Ora, da poco più di un mese, è arrivato sugli scaffali di tutto il mondo il quinto capitolo, denominato "The Phantom Pain", che riprende le gesta di Big Boss, riallacciandosi così con Snake Eater (il terzo) e Peace Walker (lo so: chi non conosce il gioco, non ci capirà niente, quindi vi rimando alla pagina di wikipedia per una panoramica sull'intera serie qui).
Avendolo portato a termine, mi sento di dire che il gioco è riuscito a metà: alla fine mi ha lasciato con un senso di perplessità e frustrazione, ma da un lato mi sono piaciuti molto alcuni intrecci narrativi che ho ritenuto ingegnosi e carichi di interessanti sofismi.
Siccome non sono sicuro che al momento tutti lo abbiano finito, e mi rendo conto che non potrò fare a meno di lanciarmi in alcune rivelazioni importanti (per chi lo sta ancora giocando), ho deciso di parlarne in due paragrafi differenti: nel primo parlerò delle meccaniche di gioco, nel secondo della storia in dettaglio (quindi, chi vuole evitare spoiler, si tenga alla larga da quest'ultimo). Bene, andiamo ad incominciare.
Il gioco
Tutto comincia in un tetro ospedale: Big Boss, la "leggenda", è finalmente cosciente, dopo ben nove anni di coma, causato dal devastante attacco avvenuto alla sua base da parte di Cipher... ma anche l'edificio in cui ora sembrerebbe essere al sicuro viene attaccato dalle forze dell'odiato nemico: a Boss, guidato da un misterioso uomo bendato, non resta che fuggire e riorganizzare i suoi schieramenti militari per poter contrattaccare.
Lo strepitoso prologo funge giusto da antipasto, prima di poter sfruttare appieno tutte le nuove meccaniche di gioco: Kojima si diverte con questo piccolo intermezzo dalle atmosfere horror (e si vede la sua voglia di poterne creare uno), utile per introdurre nuovi personaggi (alcuni non così nuovi), al fine poi di scaraventare il giocatore nel vasto mondo di gioco che compone il nuovo MG. Infatti, diversamente dai capitoli precedenti, viene presentata una struttura open world: quindi ci si può muovere liberamente nell'area scelta (tra Afghanistan ed Africa), anche attraverso mezzi di locomozione (una jeep, un cavallo, un camion... un robot bipede), prendendo decisioni di attacco in maniera abbastanza libera... ovviamente non aspettatevi un GTA, l'open word qui viene messo a disposizione delle tematiche dominanti di gioco, ovvero quello dello spionaggio, e di conseguenza limitate alle meccaniche che vengono presentate. In realtà già il terzo capitolo presentava una struttura che avremmo potuto definire aperta, dato che ci si poteva spostare liberamente nella tundra sovietica, ma in questo caso il tutto è portato all'estremo, risultando più funzionale.
Sebbene le missioni proposte non spicchino per originalità (si tratta sempre di andare dal punto A al punto B e recuperare quel soldato o quel mezzo), queste sono altamente rigiocabili, in quanto è possibile riaffrontarle sempre e comunque in maniera diversa, optando sia per un approccio diretto (armi in pugno), che per quello stealth, senza allertare le basi e gli avamposti disseminati per il paese, ma sorprendendo i nemici alle spalle e interrogandoli per ricevere informazioni preziose su materiali e specialisti. Quest'ultimo punto è vitale, perché il gioco vi permette di raccogliere (letteralmente, tramite dei palloni aerostatici denominati fulton) scorte e soldati da mandare alla vostra base (chiamata "Mother Base"), al fine di ampliarla (e ogni reparto ha un compito specifico, come quello di creare oggetti e armi); in effetti ho trovato questa parte gestionale molto riuscita e divertente. Inoltre la base è interamente esplorabile, talmente grande (ampliabile liberamente, scegliendo quale reparto favorire) da doversi spostare in jeep (o in elicottero, volendo), per raggiungerne le varie sezioni. Inoltre è piena di vita: tutti i soldati che raccogliete con il fulton, vengono davvero trasportati alla base, e li vedrete pattugliare le varie zone, parlando anche fra loro del più e del meno.
Tornando alle meccaniche di gioco in campo nemico, segnalo un'abissale differenza rispetto al passato: se nei capitoli precedenti l'infiltrazione nelle basi era esclusivamente in solitaria, adesso è possibile portare con sé una spalla, un aiutante che è possibile scegliere tra 4 candidati, ognuno con una particolare abilità (instaurando con loro un rapporto duraturo, se ne sbloccheranno altre).
La prima spalla che ci viene data è D- Horse
Grazie a D-Horse, possiamo spostarci velocemente da una zona all'altra senza dover necessariamente rubare un mezzo (jeep o camion). Inoltre è possibile nascondersi da un lato del cavallo (destra o sinistra a piacimento), quando si è nei pressi di un avamposto, così da non esporsi alla visuale del nemico.
La seconda è D-Dog
D-Dog è un cane lupo in grado di segnalare la presenza di nemici, di scorte e piante, inoltre è in grado di attaccare, se gli viene ordinato, i nemici; è possibile recuperarlo tramite il fulton, in Afghanistan, da cucciolo. Alla base verrà accudito da Ocelot e ci vorrà un po' perché cresca e sia idoneo per i campi di battaglia.
La mia preferita: Quiet
Quiet è un cecchino infallibile (oltre che sexy), che non spiccica una parola (da qui il suo nome in codice), ma mugugna una piacevole nenia quando è in posizione di tiro. Sebbene dapprima sia nostra nemica, s'innamorerà di Big Boss, per poi seguirlo anche in capo al mondo. Quiet ha la capacità di muoversi ad una velocità sorprendente, essendo una sorta di mutante, e di perlustrare per noi avamposti e basi, marcando tutti i nemici nell'area e, ovviamente, di coprirci, qualora le venisse dato l'ordine, grazie all'ausilio del suo fucile.
Ultimo (che io ho utilizzato pochissimo), il D-Walker
Questo robot bipede, su cui possiamo liberamente spostarci, è in grado sia di addormentare che di uccidere i soldati bersaglio, inoltre può muoversi anche silenziosamente per le infiltrazioni.
Ogni spalla è selezionabile all'inizio di ogni missione e interamente personalizzabile (per alcuni, come il cavallo, il cane e Quiet, è possibile anche il cambio di vestiario). Sta a voi decidere quale scegliere.
Tirando le somme sul gameplay, il tutto funziona benissimo ed è calibrato a regola d'arte. Sarebbe quasi impossibile annoiarsi giocando a questo capitolo, vista la vastità e la libertà d'azione che ci è consentita. Su questo, Kojima non delude mai... ovviamente, alcune scelte di storytelling, non strettamente legate all'impostazione ludica, ne hanno minato un po' l'esperienza, ma ne parlerò in dettaglio nel paragrafo successivo.
In ogni caso, il gameplay è supportato da un motore grafico impressionante: il Fox Engine. Il dettaglio visivo e i tocchi di classe si sprecano. I volti sono dettagliatissimi, non si può che rimanere a bocca aperta davanti al viso di Big Boss, ricco di cicatrici, e provvisto di una barba curata fino all'ultimo pelo. Ma il clou si raggiunge nella rifinitura dell'acqua; basta guardare l'oceano che circonda la Mother Base per rimanere stupefatti: sembra vero. Inoltre le pozzanghere che si formano dopo la pioggia, riflettono in maniera molto realistica la luce... semplicemente fantastico. Il motore grafico, paradossalmente, mostra problemi quando ci avviciniamo troppo agli oggetti: basta zoomare sulle calze di Quiet per scorgere un ammasso informe di pixel seghettati. o osservare attentamente le piante per farle diventare cubetti pixellosi. Avendolo giocato old gen, magari questi problemi riguardano solo la mia versione, può darsi che sulle nuove console questo non accada... qualcuno me lo faccia sapere.
Il gioco è, inoltre, accompagnato da una colonna sonora strepitosa (come ogni Metal Gear, del resto): le musiche sono eccezionali (se non l'avete fatto andate ad ascoltare il "Quiet's Theme"), e i rumori delle armi e dei mezzi sono riprodotti in maniera credibile, così come i versi della fauna locale (tra lupi, licaoni, muli, orsi, pecore e via dicendo). Il doppiaggio invece, rimasto in inglese anche da noi (ipocrita di un Kojima, ma ne parlerò sempre nel paragrafo successivo), presenta alti e bassi.
La voce di Big Boss appartiene all'attore Keifer Sutherland (i fan di "24" gioiranno), che devo ammettere risulta adatto al ruolo, con un timbro vocale sporco e vissuto. Inoltre il buon Sutherland ha prestato anche la sua mimica facciale, per rendere la recitazione del personaggio ancora più credibile.
Sono dello stesso avviso anche per la bellissima Stefanie Joosten, che non solo ha prestato a Quiet viso e corpo, ma nelle parti finali anche la sua voce dolce ed espressiva (ed è proprio lei che canta il "Quiet's Theme").
Bravi anche Troy Baker come Ocelot e Christopher Randolf su Emmerich, sufficiente Robin Atkin Downes su Miller... da rivedere assolutamente alcuni soldati.
Le voci che però ho trovato particolarmente stucchevoli erano quelle di Paz (Tara Strong) e del villain Skull Face (James Horan): la prima perché suona fin troppo finta e poco naturale (si sente lontano un miglio che è una quarantenne che fa la voce di una quindicenne), la seconda perché troppo limpida e fin troppo impostata per appartenere ad un uomo interamente ustionato, e ciò ne appiattisce l'interpretazione, rendendo il personaggio poco "vero".
La storia
Oh, ed eccoci qui. Chi non vuole spoiler non vada oltre.
Secondo Kojima, questo Metal Gear avrebbe dovuto mostrare la trasformazione di Big Boss, da leggenda a pericoloso terrorista, conducendolo poi alla creazione della nazione militare chiamata "Outer Heaven", di cui lui è signore e padrone... ovvio che non è vero... in primo luogo, perché il personaggio pilotato dal giocatore non è davvero Big Boss... si tratta del medico di bordo che qualcuno ha già visto in Ground Zeroes (il prologo di The Phantom Pain), e che si sovrappose tra Boss e l'esplosione.
Big Boss ha fatto sì che sul medico, incosciente, venisse applicata una ricostruzione facciale, in modo da avere il suo stesso viso; quindi lo ha ipnotizzato perché credesse di essere lui, così da utilizzarlo come specchietto per le allodole, in modo da fuggire e fondare in tutta tranquillità e sicurezza la sua città Stato... ma questo, si evince solo alla fine... di Outer Heaven non si parlerà mai durante il gioco! Lo scopo del giocatore è quello di vendicarsi di Skull Face, che nove anni prima (durante gli eventi di Ground Zeroes) distrusse la Mother Base. Tutti sono innamorati di una menzogna, Quiet compresa. Questo perché è più semplice manipolare la realtà e costruire una bugia talmente credibile da risultare autentica agli occhi del mondo, piuttosto che sostenere la verità, per quanto dolorosa sia.
Infatti, non capisco il motivo di farmi rifare l'intero livello (quello dell'ospedale) tutto daccapo, e solo per sbloccare la sequenza finale... avrebbe avuto più senso giocarlo, stavolta, dal punto di vista del vero Big Boss, ovvero Ishmael, l'uomo bendato che porta l'impostore fuori dall'ospedale. Queste scelte "registiche" hanno reso monotono il gameplay in alcuni punti, facendo ripetere interi livelli senza un buon motivo (perché dovrei rifarmi le stesse missioni ad un grado di difficoltà più elevato? Non ho più l'età per queste cose...)
Inoltre questo "Big Boss" è fin troppo "buono"... non farà mai nulla di davvero cattivo nel gioco, e quando lo fa è perché ci è costretto, non perché sia diventato spietato o malvagio. Non evolve mai, in realtà come personaggio è abbastanza piatto.
Al contrario, Quiet, personaggio che non parla mai, risulta quello più caratterizzato, mostrando un lato tenero estremamente credibile (bella la scena, ad esempio, quando lei "gioca" con Big Boss, schizzandogli l'acqua addosso), come è anche toccante e intensa la sequenza del suo addio, sulle note del Quiet's Theme, che risulta essere l'esternazione dei suoi sentimenti verso colui che lei crede essere Big Boss ("Tu mi hai lasciato vivere, mi hai reso libera, mi hai fatto entrare").
In effetti il gioco è pieno di bei momenti, davvero ben scritti, ma solo quando presi singolarmente, perché faticano a legarsi l'uno all'altro, nella complessità della storia. Sembra come se mancassero dei pezzi, come se la narrazione, in un certo senso, fosse monca (lo so, manca l'ultima missione, quella con Liquid, ho visto il filmato, ma anche gli intermezzi mi sembrano buttati lì a caso). So degli intrallazzi tra Kojima e la Konami, ma non credo che il designer si sia trovato costretto a tagliare metà gioco (che già di suo dura parecchio... ci ho messo un mese per finirlo). Semplicemente credo che egli stesso non abbia capito come fondere in maniera soddisfacente l'open world con lo storytelling che aveva progettato. Tutto qui.
Per quanto riguarda i sofismi di cui parlavo, il gioco gira attorno alle parole del filosofo rumeno Emil Cioran (che io non conoscevo... poi dicono che i giochi non servono a nulla...), ovvero che "Noi non abitiamo in una nazione, ma in una lingua. Quindi solo la nostra lingua madre è la nostra vera patria", una frase splendida, che io trovo anche abbastanza veritiera. Infatti Skull Face, il villain, ha intenzione di sprigionare un virus delle corde vocali, che si attiva solo quando viene parlata una determinata lingua, in questo caso l'inglese, che è diventata col tempo la lingua franca del mondo. Il suo obiettivo è fermare la lingua inglese, perché tutti siano liberi di parlare il proprio idioma, e di dover imparare un linguaggio non perché si sia costretti, ma perché si ha voglia di farlo. Devo dire che questo passaggio è grandioso, e nel gioco funziona anche abbastanza bene. Inoltre fa riflettere: io, paradossalmente, non posso che trovarmi d'accordo con Skull Face... solo che l'intero sofisma va in frantumi grazie alle scelte commerciali di quell'americanofilo di Kojima: se da un lato lui ci dice che è giusto preservare i propri usi e costumi (compresa la lingua), dall'altro è ben disposto a sacrificare per il denaro, contraddicendosi, la propria dignità, anche parlando una lingua che non è la sua. La scelta di non far doppiare Metal Gear in tutte le lingue (almeno le più importanti, l'italiano, il francese, il tedesco e lo spagnolo) è da parte sua una forte ipocrisia, soprattutto per i temi trattati in questo capitolo, in quanto si è costretti, senza scelta alcuna, a seguire la narrazione con i sottotitoli (guardate che in Giappone, comunque, lui il gioco se lo fa doppiare nella sua lingua... ipocrita), mostrando, secondo me, anche poco rispetto per gli idiomi altrui. Kubrick seguiva personalmente la traduzione e il doppiaggio dei suoi film in tutte le lingue (a volte sceglieva lui stesso i doppiatori), perché non puoi farlo tu, che Kubrick comunque non sei? Io lo troverei stimolante: scegliere voci adatte per i personaggi in altre lingue e seguirne, anche a distanza, la lavorazione. Dove starebbe il problema? Se noi vogliamo davvero internazionalizzarci dovremmo preservare tutte le lingue, non solo nei testi, ma soprattutto nel parlato. Altrimenti non avrebbe senso, la lingua morrebbe lo stesso. Io posso imparare l'inglese, assolutamente, non c'è problema, ma cosa costa ad un inglese imparare l'italiano? O lo spagnolo? O il tedesco?
Detto ciò non ho altro da aggiungere. Queste sono le mie impressioni, forse un po' lunghette; fatemi sapere cosa ne pensate, se ne avete voglia. Tirando le somme il gioco mi ha divertito parecchio, e mi ha dato da riflettere, sebbene qualche passaggio nella storia fosse da rivedere, secondo me. Un capolavoro? Nì, siamo lontani, ma sicuramente Metal Gear rappresenta (come ha sempre rappresentato) la nuova frontiera dei videogiochi e dell'intrattenimento in generale. Di più non saprei cosa dire. Grazie di essere arrivati fin qui. ;)
Ciaoz
Nessun commento:
Posta un commento