojima e la Konami, ma non credo che il designer si sia trovato costretto a tagliare metà gioco (che già di suo dura parecchio... ci ho messo un mese per finirlo). Semplicemente credo che egli stesso non abbia capito come fondere in maniera soddisfacente l'open world con lo storytelling che aveva progettato. Tutto qui.
Per quanto riguarda i sofismi di cui parlavo, il gioco gira attorno alle parole del filosofo rumeno Emil Cioran (che io non conoscevo... poi dicono che i giochi non servono a nulla...), ovvero che "Noi non abitiamo in una nazione, ma in una lingua. Quindi solo la nostra lingua madre è la nostra vera patria", una frase splendida, che io trovo anche abbastanza veritiera. Infatti Skull Face, il villain, ha intenzione di sprigionare un virus delle corde vocali, che si attiva solo quando viene parlata una determinata lingua, in questo caso l'inglese, che è diventata col tempo la lingua franca del mondo. Il suo obiettivo è fermare la lingua inglese, perché tutti siano liberi di parlare il proprio idioma, e di dover imparare un linguaggio non perché si sia costretti, ma perché si ha voglia di farlo. Devo dire che questo passaggio è grandioso, e nel gioco funziona anche abbastanza bene. Inoltre fa riflettere: io, paradossalmente, non posso che trovarmi d'accordo con Skull Face... solo che l'intero sofisma va in frantumi grazie alle scelte commerciali di quell'americanofilo di Kojima: se da un lato lui ci dice che è giusto preservare i propri usi e costumi (compresa la lingua), dall'altro è ben disposto a sacrificare per il denaro, contraddicendosi, la propria dignità, anche parlando una lingua che non è la sua. La scelta di non far doppiare Metal Gear in tutte le lingue (almeno le più importanti, l'italiano, il francese, il tedesco e lo spagnolo) è da parte sua una forte ipocrisia, soprattutto per i temi trattati in questo capitolo, in quanto si è costretti, senza scelta alcuna, a seguire la narrazione con i sottotitoli (guardate che in Giappone, comunque, lui il gioco se lo fa doppiare nella sua lingua... ipocrita), mostrando, secondo me, anche poco rispetto per gli idiomi altrui. Kubrick seguiva personalmente la traduzione e il doppiaggio dei suoi film in tutte le lingue (a volte sceglieva lui stesso i doppiatori), perché non puoi farlo tu, che Kubrick comunque non sei? Io lo troverei stimolante: scegliere voci adatte per i personaggi in altre lingue e seguirne, anche a distanza, la lavorazione. Dove starebbe il problema? Se noi vogliamo davvero internazionalizzarci dovremmo preservare tutte le lingue, non solo nei testi, ma soprattutto nel parlato. Altrimenti non avrebbe senso, la lingua morrebbe lo stesso. Io posso imparare l'inglese, assolutamente, non c'è problema, ma cosa costa ad un inglese imparare l'italiano? O lo spagnolo? O il tedesco?

Detto ciò non ho altro da aggiungere. Queste sono le mie impressioni, forse un po' lunghette; fatemi sapere cosa ne pensate, se ne avete voglia. Tirando le somme il gioco mi ha divertito parecchio, e mi ha dato da riflettere, sebbene qualche passaggio nella storia fosse da rivedere, secondo me. Un capolavoro? Nì, siamo lontani, ma sicuramente Metal Gear rappresenta (come ha sempre rappresentato) la nuova frontiera dei videogiochi e dell'intrattenimento in generale. Di più non saprei cosa dire. Grazie di essere arrivati fin qui. ;)

Ciaoz  


martedì 27 ottobre 2015

Il Monaco 3 - prossimamente

Uff, che fatica...
La nuova storia del Monaco procede, e forse potreste anche riuscire a vederla per novembre, almeno la prima parte. In realtà avrei già potuto finirla, ma alcune cose mi hanno tenuto impegnato, tipo il mio lavoro su Caged Birds... e va bene lo ammetto: anche Metal Gear Solid V! Quiet, TI AMOOOOOOOOOOO! Ecco, l'ho detto...
Comunque sia, la storia che vi presenterò sarà molto importante, perché comincerà a gettare un po' di luce sulla presunta identità del Monaco... okay, è un guerriero e un mercenario... ma chi è, davvero? Inoltre sarà molto violenta, dato che presenterò un villain abbastanza sadico. In ogni caso vi lascio alle immagini che, sebbene siano ancora incomplete (ci sto ancora lavorando, dopotutto), parleranno da sole.






Spero vi siano piaciute, grazie a tutti e alla prossima!

Ciaoz





 

domenica 25 ottobre 2015

Suburra - Le mie impressioni

Stefano Sollima, figlio del grande Sergio, è probabilmente una delle nuove grandi leve del'intrattenimento cinematografico e televisivo italiano, che meriterebbe maggiori elogi anche all'estero. Avendo trovato eccezionali i suoi lavori precedenti (Romanzo Criminale, Gomorra e A.C.A.B.), auspicavo che anche questo "Suburra" non fosse da meno... e sono stato fortunatamente accontentato (ma credo invece di dover ringraziare le grandi doti registiche di Sollima).


Per chi non lo sapesse, la Suburra era un imponente quartiere dell'antica Roma, popolato da persone che vivevano in condizioni miserabili, e che ovviamente, per poter sopravvivere, si dilettavano in attività non del tutto legali. Il termine Suburra, quindi, ancora oggi, indica un luogo malsano, teatro di crimini, di malefatte.
Difatti, il film, racconta una realtà romana dei giorni nostri, estremamente depravata, dove la criminalità è sapientemente integrata anche nella politica e s'intrecciano le vite di più persone (un onorevole corrotto, un potente capofamiglia, un cardinale, uno strozzino, un giovane boss in ascesa), coinvolte nella realizzazione di un obiettivo comune, tra intrighi, prostituzione e omicidi.
La regia di Sollima è semplicemente ottima: a volte non sembra di guardare un film italiano, per quanto siano "azzardate" e moderne le riprese di un inseguimento in auto, o quelle di una sparatoria al supermercato. Inoltre il regista guida con mano sicura tutta la narrazione, rendendola compatta e mai confusionaria, delineando dei personaggi davvero interessanti, non solo caratterizzati talvolta dal loro bizzarro vestiario (basta vedere "Numero 8", punk fino al midollo), ma anche interpretati con estremo carisma e impegno da parte degli attori (è grandioso persino Amendola, che a me il suo lavoro non è mai andato troppo a genio).
Si tratta di una pellicola molto dinamica, che non annoia per nulla, dove le pause vengono usate sapientemente e alla fine riesce anche a far riflettere su quanto siano poco veritiere le informazioni che ci vengono propinate dallo Stato; se c'è un film italiano che vale i vostri soldi, allora questo è proprio Suburra, non dovete assolutamente perderlo! Per me è questo il nuovo cinema italiano!
Il mio voto? Sarei propenso per un 8, ma voglio essere generoso, facciamo un bel 9!

venerdì 23 ottobre 2015

Fumetti che consiglio 5

Bentornati ai nostri consigli a fumetti. Prima di cominciare vi rimando agli arretrati quiquiqui e qui

Necropolis (Dylan Dog)


Questo albo di Dylan Dog, scritto da Paola Barbato (che secondo me sarebbe stata una curatrice migliore, piuttosto che il Recchioni), vede il protagonista essere catturato, a causa di un presunto scambio di persona, ed essere buttato all'interno di un istituto di rieducazione criminale (chiamato "Necropolis"), in cui i detenuti possono solo chiamarsi per numero, senza sfiorarsi nemmeno con un dito. Ad ogni modo, i detenuti, tramite il loro comportamento, possono scalare una sorta di gerarchia e avere accesso così a comfort sempre maggiori (persino un lavoro), senza doversi preoccupare di nulla. Si può quasi essere felici a Necropolis,.. ma Dylan se ne starà buono e zitto? E se si trovasse nel bel mezzo di una macchinazione molto più grande di quella che lui crede? Leggetelo e lo scoprirete, perché vale la pena di spendere un po' del proprio tempo su questo piccolo capolavoro!

Violence Jack

Un devastante terremoto ha sconvolto il Kanto, isolando la regione dal resto del mondo: in queste terre, lasciate dal governo in balia di sé stesse e ormai brutalizzate dalla violenza dei sopravvissuti, si aggira Violence Jack, un misterioso gigante dai denti acuminati armato di un gigantesco pugnale, il jackknife.
Jack si rivela parte integrante della violenza che lo circonda, e schiaccia chiunque osi mettersi sulla sua strada. Ma chi è davvero? E cosa sta cercando?
La particolarità del manga è che, benché ricordi alla lontana le atmosfere di Kenshiro, il tutto è reso in maniera credibile e non c'è stato alcun disastro nucleare: infatti è la natura che si è abbattuta sul Kanto, devastando ogni cosa; nel resto del mondo le persone vivono normalmente le loro esistenze, mentre i politici decidono di scordarsi definitivamente di fornire supporto e assistenza ad una regione che ne avrebbe bisogno, quasi a nascondere una macchia infamante della società urbana, ormai sconquassata da stupri, saccheggi e omicidi. Go Nagai realizza con questa serie una sottile satira sociale, esternata anche dalla violenza del protagonista, che si rifiuta di pagare il conto in un bar malfamato gestito da yakuza, perché "senza un governo, il denaro non ha più valore, e in un mondo così, l'unica moneta di scambio è la violenza".
Per gli appassionati segnalo anche una serie di tre violentissimi OAV, ormai fuori commercio, in cui Jack è doppiato dal nostro Francesco "René Ferretti" Pannofino.

V for Vendetta

Alan Moore è sempre stato avanti, c'è poco da fare, e come critica al governo della Tatcher, realizza "V for Vendetta". La storia è ambientata in una realtà alternativa, che vede l'Inghilterra essere governata in maniera violenta e distopica. V è un terrorista anarchico deciso a minare dalle fondamenta questa crudele realtà e va in giro con il volto coperto da una maschera che riproduce le fattezze di Guy Fawkes, un cospiratore che cercò di far esplodere la camera dei lord il 5 novembre 1605. Al lettore non è data la possibilità di vedere il  volto di V, che non viene mai mostrato se non in una sola occasione (e anche in quel caso il viso è disegnato in penombra). Così, lo stesso V diventa un simbolo, quello della ribellione contro i tiranni, in quanto non è l'uomo che c'è dietro la maschera ad essere importante, quanto l'idea che la sostiene, e le idee sono a prova di proiettile. Molti di voi potrebbero solo aver visionato il film di qualche anno fa, che snatura un po' alcuni concetti dell'opera originale (in quanto nella pellicola V è sfigurato, ma nel fumetto non lo è), quindi recuperate assolutamente questo capolavoro, ormai leggendario, che ha ispirato anche numerosi gruppi di attivisti (gli anonymous, per dirne uno).  

Succubi

Direttamente dalla Francia è finalmente sbarcato in Italia "Succubi", una serie di albi, composti da più storie, che vedono protagonista una setta, quelle delle succubi, influenzare le sorti dell'umanità da dietro le quinte, cercando anche di rivalutare la figura femminile. L'impostazione narrativa, che ricorda un po' quella di Assassin's Creed, permette una certa libertà creativa, riducendo così l'effetto noia (sia del lettore che dello sceneggiatore), dato che vengono mostrati diversi periodi storici e diversi protagonisti. Ad ogni modo il tutto è scritto davvero bene, e tra i disegnatori si annoverano diversi talenti italiani. La colorazione è davvero fantastica e valorizza i disegni (in taluni casi addirittura li migliora). Insomma da provare, soprattutto se vi piace la storia.


martedì 13 ottobre 2015

Il Monaco - pagina facebook

Ed eccoci qui... il Monaco ha la sua pagina facebook ufficiale... certo che, riflettendoci, ce ne ho messo di tempo! Sono ancora all'inizio con la pagina, ma sappiate che sopra ci posterò parecchia roba, anche alcuni inediti, tra sketch e studi dei personaggi, che qui non ho avuto modo di inserire. Devo solo trovare il tempo!
La pagina è proprio qui
In ogni caso, vi chiedo un grande favore: piacciatela a più non posso! Condividetela! Ho bisogno del vostro sostegno! Chissà che non m'invitino alla prossima fiera e sarò lieto di farvi un disegno! Grazie ancora! 

Un saluto! :)

mercoledì 30 settembre 2015

Il mio maestro

Più volte ho accennato, in passato, al fatto di aver trovato, a suo tempo, un maestro che, in via ufficiosa, mi ha seguito e ha creduto in me, correggendo i miei errori... in un certo senso, mostrandomi la via. Bene, dopo tanto tempo credo sia giunto il momento di parlarvi di lui. Comincerò col dirvi il suo nome: PINO RINALDI




Credo che tutti gli appassionati di fumetto conoscano Pino, che ha cominciato la sua carriera lavorativa con fugaci pubblicazioni su lanciostory, per poi arrivare a pubblicare in Bonelli (come lui stesso ha più volte ribadito, la Bonelli non è un punto di partenza, ma di arrivo). Chiusa la parentesi bonelliana, a causa di alcuni diverbi con l'editore (vi rimando alla sua versione, sul suo blog qui), ha lavorato per gli Stati Uniti d'America, per case editrici come la Marvel Comics.
Sappiate, però, che io e lui non ci siamo mai incontrati di persona... nemmeno una volta, manco per sbaglio... allora come è possibile che Pino sia stato mio maestro? E io ve lo spiego, partendo dall'inizio.
Sarà stato quattro o cinque anni fa, il periodo in cui cominciai a lavorare come assistente alla colorazione per il GGStudio, e un giorno incappai nella pagina DA di Pino. Da piccolo avevo letto parecchi fumetti realizzati da lui (compreso il suo Nathan Never), e lasciai qualche commento ai suoi lavori, e devo dire che Pino rispondeva sempre abbastanza velocemente e in maniera amichevole. Ciò che non sapevo era che anche Pino si mise a spulciare un paio dei miei lavori, e mi contattò dandomi un paio di dritte su alcuni errori, al che mi chiese cosa facessi, e io gli dissi che ero in contatto con la Bonelli, e che di tanto in tanto mandavo delle prove. Pino s'incuriosì, e voleva sapere dell'altro: mi chiese, qualora fossi d'accordo, di contattarlo in privato, per parlarne meglio. Così lo feci.

Piccola considerazione personale: pensare che oggi, quando molti professionisti ti rispondono, sembra pure che ti fanno un piacere... Pino invece m'invitò lui stesso a contattarlo.

Parlammo per un po' del più e del meno, quindi mi propose di farmi da "allenatore" per i mesi seguenti, al fine di mandare in Bonelli dei lavori accettabili. Inutile dire che io acconsentii di buon grado. Prima di metterci al lavoro mi fece promettere che mai, e poi mai, avrei dovuto lasciarmi sfuggire che mi facesse da coach, a causa dei vecchi attriti tra lui e la Bonelli; soprattutto mi disse una cosa: "In questo lavoro tieni a mente due cose: sii sempre umile, e rammenta che non esistono veri e propri dogmi per realizzare un fumetto". Era perfetto, con uno dei due punti mi ci trovavo proprio d'accordo: anche io pensavo che nel fumetto non esistessero dogmi da seguire...

Il mio addestramento cominciò, e siccome non ho mai nascosto il mio interesse per Brendon (forse non il miglior fumetto Bonelli, ma per me ha sempre avuto il suo perché), scelsi un paio di tavole dal primo volume, e decisi di partire da lì, disegnandole a modo mio. Poi mi spostai pure su Dylan Dog, mi pare. Ricordo di non aver mai macinato così tante pagine, come con Pino (che io chiamavo maestro). Nonostante lui mi dicesse di andarci piano, e di prendermi il mio tempo, io correvo invece come un treno, ero ansioso di migliorare, di tirare fuori qualcosa di buono dai miei lavori (ma in questi casi la fretta non è mai una buona consigliera).
Realizzavo tavole su tavole, gliele mandavo e lui le correggeva.

-"Pino, che ne pensi, ho rifatto daccapo la pagina"
-"Meglio di prima, ma ancora non ci siamo, ma non preoccuparti: migliorerai"
-"Pino, ho problemi su questa inquadratura, consigli?"
-"Ora ti aiuto io, ti faccio vedere"
-"Pino perché lì mi hai rimpicciolito la testa del personaggio?"
-"Rifletti: così miglioriamo la prospettiva che hai creato!"

Non ho mai visto nessuno così entusiasta per quello che facevo, lo stesso Pino alle volte mi chiedeva "Allora? Riesci ad accorgerti dei progressi che stai facendo con me?". Sì, e no, non mi fermavo troppo a riflettere, le cose mi sembravano andare troppo velocemente... poi ho scoperto che non era una sensazione: le cose, oggi giorno, vanno davvero troppo velocemente!
Ma io e Pino non parlavamo solo di fumetti e di tavole; quando avevo un dubbio, un'insicurezza, lo contattavo e mi confidavo, e lui m'incoraggiava a non mollare, ad andare avanti qualsiasi cosa potesse succedere: purtroppo ogni lavoro comporta dei sacrifici... sacrifici che ti fanno anche star male, ma sono necessari, se è quello che vuoi.
Pino mi ha seguito per un anno e forse qualcosina di più, poi le nostre strade si sono divise. Direi soprattutto per incomprensioni reciproche (e da quando non è così?). Posso dire di essere sempre stato un allievo disciplinato, e ho sempre accolto con piacere e diligentemente i suoi consigli e le sue correzioni, ma poi accadono alcune cose, in cui nemmeno i maestri dovrebbero metter piede. Comunque non ci sentimmo per un po', fino a quando non partecipai ad una iniziativa della Cagliostro, un compendium sui personaggi dell'Agenzia X, creati proprio da Pino. Fui io stesso a contattarlo e forse avrebbe avuto i suoi motivi per non farmi partecipare, invece decise di non tirarsi indietro nell'aiutare il suo (ex) allievo, facendomi lavorare e seguendomi fino alla fine delle tavole, di cui vi posto la prima.


In quel periodo non ero pienamente in forma e lavorare su personaggi che non erano nelle mie corde fu molto faticoso: non lavorai come volevo e come dovevo (beccandomi anche un paio di lavate di testa). Ciò nondimeno riuscii a finire in tempo le pagine, e fu molto contento anche lo sceneggiatore (Edoardo Rohl), che mi mandò una mail (immeritata, secondo me), di complimenti per il lavoro svolto. Sì, è passato del tempo, ma mi sembra che questo albo sia ancora in commercio se cercate, a me la Cagliostro mandò una copia a casa.
Poi niente, c'era un altro progetto, sempre indetto da Pino, che sicuramente sarebbe stato più nelle mie corde: una raccolta di storie horror, che mi avrebbero permesso anche di sfogare un po' di malumore, ma poi successe un mezzo casino con la casa editrice e Pino diede forfait, e la cosa non si fece più. Peccato. Col tempo proposi a Pino anche un'intervista, che lui acconsentì a fare, ma che poi non abbiamo mai realizzato. E ci siamo persi di vista (più che altro di mail), e io, quantomeno, non ho voluto più disturbarlo.
Se dovessi trovare dei difetti in Pino, direi che probabilmente il tempo e alcuni avvenimenti lo hanno reso un po' paranoico (ma da che pulpito... a me hanno reso depresso). La sua paranoia lo ha portato a vedere complotti nei suoi confronti anche dove magari non c'erano, ma ciò non toglie che Pino resterà secondo me uno dei capisaldi del fumetto, un grande disegnatore e una bravissima persona, disponibilissima (non necessariamente in quest'ordine).

Grazie, Pino.

... Oddio, riflettendoci, le ultime parti che ho scritto, sembrano quelle di un elogio funebre... guardate che è ancora VIVO E VEGETO!!!

venerdì 18 settembre 2015

Il Monaco 3 - preview

Come già vi accennai, finalmente posso procedere con qualcosa di nuovo. Vi mostro in anteprima, qualche immagine dalla prossima storia del nostro amichevole incappucciato di quartiere. Sarà un po' più violenta delle precedenti, ma si tratta anche di una cosa che avevo voglia e bisogno di raccontare (per chi ha memoria avevo già disegnato una storia del Monaco un po' violenta, quella della tortura, ma poi l'ho messa da parte).
Non mi piace darmi dei tempi, ma forse per inizio novembre riuscirete a vedere qualcosa di più sostanzioso. Per il momento accontentatevi. :)

Spiacenti, stavolta ho deciso che la versione integrale la vedrete solo a lavoro finito!






Per il momento è tutto! Alla prossima!

Ciaoz

martedì 15 settembre 2015

Film che consiglio 10

A quanto pare, il reboot del corvo non s'ha da fare. L'attore Jack Huston (che mostrava notevoli somiglianze con Brandon Lee), ha mollato la produzione, che ora naviga in alto mare. Sapete, per quanto credo non fosse necessario, il progetto m'incuriosiva, anche solo per il contratto che l'autore, James O'Barr, era riuscito a strappare alla casa cinematografica (scelta delle musiche e supervisione finale). Vabbeh, fa nulla.
In ogni caso, rieccoci qui ai nostri consigli filmici, in versione standard stavolta. Un paio di arretrati qui e qui e la versione speciale qui.

Collateral



Una notte come tante a Los Angeles; il tassista Max prende a bordo un ambiguo passeggero, che gli propone l'affare della sua vita: accompagnarlo per cinque fermate al fine di concludere alcuni contratti di lavoro, in cambio di una cospicua somma di denaro... peccato che l'uomo, Vincent, sia in realtà un abilissimo sicario, una macchina di morte fredda e calcolatrice, giunto in città per prendere la vita di 5 scomodi testimoni. Quando Max lo scoprirà, tra i due si instaurerà l'incerto rapporto che si viene sempre a creare tra vittima e carnefice. Questo non è solo uno degli ultimi grandi film di Michael Mann, ma anche probabilmente uno dei migliori nella carriera di Tom Cruise, che qui è più che in forma, in grado di regalarci un'interpretazione inquietante, coadiuvata anche da una caratterizzazione fisica azzeccata, che vede il sicario andare in giro con i capelli brizzolati (pare fosse addirittura un'idea dello stesso Cruise). Il film si muove su un binario molto onirico, e delinea una metropoli sì spettrale, ma anche pulsante e violenta. Da antologia la sequenza della discoteca, e va certamente ricordata anche quella dei coyote che attraversano la strada, davanti al taxi di Max, pregna di significato. Per me è un capolavoro che rimarrà per sempre nella storia del cinema e che va assolutamente recuperato.

Spetters



Tre amici della periferia di Rotterdam, con la passione per il motocross, s'invaghiscono della stessa ragazza, una proprietaria di un chiosco arrivata in città con il fratello. L'incontro avrà conseguenze devastanti sulla vita dei ragazzi, ponendo in taluni casi fine ai loro sogni, cambiando per sempre le loro esistenze (non vi dico in che modo). Il film di Paul Verhoeven affronta con dovizia di particolari numerosi problemi giovanili ancora attuali, quali la scoperta della sessualità, e problemi sociali ben più ampi, come il razzismo, mettendo in mostra una desolante società priva di qualsivoglia futuro. La visione nichilista del regista, rende il film decisamente più interessante di tante pellicole dell'epoca, che affrontavano i medesimi argomenti (come "La febbre del sabato sera"), e si distingue soprattutto per le esplicite scene di violenza e di sesso, in cui sono per lo più sempre ben visibili genitali sia maschili che femminili (nota è la brutale sequenza di stupro maschile); In ogni caso vi consiglio assolutamente di recuperarlo, perché indubbiamente merita almeno una visione (e forse più di una).

Comizi d'amore (di Pier Paolo Pasolini)



Comizi d'amore non è un vero e proprio film, quanto piuttosto un arguto documentario sulle opinioni degli italiani degli anni 60, relative al sesso, l'amore e gli usi e i costumi. Pasolini, con la sua voce melliflua (o puerile, come venne definita all'epoca), affronta senza peli sulla lingua persone di ogni genere e ceto, tra cui intellettuali, prostitute, bambini, uomini arroganti, altri aperti, alcuni prigionieri delle loro illusioni, e donne, in taluni casi, molto più emancipate delle loro controparti. Recuperatelo, perché si tratta di uno spaccato genuino della vecchia Italia, di un tempo che oggi non esiste più, ma che continua a mostrare numerose e attuali analogie con quello in cui viviamo.    

Il postino



Mario Ruoppolo è un ragazzo che abita su un'isola che ha offerto asilo al grande poeta Pablo Neruda. Destino vuole che Mario, intrapresa l'attività di portalettere personale del poeta, ne diventi anche il suo più caro amico. Sarà proprio grazie a questa amicizia che il giovane postino scoprirà il piacere della poesia e la passione per la politica. L'ultimo film di Massimo Troisi, già notoriamente provato durante le riprese, ci regala una storia toccante e intensa, premiata anche con l'Oscar alla migliore colonna sonora. Se non l'avete mai visto, recuperatelo, anche solo per ricordare un grande attore quale è stato Massimo.

Tigerland



Tigerland è una zona di addestramento militare, situata in Louisiana, atta a simulare l'ambiente vietnamita. Molti soldati, prima di essere spediti nel Vietnam, passavano per Tigerland, subendo un trattamento vergognoso, sottoposti ad una preparazione durissima in vista della guerra. Tra le reclute del campo, spicca Bozz, un ribelle che conosce il codice militare a menadito: grazie alle sue doti, riuscirà a far esonerare alcuni dei suoi compagni, senza tuttavia riuscire a salvare sé stesso. Tigerland non è propriamente un film sulla guerra, quanto piuttosto un film sulla preparazione alla guerra, che mostra i metodi brutali degli ufficiali, per creare automi da mandare al massacro. Joel Schumacher firma un prodotto eccellente, ben girato e che credo farà riflettere molti di voi.